Ruoppo, "L’attimo della decisione: Su possibilità e limiti di un’etica in Essere e tempo"

Recensione di Gaia Bertotti

Il libro di Anna Pia Ruoppo presenta una genealogia di alcuni concetti dell’analitica esistenziale contenuta in Essere e tempo di Martin Heidegger. L’obiettivo di questo lavoro risiede, come suggerisce il sottotitolo, nel trovare una risposta alla possibilità che dall’opera maggiore heideggeriana emerga un’etica. Il problema etico, già sollevato dagli interpreti di Heidegger fin dall’uscita di Essere e tempo, accompagna costantemente gli studi di Ruoppo. Anna Pia Ruoppo indaga la genesi del pensiero del filosofo tedesco poiché “quanto più Heidegger, nei punti nodali del suo ragionamento, invita a non interpretare la sua analisi dell’esistenza in senso etico tanto più sembra confermare in essa la presenza di una dimensione valutativa, per quanto programmaticamente non intenzionale” (p. 223). Consapevole quindi dell’esplicita negazione di un aspetto etico da parte di Heidegger stesso, l’autrice riporta alla luce comunque la “domanda circa il rapporto tra l’ontologia dell’esistenza e la dimensione pratica” (p. 10).
Indubitabile è l’influenza della filosofia aristotelica, del primo cristianesimo – in particolare di Paolo e Agostino – e della teologia di Lutero. Ruoppo non solo descrive una connessione tra la phrónesis di Aristotele e il tema luterano della decisione di fede, ma individua nelle categorie dell’analitica esistenziale di Heidegger la rielaborazione della concezione greco-cristiana della motilità della vita. È quindi dalle origini del pensiero dell’allievo di Husserl che questo libro comincia a indagare.
Il volume si compone di una breve Presentazione e di un’Introduzione volte a mostrare lo spirito del lavoro e l’esigenza di approfondire la questione etica. A seguire vi sono quattro capitoli scanditi nelle due parti del libro. A livello metodologico vengono presentati fin da subito i riferimenti alle opere di Lutero, Paolo, Agostino e Aristotele.
Nella prima parte, In cammino verso l’analitica esistenziale, il capitolo iniziale, dal titolo La vita come inquieto essere in cammino fra perdizione e possibilità di salvezza, presenta Heidegger nel ruolo di lettore di Lutero, così come già osservava Gadamer. Nell’Introduzione dell’ultimo dei corsi di Friburgo dell’estate 1923, Heidegger dichiara infatti: “Nella ricerca mi ha accompagnato il giovane Lutero, Aristotele, che lui odiava, mi ha fatto da modello. Kierkegaard mi ha fornito gli stimoli. Gli occhi me li ha aperti Husserl” (HGA 63, p. 13). Heidegger studia, in particolare, la funzione teologica luterana della concezione del peccato. Lutero connette il peccato al rapporto tra Dio e l’essere umano poiché “dal modo di considerare il peccato e la caduta dipende anche la rappresentazione della redenzione” (p. 39). L’analisi luterana del peccato si discosta così da quella del donum superadditum della Scolastica.
Attraverso proprio Lutero, Heidegger giunge alle lettere di Paolo, la cui influenza emerge nel medesimo capitolo. In Fenomenologia della via religiosa Heidegger tematizza la temporalità dell’esperienza fattuale basandosi sul presupposto che “la religiosità cristiana vive la temporalità in quanto tale” (HGA 60, p. 118). Leggendo la Lettera ai Galati, che racchiude il racconto storico della conversione di Paolo, Heidegger riscopre l’esperienza di vita autentica dei cristiani dell’origine. “L’esperienza cristiana della temporalità ha inizio con l’annuncio del Messia” (p. 56) e determina il senso della vita. I cosiddetti “figli della luce”, ossia coloro che vivono in modo heideggerianamente autentico, sono in cammino verso la comprensione della parousía. Distaccandosi però dalla grecizzazione del termine, Paolo invita i Tessalonicesi all’attesa della parousía. Se per la tradizione greca tale parola significa arrivo e se nel Vecchio Testamento indica la venuta del Signore nel giorno del Giudizio Universale, per i primi cristiani, invece, la parousía è la seconda venuta di Cristo già apparso. La comunità dei Tessalonicesi vive in due modi l’attesa del Messia: alcuni in maniera angosciante e genuina, altri in maniera tranquilla e inautentica. Heidegger riprende queste due modalità di vita per elaborare successivamente il concetto di temporalità e la demarcazione tra l’esistenza autentica e quella inautentica.
