Davide Rondoni

Davide Rondoni, Forlì 1964, ha pubblicato alcuni volumi di poesia, tra i quali Apocalisse amore, Mondadori 2008, Avrebbe amato chiunque, Guanda 2003, Compianto, vita, Marietti 2001 e Il bar del tempo, Guanda 1999, Rimbambimenti, Raffaelli 2010, Si tira avanti solo con lo schianto, Whyfly 2013, con i quali ha vinto alcuni dei maggiori premi di poesia. E' tradotto in vari paesi  in volume e rivista. Collabora a programmi di poesia in tv (Rai e tv2000) e ad alcuni quotidiani come editorialista. Ha fondato e dirige Il centro di poesia contemporanea dell'Università di Bologna e la rivista clanDestino. Suoi recenti volumi di saggi sono Nell’arte vivendo, prose e versi su arte e artisti, Marietti 2012, Contro la letteratura, Saggiatore 2011, sull'insegnamento a scuola, Il fuoco della poesia, Rizzoli 2008, Non una vita soltanto, Marietti 2001. Dirige le collane di poesia per Marietti e di ebook poesia per Subway edizioni. E' autore di teatro e di traduzioni da Baudelaire, Rimbaud, Péguy e altri. Ha partecipato a festival internazionali di poesia in molti paesi. In prosa ha pubblicato Gesù, un racconto sempre nuovo, Piemme 2013, Hermann, Rizzoli 2010, I santi scemi, Guaraldi 2003, Tiene corsi di poesia presso alcune Università.

(ma tu mi sorprendi)


...
tu solo ormai ci riesci
e senza artificio
o clowneria
perché
mentre è venuto il tempo
il tempo delle cose cieche,
mi guardi
come se ti ricordassi di me.

Io non voglio diventare vecchio


Io non voglio diventare vecchio
perché lo sono già stato mille volte
e so già il buio e quella vile tempesta.
 
             Ora che piango come vidi
pianger mio padre,
la stessa ruga e la testa
abbattuta, piena di sgomento,
imparo che la giovinezza non corre
nelle sorprese del sangue
ma nello sguardo che un vento
strappa da terra
 
per vedere in questo duro paese
l’infinita somiglianza tra Dio
e il viso di lei tutte le sere, i rami
nudi contro il cielo, il vino
fermo nel bicchiere...



 (da Il bar del tempo)

Il poeta di quest’era postpasoliniana


Sta sempre più in silenzio.
                                         Anche dentro le parole,
dietro la fila dei bicchieri
nel film della cena
appena terminata tra i mezzi
inchini e i saluti più veloci
che sinceri.
 
                   (Non è che manca il fiato,
                                                           ma la poesia
è un colpo secco, dice in una specie
di ebrietudine o forse
di mostruosa lucidità, è un angelico
virus che sta in agguato,
un guerriero accucciato
che ride e stringe le zampe alle sue prede.)
 
Gli fugge negli occhi, si vede,
un trasalimento, un sorriso
che viene dalla cenere del sangue.
 
Eccolo, il poeta di quest’era postpasoliniana,
errore di sistema, macerie
d’azzurro nella voce
e una sete accesa
che nessun video cattura,
mentre van via tutti in aria o in rete,
                                                         felice lui
                                                                       di restare
 
con la sua luce dura
fino agli ultimi brindisi
(i più patetici, i più gridati)
tra i compagni che non se ne sono andati.



(da Il bar del tempo)

(è sempre notte, sempre giorno)


È sempre notte, sempre giorno
i cancelli del mondo, il tuo volto

si aprono, non aprono
sempre notte
sempre giorno,

la vita intera come uno
che ha intravisto
e sta per ricordarsi di qualcosa

cuore divorante della rosa



(da Apocalisse, amore)

(l'amore all’inizio e alla fine)


L’non è
un sentimento

ma nel tuo arrivo una furia 
immobile, occhio dei cicloni, il sogno
dello sguardo fossile 
spaccato sotto l’ambra 
disporsi delle stelle
in aria e sul tuo viso - 

un giudizio universale ad ogni passo.

I sentimenti cambiano, non la lotta
tra la vita che cerca la vita
e la vita che cerca la morte.

