E' possibile (e desiderabile) una fiscal policy europea? L'Unione europea è cioè in grado di assicurare, con manovre economico-finanziarie di bilancio, politiche anti-cicliche o pro-cicliche, capaci di stabilizzare l'andamento del ciclo economico europeo nel contesto di quello globale? E promuovere efficacemente e stabilmente, grazie agli effetti della leva fiscale e della spesa pubblica, efficienza, equità, crescita e sviluppo del sistema economico? Insomma: è possibile ed auspicabile che prenda corpo, a livello sovranazionale, un vero e proprio sistema di finanza pubblica capace di svolgere le classiche funzioni di allocazione, di redistribuzione e di stabilizzazione e sviluppo?
Il tema è divenuto drammaticamente urgente a partire dalla crisi economica mondiale avviata dalla Grande Recessione del 2007-2009, al termine del primo decennio del XXI secolo, sino alla crisi scoppiata nel 2020, alla soglia della sua terza decade, a causa dalla pandemia da Covid-19. Questo tema, d'altronde, costituisce l'altra faccia della medaglia rispetto al processo (tuttora incompleto e imperfetto) di integrazione europea delle economie e dei mercati. All'ideale di un'unica economia sociale di mercato integrata, senza barriere politiche e giuridiche interne, serve e si affianca un altro ideale, quello di una politica economica e fiscale altrettanto integrata e unitaria, che sia capace di reazioni rapide ed univoche alle crisi endogene ed esogene al sistema capitalistico europeo. Altrimenti il ravvicinamento tra popoli ed economie, e la stessa idea di Unione europea, paiono destinati a disintegrarsi sotto i colpi delle dinamiche centrifughe interne (come la Brexit) e della competizione geopolitica mondiale.
Le risposte alle domande poste all'inizio non possono essere semplici.
L'assetto istituzionale dell'Unione europea non le ha consentito, almeno fino ai tempi più recenti, di disporre di un bilancio di dimensioni da tali da poter realizzare con stabilità e periodicità manovre finanziarie volte a produrre effetti macroeconomici su scala europea. Il finanziamento del bilancio unionale è dipeso finora, in modo determinante, dai contributi degli Stati membri mentre la spesa pubblica europea si attesta intorno a poco più dell'1% del reddito nazionale lordo di tutti i Paesi membri. Il modello istituzionalizzato nel TFUE è quello dello "stretto coordinamento delle politiche economiche nazionali", che gli Stati membri riconoscono "questione di interesse comune". Una politica fiscale e di bilancio specificamente europea, dunque, si realizza per certi versi in maniera "indiretta": consiste nel cercare di coordinare le omologhe politiche nazionali e di orientare le finanze pubbliche nazionali verso obiettivi e risultati condivisi.
D'altra parte, l'UE dispone di alcuni strumenti e attua determinate politiche che hanno una significativa incidenza sulle finanze pubbliche dei Paesi membri, in particolare di quelli dell'Eurozona, e in special modo nei periodi di crisi: dispone di fondi permanenti o programmi di spesa straordinari per la coesione europea, lo sviluppo di aree geografiche o di settori economici, e per il sostegno dell'occupazione; esercita la politica monetaria per il tramite della BCE, con indipendenza dagli organi politici tanto nazionali quanto europei; dal 2020, con il programma straordinario Next Generation EU, per la prima volta nella sua storia l'UE è ricorsa ad un indebitamento straordinario per finanziare la ripresa economica delle economie nazionali e porre le basi per una loro crescita duratura nel medio-lungo periodo. Organismi dell'UE sono inoltre coinvolti a vario titolo nelle istituzioni intergovernative create per offrire assistenza finanziaria agli Stati membri dell'Eurozona in difficoltà, come lo ESM (European Stability Mechanism). Finanziamenti agli Stati, politica monetaria e debito pubblico straordinario costituiscono dunque gli elementi fondamentali che caratterizzano - pur con differenti gradi ma con rinnovata intensità nel periodo di bilancio 2021/2027 - un interventismo finanziario nell'economia proprio e specifico dell'Unione.
Nella prospettiva dello studio del diritto, ciò che interessa maggiormente è comprendere quali sono gli strumenti di governo dell'economia che sono azionabili e vengono praticati nel contesto europeo, quali sono i principi e le regole che presiedono alle decisioni di finanza pubblica a livello sovranazionale e attraverso quali processi tali decisioni sono adottate ed eseguite. Nei due cicli di seminari organizzati nel Modulo Jean Monnet, si vogliono analizzare i valori giuridici, i modelli normativi, i dispositivi tecnici e le procedure attraverso cui le politiche europee puntano ad assicurare la "salute" delle finanze pubbliche, la stabilità dell'UEM e la funzionalità del bilancio dell'Unione. Una tale analisi è utile e necessaria non solo per valutare l'adeguatezza, l'efficienza e l'efficacia dei mezzi rispetto agli obiettivi, ma anche per capire appieno quali siano il loro potenziale di integrazione e, per converso, il rischio che una loro non ottimale "calibrazione" e gestione possano incrementare le tensioni tra gli Stati europei e allontanare il progetto di coesione dell'UE, come in parte già avvenuto negli anni '20 di questo secolo. Ciò è tanto più importante in questo momento storico, in cui alla necessità della ripresa dopo le gravi crisi economiche si lega la possibilità di rilancio del progetto europeista. Un rilancio che passa anche per la riforma del Patto di stabilità e crescita, la comunione del debito pubblico, la ricerca di nuovi strumenti di finanziamento del bilancio dell'UE, il condizionamento degli aiuti finanziari all'adozione del modello dello Stato di diritto e, last but not least, una maggiore democratizzazione e una maggiore e più consapevole partecipazione dei cittadini europei alla res publica fiscale.
I due cicli di seminari in cui si articola il Modulo Jean Monnet si concentrano sui due macro-temi indicati: il 1° sul coordinamento europeo delle finanze pubbliche nazionali e delle politiche fiscali nazionali, quindi essenzialmente sulle regole e le procedure del Patto di stabilità e crescita europeo; il 2°sugli strumenti specificamente unionali della governance economica: il bilancio UE e i modi del suo finanziamento, il nuovo debito comune e la moneta unica. D'altra parte, dato che la finanza pubblica si colloca per definizione all'intersezione di economia, diritto e politica, all'analisi secondo il metodo giuridico appare necessario un apporto complementare e integrativo delle scienze economiche e di quelle politiche e, quindi, un confronto multidisciplinare. Pertanto numerosi degli incontri calendarizzati in entrambi i cicli sono concepiti come lezioni tenute da docenti e/o esperti di discipline macroeconomiche o politologiche, invitati come ospiti, in dialogo con i docenti di scienze giuridiche che sono titolari dei due cicli (rispettivamente il Prof. Andrea Mondini e il Prof. Giangiacomo D'Angelo) o che partecipano al team docente del Modulo Jean Monnet per i settori di rispettiva competenza (Prof. Federico Casolari per diritto dell'Unione europea e Prof. Tommaso Giupponi per diritto costituzionale).