1. Introduzione
Negli ultimi anni, si è assistito a una serie di trasformazioni che hanno modificato il quadro della governance economica europea. Innanzitutto, si è registrato un progressivo allentamento del principio di condizionalità per l’erogazione di prestiti e sovvenzioni, con la possibilità di concessione di prestiti anche a fondo perduto. In secondo luogo, l’Unione europea ha avviato l’emissione di debito comune, rafforzando contestualmente il principio della propria autonomia finanziaria.
Questi cambiamenti segnano un potenziale passo verso una maggiore solidarietà tra gli Stati membri. In molti hanno sottolineato come si stia andando nella direzione di una solidarietà autenticamente europea, superando il limite strutturale che ha finora impedito all’Unione di disporre di una reale capacità impositiva autonoma. Tuttavia, il nodo centrale resta l’impatto di lungo periodo di questa evoluzione. È infatti necessario chiedersi se l’Unione stia davvero acquisendo una capacità fiscale autonoma oppure il modello di finanziamento attuale rimanga vincolato alla dipendenza dai contributi degli Stati membri.
2. Il sistema di bilancio dell’Unione
Il sistema di bilancio dell’Unione europea si articola su tre livelli. Il primo è rappresentato dal Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), che stabilisce i limiti di spesa per un periodo di sette anni e fornisce un quadro di riferimento per le politiche economiche europee. Comprende aree come coesione economica, innovazione, agricoltura, sicurezza e relazioni esterne. Viene negoziato tra la Commissione Europea, il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’UE. L’attuale QFP 2021-2027 ha una dotazione di circa 1.211 miliardi di euro, con un focus su digitalizzazione, transizione ecologica e resilienza economica. Il secondo è costituito dal bilancio annuale, che definisce nel dettaglio le risorse disponibili e le spese per l’anno successivo. Viene proposto dalla Commissione Europea, modificato e approvato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell'UE. L’esecuzione è gestita principalmente dalla Commissione Europea, in collaborazione con Stati membri e altre istituzioni.
Infine, vi è la decisione sulle risorse proprie, che stabilisce le fonti di finanziamento dell’Unione. A differenza di uno Stato federale, l’Unione europea dispone di una capacità fiscale molto limitata. Inoltre, bon è possibile individuare, in relazione alla finanza pubblica europea, le tre funzioni tipiche identificate da Richard Musgrave nei sistemi di finanza pubblica nazionale, ossia la funzione allocativa, la funzione redistributiva e la funzione di stabilizzazione.
In origine, il bilancio dell’Unione europea aveva una funzione prettamente amministrativa ed era finanziato esclusivamente dai contributi degli Stati membri. Tuttavia, con il passare del tempo, il sistema di finanziamento ha dovuto adattarsi alle esigenze dell’integrazione europea. La natura sovranazionale “sui generis” dell’UE ha richiesto un progressivo rafforzamento del principio di autonomia finanziaria, accompagnato da un aumento delle spese necessarie allo sviluppo delle politiche comunitarie.
Un passaggio particolarmente significativo in questa evoluzione si è verificato con l’introduzione dello strumento per la ripresa Next Generation EU (NGEU). Per la prima volta nella storia dell’UE, la Commissione è stata autorizzata in via eccezionale a contrarre prestiti sui mercati dei capitali per un ammontare massimo di 750 miliardi di euro (a prezzi 2018). Questa misura, sebbene temporanea e destinata a concludersi entro il 2026, ha rappresentato un’importante innovazione nel modello di finanziamento europeo, introducendo la possibilità di emettere debito comune come risposta a crisi straordinarie.
3. L’evoluzione del ruolo delle risorse proprie nel finanziamento dell’Unione europea
Il sistema delle risorse proprie riveste un ruolo fondamentale nel bilancio dell’Unione europea, poiché le entrate annuali devono coprire interamente le spese previste, dato che il disavanzo di bilancio non è consentito. L’attuale meccanismo di finanziamento dell’UE si basa su logiche intergovernative, come evidenziato dall’articolo 311, comma 3, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che attribuisce la competenza rispetto alla decisione sulle risorse proprie al Consiglio. Il Parlamento europeo svolge in questo contesto una funzione consultiva, sebbene la sua approvazione sia necessaria per l’adozione di misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie.