Amore, tienimi forte, lo senti ?

muto urla nelle strade d’Italia
e di quel che l’Italia sta diventando
tra i lampi del sangue e maleducati
camerieri
qualcosa che non sa il tuo nome, e 

come un assassino, né occhi né ieri
sfiora e avvelena tutti i nomi del giorno. 

Ma tu amore all’inizio e alla fine
richiama il vento, inventa le vie del ritorno
non lasciare deserte di te queste piazze

le mani sulle culle, le auto
in colonna contro il  sole
e le poesie e le donne, queste pazze



(da Apocalisse, amore)

Visione dei miei figli


Gonfio al buio palloncini
                                               per i miei figli
è notte in casa
 
                          perdo fiato, crescono
i loro giochi aerei,
                                   i fili su cui fanno
acrobazie, gli anni
le loro tibie d’acqua
i capelli di luce
 
                           fuggono le risa
o si sospendono, decorazioni di carta
alle pareti, e
i colori bende sciolte ai polsi, perdo
aria, si chiude il petto
torno uccello
 
la notte è una bocca aperta
sugli stadi vuoti
                            una ragazza
immobile tra le ragazze che ballano - -
 
Lascio andare i palloncini, lascio andare
i miei figli nel buio dove li toccano ali
di cose mostruose - -
 
Li chiamo come antichi santi: Bartolomeo
Carlotta, Battista, Clemente…
raccogliete nei vostri anni
i miei che si stanno perdendo, il respiro
Dio solo può darlo.
 
Siate vivi
                 e restate nei miei occhi
che in un sorriso si spengono
davanti alle stanze 
che a mille lune si aprono.



(da Avrebbe amato chiunque)

Spanish harlem


Riparaci da questo frastuono
per il resto della notte riparami
 
mi diceva stringendo le mani
non lasciarmi andare via
 
                                               anche lei
ha l’apocalisse negli occhi belli
tutto quello che ho amato
e una croce nella gola –
 
poi al mio sguardo s’invola
 
bruciano sull’asfalto bagnato di pioggia
le lame della notte,
i cavalli di luce che fuggono
le danno un manto di fiamme, regina
e così magra, sola



(da Avrebbe amato chiunque)

(Forlì, Forlì stazione di Forlì!)


Forlì, Forlì stazione di Forlì! veniva anche di notte
la voce dai vecchi megafoni 
sospesi sui binari a pochi metri 
di là dal piazzale dove iniziava 
con la mia casa e il bar 
il viale, si infilava nei sogni bambineschi
rari –
 
i sogni li ho mai ricordati, ma quella voce stanca 
sì, non del tutto rassegnata, “Forli’,
Forlì stazione di Forlì” a ogni ora 
nei pomeriggi dilatati
o nelle sere viola

chi sa se qualcuno davvero li ha ascoltati
o eran dati per abitudine sola,
avvisi perduti
suono un po’ matto tra la pianura
e i paradisi…

Mi entrò dentro come un destino
o una maledizione, per questa vita 
di pianti e sorrisi
tra stazione e stazione, suoni,
rimbambimenti, voci strane
che avvisano i viandanti… 


(da Rimbambimenti)

Tango del sorriso


Foglia, o dolce luminosa
spada, 
bosco, o di luce prodigiosa
rada

chiaro riso dell’onda da chissà dove
risale -

quando sorridi amore nella danza che ci unisce
e separa
nel giro così corpo a corpo che l’anima
prepara

non vedo più la morte sbattere tutte le sue mille
porte, non vedo nei giorni
il cielo allontanarsi con le mongolfiere

ma vedo tutti i possibili ritorni, quando ridi
luce che in un giro di tango t’incidi

e la resurrezione che inizia 
tra il mio respiro
e il tuo.

(il rischio è cominciare da vivi)


Il rischio è cominciare da vivi
il viaggio dei morti.
Ma si era detto: andiamo, e
si poteva andare, se vuol dire
qualcosa, solo da quella parte.

La morte circonda la vita
ma è come una giostra rotta.

Non si tratta di avere molto coraggio
né di essere saggi. Ma cercare la tortora
di fuoco, il doppio sguardo

mirare a una felicità micidiale.

E non temere
il crepacuore.



(da Si tira avanti solo con lo schianto)