Il principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale e l'Unione europea: il caso della disciplina delle comunità energetiche

di Giammaria Gotti (Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa) e Matteo Greco (Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa)

Pubblicato il 16 agosto 2025

La sussidiarietà orizzontale si articola in due dimensioni distinte ma complementari, che corrispondono a diversi momenti dell’azione pubblica. Nella sua accezione decisionale, essa si esprime nella partecipazione dei cittadini alla formazione delle politiche pubbliche: un coinvolgimento che rafforza la legittimità delle scelte collettive e integra i meccanismi della rappresentanza con strumenti di democrazia partecipativa. La dimensione attuativa, invece, riguarda il ruolo attivo della società civile nell’attuazione delle decisioni, nella gestione dei servizi e nella cura concreta dell’interesse generale. In questo secondo caso, il rapporto tra cittadini e amministrazione assume la forma di una cooperazione strutturata, fondata su logiche paritarie e non competitive, secondo il modello dell’amministrazione condivisa. Alla partecipazione nel decidere si affianca, dunque, una partecipazione nel fare, che costituisce la cifra distintiva della sussidiarietà orizzontale nella sua forma più piena.

Mentre la dimensione decisionale della sussidiarietà orizzontale trova un certo grado di accoglimento nel diritto dell’Unione, la dimensione attuativa resta sostanzialmente esclusa. Il modello dell’amministrazione condivisa, in cui cittadini e amministrazioni cooperano nella realizzazione dell’interesse generale, è ancora estraneo all’architettura giuridica dell’Unione, che continua a regolare i rapporti tra pubblico e privato secondo schemi improntati alla concorrenza e alla reciprocità contrattuale. L’attività amministrativa rimane, dunque, saldamente ancorata a un paradigma sinallagmatico, che marginalizza ogni prospettiva collaborativa. In questo contesto, la sussidiarietà orizzontale tende ad assumere un significato riduttivo: non strumento di cooperazione effettiva tra istituzioni e cittadini, ma correttivo procedurale volto a compensare le carenze democratiche del sistema decisionale europeo, attraverso meccanismi di consultazione, ascolto e partecipazione civica. La sua funzione principale appare quella di rafforzare la legittimazione delle istituzioni europee, garantendo una maggiore vicinanza alla società civile, piuttosto che quella di promuovere forme strutturate di co-gestione dei beni e dei servizi di interesse generale.

Tuttavia, un’analisi condotta su scala settoriale consente di cogliere segnali di discontinuità rispetto a questo impianto generale. Il settore energetico, in particolare, offre un laboratorio privilegiato per osservare l’emergere, sul piano giuridico, di modelli che integrano una concezione attuativa della sussidiarietà orizzontale. La transizione verso un sistema energetico decentralizzato e climaticamente neutro richiede infatti il coinvolgimento diretto e strutturale dei cittadini non solo nella fase di elaborazione delle politiche, ma anche della loro implementazione.

 

In questa prospettiva, la disciplina delle comunità energetiche segna una tappa decisiva nel percorso di apertura dell’ordinamento europeo al paradigma dell’amministrazione condivisa. Le definizioni giuridiche di CER e CEC, contenute rispettivamente nella RED II e nella Direttiva IEM, includono espressamente tra i soggetti legittimati a parteciparvi le autorità locali: un elemento di rilievo, se si considera che la normativa non si limita a consentirne il coinvolgimento, ma ne sollecita attivamente la partecipazione, imponendo agli Stati membri di predisporre misure di supporto normativo e rafforzamento delle capacità istituzionali. In tal modo, le comunità energetiche si configurano a tutti gli effetti come strumenti di amministrazione condivisa, nei quali cittadini e amministrazioni cooperano stabilmente nella produzione e nella gestione dell’energia, generando ricadute ambientali, economiche e sociali sul territorio di riferimento. Si tratta, in definitiva, di dispositivi che formalizzano una prima, significativa espressione di sussidiarietà orizzontale attuativa, fondata su logiche di co-progettazione e corresponsabilità tra soggetti pubblici e privati.

 

Nel solco tracciato dall’evoluzione normativa europea, il decreto-legge n. 57/2023 ha modificato il Codice del Terzo Settore, includendo tra le attività di interesse generale quelle finalizzate alla produzione, all'accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo. Tale intervento ha sancito la piena compatibilità tra la qualifica di comunità energetica e quella di ente del Terzo Settore, aprendo la strada all’applicazione, nel settore energetico, degli strumenti di amministrazione condivisa previsti dal CTS. Le CER costituite in forma di ETS possono ora sia partecipare ai procedimenti collaborativi promossi dalle amministrazioni, sia costituirne l’esito progettuale, dando forma a partenariati pubblico-comunitari finalizzati allo sviluppo energetico sostenibile e alla promozione della coesione territoriale.

 

Un esempio emblematico in questa direzione è rappresentato dal Comune di Roma, che ha recentemente adottato un regolamento ad hoc volto a disciplinare i procedimenti di co-progettazione finalizzati alla realizzazione di CER solidali. Il regolamento definisce le modalità attraverso cui gli enti del Terzo Settore possono collaborare con l’amministrazione comunale per la creazione di comunità energetiche rinnovabili in forma di ETS, prevedendo la concessione d’uso di spazi pubblici e l’obbligo di destinare i benefici economici generati a finalità sociali.

 

Ebbene, se da un lato è vero che, nel contesto dell’Unione europea, la dimensione «attuativa» della sussidiarietà orizzontale fatica ancora a trovare un pieno riconoscimento, la disciplina delle comunità energetiche rappresenta un’eccezione degna di nota. Non sorprende che tale eccezione si sia manifestata proprio nel settore energetico, ambito in cui l’Unione già da tempo richiede il coinvolgimento attivo dei cittadini per la realizzazione degli obiettivi strategici connessi alla transizione energetica. Attraverso le comunità energetiche, infatti, l’ordinamento europeo sembra aver oltrepassato i confini della sussidiarietà «decisionale», per addentrarsi – sia pure in modo indiretto e forse non del tutto consapevole – nel territorio, ancora poco esplorato, della sussidiarietà attuativa. Un’evoluzione che trova la sua principale causa nella spinta trasformativa impressa dal Green Deal europeo.

 

L’impatto generativo dato dalle politiche relative alla transizione energetica sull’ordinamento italiano ne costituisce una testimonianza eloquente: l’«irritazione» – per usare un lessico luhmanniano – prodotta dal diritto europeo ha innescato un processo di ridefinizione dell’ambito materiale di applicazione del Codice del Terzo Settore. In questa prospettiva, il settore energetico emerge oggi come il principale laboratorio europeo di applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale «attuativa», con significativi effetti trasformativi sugli ordinamenti nazionali.