Negli ultimi anni, la Commissione europea ha riconosciuto l’inadeguatezza del sistema attuale e ha avanzato proposte di riforma. In particolare, tra il 2022 e il 2023 sono stati presentati due pacchetti di nuove risorse proprie, con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia finanziaria dell’Unione e ridurre la dipendenza dai contributi nazionali. Per comprendere tale evoluzione occorre ripercorrere brevemente la struttura del sistema delle risorse proprie.
Le risorse proprie possono essere classificate in quattro principali categorie. Le risorse proprie tradizionali comprendono i dazi doganali sulle importazioni da paesi terzi e gli ex prelievi sulle importazioni agricole extra-UE, ormai quasi in disuso. Gli Stati membri trattengono una quota del 25% per i costi di riscossione, mentre il restante 75% confluisce nel bilancio dell’Unione, rappresentando circa il 10-15% delle entrate totali.
Vi è poi la risorsa propria basata sull’IVA, che prevede che lo 0,3% del gettito IVA raccolto dagli Stati membri spetti all’Unione. Tale risorsa copre circa il 10% del bilancio europeo.
Il contributo più significativo proviene dalla risorsa basata sul Reddito Nazionale Lordo (RNL), che rappresenta il 60-70% delle entrate totali dell’UE. Questo contributo, calcolato applicando un’aliquota uniforme al RNL di ciascun paese, serve anche a coprire l’eventuale disavanzo tra entrate e spese nel bilancio comunitario.
Dal 1° gennaio 2021, poi, è stata introdotta una nuova risorsa basata sui rifiuti di plastica non riciclati. Gli Stati membri versano un contributo di 0,80 euro per ogni chilogrammo di rifiuti di imballaggi plastici non riciclati. Pur rappresentando solo il 3-4% del bilancio dell’UE, questa risorsa evidenzia le priorità ambientali dell’Unione e si inserisce nel contesto di strategie più ampie, come il Green Deal europeo.
A queste entrate si aggiungono altre fonti di finanziamento, tra cui le imposte sul personale dell’UE, i contributi di paesi terzi ai programmi comunitari, le ammende imposte alle imprese che violano le norme europee e le eccedenze di bilancio riportate all’anno successivo. Queste voci rappresentano complessivamente tra il 2%-8% delle entrate totali dell’Unione.
Il tema della riforma delle risorse proprie è emerso con forza nel 2017 con il rapporto del “Gruppo Monti”, che ha evidenziato la necessità di un cambiamento strutturale nel sistema di entrate e spese europee. Le ragioni alla base erano molteplici. Innanzitutto, il sistema era considerato inadeguato per garantire una reale autonomia finanziaria all’Unione. Inoltre, la forte dipendenza dai contributi nazionali rischiava (e rischia) di compromettere la stabilità delle finanze europee. Più recentemente si è aggiunta la necessità di introdurre un sistema che dovrebbe rispondere non solo a principi di trasparenza, semplicità, stabilità, coerenza con gli obiettivi dell’Unione, ma anche avere un impatto sulla competitività e crescita sostenibile, oltre a garantire una distribuzione equa degli oneri tra gli Stati membri.
Infine, la predisposizione nel luglio 2020 di NGEU per un valore complessivo di 750 miliardi di euro ha segnato un cambiamento significativo nella politica economica europea. A questa scelta ha fatto seguito la decisione sulle risorse proprie del dicembre 2020 che ha previsto un aumento straordinario e temporaneo dei massimali delle risorse proprie dello 0,6% e un incremento permanente dal 1,2% all’1,4% del RNL totale dell’UE per adeguarsi al nuovo contesto economico. È stato inoltre introdotto il contributo relativo alla plastica non riciclata come prima misura di ampliamento delle risorse proprie.
Il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 23 luglio 2020, ha sottolineato che solo l’introduzione di nuove entrate può garantire il rimborso del debito contratto con NGEU, evitando di gravare ulteriormente sulle finanze nazionali. L’obiettivo è che le nuove risorse proprie siano sufficienti a coprire i rimborsi, mentre eventuali eccedenze potrebbero essere destinate al finanziamento del bilancio ordinario dell’Unione.
Tra le nuove risorse proprie in fase di valutazione rientra il Meccanismo di Adeguamento del Carbonio alle Frontiere (CBAM), operativo dal 1° ottobre 2023 in una fase transitoria. Il CBAM impone un prezzo sul carbonio per le importazioni di prodotti ad alta intensità di CO₂, con l’obiettivo di evitare la delocalizzazione della produzione in paesi con regolamenti ambientali meno rigidi. Dal 2026, gli importatori dovranno acquistare certificati CBAM per compensare le emissioni incorporate nei beni importati.