Il filosofo tedesco si sofferma anche sul X libro delle Confessioni di Agostino per approfondire la ricerca esistenziale di Dio da parte dello stesso vescovo di Ippona. La peculiarità del testo di Agostino risiede nella narrazione personale dell’esperienza presente, lontana quindi da ogni riferimento al suo passato. Poche sono le certezze che il Padre della Chiesa acquisisce lungo il suo percorso di vita, tra queste vi è la certezza di “essere problema a se stesso, di essere terreno di sconforto e confronto di tentazioni diverse. Ma, al tempo stesso, sa anche di amare Dio e in tale amore consiste la bussola che gli permette di orientarsi nella sua inquietudine” (pp. 58-59). La chiave per trovare Dio è la disposizione di apertura autentica da parte di chi è in cammino. L’orizzonte divino si apre a chi conduce, nonostante la tentatio, una vita beata. È proprio l’inquieto cammino esistenziale verso il divino, interno agli scritti agostiniani, a essere al centro dell’interesse di Heidegger. La tentatio è formativa, poiché lascia esperire la possibilità dell’angoscia, ossia la tonalità emotiva che sottende l’autenticità. Heidegger evidenzia infatti “la stretta connessione fra la ricerca esistenziale di Dio e la struttura costitutiva dell’esistenza umana” (p. 63), passando poi a ricostruire i tratti fondamentali dell’esistenza e a parlare degli esistenziali. Così come Agostino individua la tendenza al peccato e al decadimento lungo il cammino, allo stesso modo Heidegger precisa la presenza della dimensione inautentica nella dinamica esistenziale. Si stabilisce dunque il legame tra le forme di dispersione agostiniane e le strutture deiettive heideggeriane; esempio ne è la concezione della concupiscenza oculum e il fenomeno inautentico della curiosità. Consapevole del pericolo dell’assiologizzazione, Heidegger invita a non scindere deiezione e cura autentica al fine di formare una gerarchia di valori, poiché nella dispersione si offre la possibilità autentica.
Il secondo capitolo, Ontologia della vita contro ontologia della téchne: Lutero e Aristotele in dialogo, tratta il confronto tra Lutero e Aristotele, approfondito da Heidegger nel semestre invernale del 1921/22. Dalla prima lezione dedicata ad Aristotele nasce in seguito Essere e tempo. Il filosofo tedesco critica l’ontologia aristotelica in quanto essa privilegia il tempo presente e la téchne. Egli ricostruisce le categorie della motilità della vita a partire dal tempo in Aristotele: secondo lo Stagirita il tempo è la misura del movimento. Tra queste categorie emergono rilevanti l’inclinazione, la distanza e la chiusura. Nel commento alla Lettera ai Romani, Lutero riprende proprio i termini aristotelici. Il giovane Heidegger legge le critiche luterane per concentrarsi poi sull’Etica Nicomachea, in particolare sulla virtù come giusto mezzo e sull’agathón come “determinazione dell’essere umano (p. 100).
In Le radici teologiche dell’analitica esistenziale, la seconda parte del libro, Ruoppo pone l’attenzione su Essere e tempo, opera risultante dalle influenze filosofiche sopra ricordate. Nel capitolo La definizione formale di esistenza, l’accento cade sul senso stretto dei termini autenticità e inautenticità, dove il secondo non è di grado inferiore al primo. Heidegger afferma che l’Esserci è caratterizzato da “una misura di coerenza o di incoerenza con il proprio se stesso” (p. 139). In altre parole, l’Esserci ha la possibilità di appropriarsi di Se-stesso (esistenza autentica) quando non si perde nella quotidianità media del Si-stesso e nella deiezione (esistenza inautentica). In un secondo momento in Heidegger “si avverte un cambiamento di direzione rispetto all’uso metodologico della quotidianità” (p. 144): se prima la dimensione quotidiana era il trasparente che faceva scorgere le strutture esistenziali dell’Esserci (piano ontologico), con l’introduzione del con-Esserci la quotidianità è integrazione di autenticità (piano etico). Heidegger chiarifica l’importanza dei concetti di comprensione, situazione emotiva e deiezione per elaborare i due modi esistenziali dell’Esserci. L’Esserci nella comprensione trova la struttura esistenziale del progetto, nell’angoscia scorge il suo esser-gettato e nella deiezione smarrisce la “possibilità di progettarsi” (p. 165). Attingendo alla filosofia greco-cristiana, Heidegger analizza quindi le situazioni quotidiane inautentiche di chiacchiera, curiosità ed equivoco, basate sulla deiezione stessa.
Il secondo capitolo di questa parte, Dall’esistenza inautentica all’esistenza autentica, si propone di rispondere alla questione posta dall’autrice nei seguenti termini: “Ma come si rapportano effettivamente fra loro queste due dimensioni dell’esistenza?” (p. 166). Nella sezione seconda di Essere e tempo vi è un cambio di prospettiva: il focus si sposta dal che-cosa della comprensione della struttura esistenziale al come della possibilità dell’autenticità. Heidegger si dedica all’analisi del poter-essere-un-tutto dell’Esserci attraverso i concetti di coscienza e di morte. Il poter-essere autentico si identifica nella voce della coscienza, la quale incoraggia l’Esserci alla scelta (ripresa kierkegaardiana) del Se-stesso autentico. La morte non va intesa aristotelicamente come la fine, in senso di compimento, della vita; bensì come “la possibilità dell’incommensurabile impossibilità dell’esistenza” (HGA 2, p. 314). Mediante il fenomeno dell’anticipazione, l’essere-per-la-morte va compreso come la possibilità più propria, incondizionata, insuperabile, certa e indeterminata dell’Esserci. L’anticipazione della morte non è un riferimento al suicidio o un interrogarsi sul quando arriverà la fine (il quando di chi vive nelle tenebre la parousía), ma è l’autentica inquietudo dinnanzi alla dispersione del Si, è l’affrancamento dall’illusoria tranquillità, è la libertà per la morte.
