Agamben, “Filosofia prima filosofia ultima. Il sapere dell’Occidente fra metafisica e scienza”

Recensione di Gaia Bertotti

Nel libro Filosofia prima filosofia ultima (2023) Giorgio Agamben si propone di indagare da vicino la metafisica in quanto filosofia prima e, in particolare, di analizzare i rapporti di dominio o di sudditanza che prendono forma tra la filosofia stessa e le scienze. Per far ciò, Agamben esamina archeologicamente l’origine e i limiti del primato della filosofia e la relazione che intercorre tra la metafisica e le altre scienze che compongono il sapere occidentale. L’obiettivo dell’indagine di questi sei capitoli risiede nell’inquadrare in maniera più approfondita la metafisica e “la funzione strategica che questo concetto ha svolto nella storia della filosofia” (p. 3).

Agamben suggerisce, come ipotesi di partenza, di pensare che “dalla possibilità o dall’impossibilità di una filosofia prima – o di una metafisica – dipendano le sorti di ogni pratica filosofica” (p. 3). Si può credere invece che la metafisica sia una filosofia seconda o ultima? L’ambiguità della filosofia risiede proprio nella difficoltà di proporne una definizione univoca. Un’ulteriore ipotesi di questo volume riguarda la relazione che si esperisce tra la filosofia prima e la scienza occidentale: tra queste vi è un rapporto di dominio e di sudditanza. Una prima demarcazione tra scienze teoretiche e filosofia prima è rintracciabile nel libro Ε della Metafisica di Aristotele. Lo Stagirita precisa che non bisogna parlare di filosofia in quanto “prima (prote), ma semplicemente anteriore (protera): essa non si definisce in assoluto, ma al comparativo (protera è un comparativo formato su pro)” (p. 6). Gli oggetti della filosofia acquistano senso e valore in base alla comparazione con gli oggetti delle scienze. Nel libro K emerge un’altra distinzione: esiste una sola filosofia capace di trattare “l’ente in quanto ente” (Met. 1025 b 10), al contrario le altre discipline si occupano di studiare enti in quanto partecipano al movimento o alla quantità, e non in quanto tali. Alla differenza tra filosofia e scienze teoretiche, come matematica e fisica, si aggiunge poi quella tra ontologia e teologia. La filosofia prima esprime nel linguaggio il primato delle sostanze prime, ossia del “soggetto ultimo che non si può predicare di altro” (Met. 1017 b, 23). Essenziale alla comprensione dell’oggetto della filosofia prima è il linguaggio: esso fa infatti da sfondo alla domanda sull’essere. 

Dal sintagma ta meta ta physika, riferito all’opera aristotelica, il traduttore Domenico Gundissalino (1110-1190) inventa e utilizza il termine metaphysica come sinonimo di filosofia prima. Se precedentemente la metafisica designava unicamente la disciplina teologica, da questo momento in poi assume il significato di causa delle cause, di ciò che viene dopo la fisica. Nello specifico, la metafisica è qualcosa che viene dopo la natura nel senso non di posteriorità rispetto alla fisica stessa ma rispetto all’ordine della nostra facoltà conoscitiva. È la metafisica a certificare i principî delle scienze: da qui la sua pretesa di sovranità sulle altre discipline. 

Il passo successivo della trasformazione della metafisica riguarda il trascendere le altre scienze, in particolare matematica, fisica e teologia. Nella sua archeologia, Agamben non si concentra tanto sulla filosofia medievale, quanto sull’introduzione nel XIV secolo dei trascendentali: è questo infatti il momento discriminante della storia della filosofia. L’invenzione dei trascendentali porta allo “spostamento dell’oggetto della filosofia prima dall’esistere alla rappresentazione, dalla sfera dell’essere a quella della conoscenza” (p. 38). Per due ragioni “la filosofia prima diventa così costitutivamente scientia trascendens” (p. 37): sia perché si occupa dei predicati trascendentali, come si legge nel terzo capitolo di Agamben e negli scritti di Kant, sia perché supera e trascende le altre scienze. Il problema della metafisica risiede nel chiedere all’intelletto e al linguaggio di riferirsi a un oggetto che può venire a mancare ed essere irraggiungibile. Ad aumentare la complessità dell’intento filosofico vi è la consapevolezza di Kant che si possano determinare gli oggetti solo nell’unione di intelletto e sensibilità e che i termini metafisici si debbano mantenere vuoti di determinazioni. I concetti puri della metafisica, però, in se stessi non sono vuoti: “la metafisica ha senso solo se viene ogni volta a capo di un malinteso e di un’illusione di cui non può mai definitivamente liberarsi” (p. 85). La regina di tutte scienze non può quindi prescindere dal considerare il suo stretto legame con le scienze e con l’esperienza. Pur vantando una certa vicinanza con queste discipline, la filosofia mantiene una sua specificità: un ruolo e un metodo ineguagliabili. Come evidenzia Heidegger, la filosofia non andrebbe intesa, come tradizionalmente avviene, in termini di scienza per il semplice fatto che essa fondi gli altri ambiti del sapere. Il padre di Essere e tempo suggerisce pertanto di parlare di metafisica nel senso di ontoteologia per tornare a riflettere sul problema dell’essere senza scindere il pensiero. 

Il saggio di Giorgio Agamben esplora il concetto di filosofia analizzando il suo significato nel corso della storia. L’archeologia del termine “metafisica”, tra Aristotele a Heidegger, desidera mostrare i momenti di crisi del sapere filosofico che l’hanno portato alla sua deriva contemporanea. La filosofia si trova ad affrontare un’importante crisi anche all’interno della società contemporanea: ridotta a mera attività accademica o marginalizzata, la filosofia perde la sua centralità in mezzo a una pluralità di scienze. Un “nesso segreto” (p. 101) unisce metafisica e scienza e solamente chiarendolo si potrà un giorno risolvere la relazione problematica tra queste. Per sciogliere questa difficile situazione occorre, però, che la filosofia rinunci “al suo primato per farsi ultima” (p. 101). Occupandosi delle domande fondamentali dell’esistenza, la filosofia articola la sua ricerca attorno ai concetti di essere e di verità. In tal senso, essa è un sapere primo. Al contempo, la filosofia è anche una disciplina ultima dal momento che desidera raggiungere una comprensione definitiva della realtà ultima. 

Queste pagine guidano a una profonda riflessione sulla scissione del sapere occidentale assecondata dalla relazione fra la metafisica, la matematica e la fisica. “La filosofia, volendo assicurare il suo primato sulle scienze e, insieme, assegnandole come destino all’Occidente, ha finito invece senza avvedersene con l’asservirsi a esse” (p. 29), e così da ancilla theologiae oggi si configura come ancilla scientiarum.

Gaia Bertotti, dopo la maturità scientifica, nel 2020 ha partecipato al progetto Erasmus+ nell’Universidad de Málaga e nel luglio 2021 ha conseguito la laurea in Filosofia e Comunicazione presso l’“Università del Piemonte Orientale”. Attualmente è studentessa magistrale in Scienze filosofiche presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna e autrice per Melainsana magazine. I suoi interessi filosofici vertono principalmente su fenomenologia e ontologia. Autore di riferimento della tesi magistrale è Martin Heidegger.