Un’altra proposta è la Digital Levy, un tributo sulle grandi aziende digitali operanti nell’Unione. Sebbene fosse stata inizialmente avanzata dalla Commissione, il progetto è stato sospeso nel 2021 per non interferire con i negoziati dell’OCSE sul Two-Pillar.
Infine, la revisione del sistema ETS prevede l’estensione del mercato delle quote di emissione per generare entrate dirette per l’Unione. La riforma, approvata nel 2023, introduce un nuovo ETS per il trasporto stradale e il riscaldamento a partire dal 2027, eliminando progressivamente le quote gratuite. Nel dicembre 2021, la Commissione ha proposto di destinare al bilancio europeo il 25% delle entrate ETS, il 75% delle entrate CBAM e una parte del gettito derivante dal Pillar 1 dell’OCSE. Nel giugno 2023, è stato presentato un secondo pacchetto di riforme, che include un contributo nazionale calcolato sugli utili delle imprese e un aumento della quota di entrate ETS.
4. Conseguenze e questioni aperte
Il programma NGEU è stato adottato in concomitanza con altre misure europee, tra cui il Green Deal europeo. Gli obiettivi principali del Green Deal includono il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e una significativa riduzione delle emissioni di gas serra. La pandemia di Covid-19 ha influenzato l’attuazione di questa strategia, poiché con NGEU si sono stanziate risorse per sostenere la transizione ecologica. L’idea che anima queste iniziative, come la scelta del nome “Next Generation EU” suggerisce, è quella di tutelare le generazioni future.
• Next Generation EU tutela davvero le future generazioni?
A differenza della crisi economica del 2010-2011, che portò alla creazione di un meccanismo intergovernativo (MES), la crisi pandemica ha visto un intervento più diretto delle istituzioni europee. Il rimborso dei prestiti NGEU è previsto tra il 2028 e il 2058, aprendo alla possibilità di una maggiore integrazione europea nel lungo termine, ma anche rendendo difficile prevedere gli equilibri economici futuri.
In particolare, ci si potrebbe chiedere, se le risorse proprie dell'UE non dovessero bastare, si ricorrerebbe alla fiscalità generale o a un ulteriore indebitamento nazionale? Inoltre, queste misure porteranno benefici concreti alle future generazioni o rischiano di aggravare il loro carico fiscale? Se le risorse proprie dell’UE non fossero sufficienti, il rimborso del NGEU potrebbe avvenire attraverso un incremento della tassazione a livello nazionale o europeo, penalizzando i futuri contribuenti. Dunque, i benefici immediati del NGEU sono destinati agli attuali governi e lavoratori, mentre i costi potrebbero gravare maggiormente sulle generazioni future, tra il 2028 e il 2058. Infine, se i governi scegliessero di ridurre il debito con tagli alla spesa pubblica invece di aumentare le tasse, potrebbero limitare investimenti essenziali in settori chiave come istruzione, sanità e infrastrutture, con un impatto negativo sulla crescita a lungo termine e quindi un impatto significativo sulle prossime generazioni.
• Il coordinamento tra NGEU e altri obiettivi europei
Una parte significativa dei fondi del NGEU è destinata alla lotta contro il cambiamento climatico, con il 30% del QFP e del NGEU indirizzato a tale scopo. Tra le misure adottate contro il cambiamento climatico figurano anche quelle già menzionate, come il contributo basato sulla plastica, CBAM ed ETS. A questo proposito, ci si potrebbe chiedere se le nuove risorse proprie rafforzino esclusivamente il bilancio europeo oppure se abbiano anche una finalità redistributiva. Inoltre, quali potrebbero essere gli effetti negativi di queste scelte. Tra i rischi relativi a queste scelte di risorse proprie rientrano ad esempio quelli relativi a squilibri distributivi e regressività. L’ETS e il CBAM possono aumentare i costi dell’energia e dei beni di consumo, incidendo maggiormente sulle fasce di reddito più basse. Inoltre, rischiano di creare disparità tra gli Stati membri dal momento che Paesi con economie più dipendenti da industrie ad alta intensità di carbonio, come Polonia e Bulgaria, potrebbero subire un impatto economico più forte. Infine, le risorse raccolte attraverso queste imposte finiscono nel bilancio europeo, ma i beneficiari del NGEU non sempre vanno ad avvantaggiare coloro che pagano di più queste tasse.