Heidegger apprende da Paolo che l’Esserci è sempre in cammino e in tensione tra l’esistenza autentica e inautentica, tra la decisione anticipatrice e il lasciarsi vivere o determinare da altri, poiché “l’esistenza risoluta è sempre esposta al pericolo di ricaduta nell’inautentico” (p. 195). L’autenticità si dispiega nell’assunzione della propria gettatezza e della responsabilità per se stesso. L’Esserci anticipante, quindi, “non presuppone il tempo, ma è il tempo” (p. 202). La temporalità originaria, per il filosofo, è infatti il senso della Cura. Anche la temporalità, come l’esistenza, possiede dimensioni autentiche e inautentiche: “La comprensione autentica si caratterizza temporalmente come un anticipare ripetente/riprendente nell’attimo, la situazione emotiva come il portare innanzi alla ripetizione/ripresa anticipante in cui l’attimo si mantiene pronto al balzo. La comprensione inautentica si temporizza invece come un’attesa obliante presentificante. La deiezione, infine, come presentificazione obliante attendente e, nella forma della sua negazione/superamento, come attimo ripetente/riprendente nell’anticipazione” (p. 231).
Dalla discussione sul tempo originario e derivato segue, in Essere e tempo, l’analisi della storicità, concetto importante per l’indagine di Ruoppo sulla “dimensione etico-pratica dell’analitica esistenziale” (p. 214). La concretizzazione della temporalità autentica è detta storicità autentica e consiste nell’accadere dell’anticipazione della fine dell’Esserci. La storicità è la determinazione fondamentale dell’Esserci, è l’assunzione su di sé del proprio destino, dove per destino non si intende necessità. Secondo Herbert Marcuse, è grazie a Heidegger che viene posta la domanda circa l’esistenza autentica e la sua possibilità pratica. Marcuse nota, però, che l’analitica esistenziale heideggeriana non chiarifica concretamente cosa sia e come sia possibile l’esistenza autentica.
Allo stesso modo di Marcuse, uno dei primi lettori di Essere e tempo ad affermarvi la presenza di un’etica, Anna Pia Ruoppo conclude il suo lavoro confermando una dimensione valutativa nell’analitica esistenziale di Heidegger. Quest’ultimo desidera mantenersi lontano dal piano etico-pratico, infatti si discosta dalla tanto criticata etica universalistica kantiana: come nota anche Cassirer, egli “abbandona qualsiasi tensione verso l’universale e porta all’estreme conseguenze l’assolutizzazione del singolo” (p. 224). Tuttavia, secondo Ruoppo, in Heidegger il momento etico è connotato dall’assunzione delle responsabilità da parte dell’Esserci e dalla libera scelta tra le due dimensioni dell’esistenza. All’origine teologica del pensiero heideggeriano vanno ricondotti i concetti di verità non vera, di paradossale coappartenenza di giusto e peccatore e del rapporto inautentico autentico delle due dimensioni contraddittorie; concetti che non possono connotarsi neutralmente.
Dalla lettura di Ruoppo è quindi possibile approfondire i riferimenti alle opere di Aristotele, Paolo, Agostino e Lutero; pensatori imprescindibili per la stesura di Essere e tempo. L’attimo della decisione è dunque un’ottima analisi dell’analitica esistenziale heideggeriana, un’analisi capace, cioè, di riflettere sulle strutture d’essere dell’Esserci con un approccio chiaro e puntuale.


Bibliografia:
Heidegger M. (1919), Fenomenologia della via religiosa, trad. it., a cura di G. Guirisatti, Adelphi, Milano 2005. Nel testo citato come: HGA 60.
Heidegger M. (1923), Ontologia. Ermeneutica della fatticità, trad. it., a cura di E. Mazzarella, Guida, Napoli 1992. Nel testo citato come: HGA 63.
Heidegger M. (1927), Essere e tempo, trad. it., a cura di P. Chiodi, Longanesi, Milano 1976. Nel testo citato come: HGA 2.
Ruoppo A. P. (2011), L’attimo della decisione, il melangolo, Genova 2011.

Gaia Bertotti, dopo la maturità scientifica, nel 2020 ha partecipato al progetto Erasmus+ nell’Universidad de Málaga e nel luglio 2021 ha conseguito la laurea in Filosofia e Comunicazione presso l’“Università del Piemonte Orientale”. Attualmente è studentessa magistrale in Scienze filosofiche presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna e autrice per Melainsana magazine. I suoi interessi filosofici vertono principalmente su fenomenologia e ontologia. Autore di riferimento della tesi magistrale è Martin Heidegger.