• La legittimazione democratica delle misure UE
Un altro tema critico riguarda il rafforzamento dell’influenza della Commissione Europea sulle politiche economiche nazionali. Sebbene NGEU possa costituire un’occasione per stimolare alcune riforme strutturali, emerge la questione della legittimità democratica delle decisioni fiscali assunte a livello europeo. La Commissione di fatto assume delle decisioni con conseguenze di grande impatto anche sui sistemi fiscali nazionali. L’architettura giuridica attuale del NGEU, dunque, rende necessaria una riflessione sulle nuove basi giuridiche per tributi europei. Se si procedesse verso una maggiore integrazione fiscale, potrebbe essere necessario riconsiderare l’introduzione di tributi europei che vadano oltre le sole imposte indirette, che peraltro spesso hanno meno effetti redistributivi di altri tributi.
• La dimensione sociale e redistributiva della finanza europea
Storicamente, le scelte di finanza pubblica dell’Unione non hanno mai avuto una funzione redistributiva paragonabile quelle degli Stati nazionali. Tuttavia, la pandemia ha aumentato l’attenzione sui diritti sociali e sulla necessità di una maggiore equità economica. Già nel 2019 la Commissione von der Leyen aveva incluso la giustizia sociale tra le priorità della Commissione Europea nel quadro dell’Agenda 2019-2024, con l’obiettivo di creare “Un’economia che lavora per le persone”. Nel 2021 il Parlamento Europeo, il Consiglio Europeo e la Commissione hanno firmato la Dichiarazione per la Conferenza sul Futuro dell’Europa, con particolare attenzione all’equità sociale e alla solidarietà intergenerazionale. Si è poi scelto di dar vita alla conferenza sul futuro dell’Europa. Quest’iniziativa, volta a favorire il dialogo tra Stati membri, istituzioni UE, cittadini e parti sociali, pur non modificando i Trattati, ha contribuito a individuare strategie per il futuro dell’Unione.
Al contempo, dati recenti mostrano un aumento delle disuguaglianze: in Italia, la povertà assoluta è cresciuta da 4,6 a 5,6 milioni di persone, mentre l’indice di disuguaglianza di Gini è passato dal 34,8% al 41,1% nel secondo trimestre del 2020.
Le recenti scelte e tendenze fiscali dell’UE mostrano un passaggio dalla tassazione sul reddito alla tassazione sui consumi (es. Plastic Tax e Carbon Tax), che colpiscono proporzionalmente di più i redditi bassi. Ciò solleva preoccupazioni riguardo alla necessità di coordinare le scelte fiscali e di investimento dell’UE con l’equità sociale e assicurare un ampliamento effettivo e non temporaneo delle misure a garanzia della dimensione sociale dell’Unione.
5. Conclusioni
NGEU è stato interpretato da molti come una possibile svolta storica per l’Unione europea, paragonabile alla mutualizzazione del debito avvenuta negli Stati Uniti sotto la guida di Alexander Hamilton. Per la prima volta, l’UE ha modificato il suo approccio tradizionale alla finanza pubblica, basato sull’equilibrio tra contributi degli Stati membri e distribuzione delle risorse. Con NGEU, l’allocazione dei fondi si è basata sulle esigenze dei cittadini europei, mediata dai piani nazionali di ripresa e resilienza. Tuttavia, affinché questa transizione si consolidi e diventi un vero “momento Hamiltoniano”, sono necessari alcuni passi cruciali: una maggiore integrazione economica, un aumento della democraticità nelle scelte di politica economica e anche una riforma dei meccanismi decisionali che non riguardo solo le spese ma anche le entrate dell’Unione.
Infatti, non è sufficiente concentrarsi esclusivamente sull’integrazione economica, ma è fondamentale un modello di finanziamento dei costi futuri di queste iniziative che sia equo e sostenibile per i contribuenti europei. A questo proposito, ad esempio, potrebbe essere interessante sviluppare una contabilità intergenerazionale, affinché l’Unione adotti un sistema che consideri gli effetti di lungo periodo della redistribuzione economica, ponendo l’equità tra generazioni come principio guida delle future politiche economiche.