Waldenfels, “Estraneo, straniero, straordinario. Saggi di fenomenologia responsiva”

Recensione a cura di Gaia Bertotti

Considerato in controtendenza con le teorie più diffuse, il tema dell’estraneità viene posto in primo piano nel libro di Bernhard Waldenfels, Estraneo, straniero, straordinario. Col termine estraneità si intende quel fenomeno di distacco che è compresente in ogni relazione intersoggettiva e che può esprimersi sia nei confronti dell’altro sia nelle esperienze alienanti dell’io. Dall’intreccio di ordinario e straordinario, di io e altro, di pathos e risposta nasce la fenomenologia responsiva, approccio ideato dallo stesso Waldenfels. L’intenzione di questo volume è mettere al centro non tanto il soggetto e il suo interlocutore, quanto piuttosto l’esperienza, fenomenologicamente rintracciabile, della loro relazione. In particolare, l’attenzione del fenomenologo tedesco cade sull’estraneo, poiché l’esperienza “è già sempre ‘contaminata’ dall’intervento dell’estraneo” (p. 39). Esso è definito “sale del pensiero” (p. 14), proprio perché “l’apertura all’estraneo è ciò che mantiene vivo il pensiero” (p. 145). 

Dopo la Premessa di Ugo Perone, viene proposta una nuova via filosofica, la fenomenologia responsiva. Il volume si compone di cinque capitoli; cinque sono, infatti, le giornate seminariali tenute dal filosofo a Torino nel 2011. In aggiunta a ciò, vi sono gli Approfondimenti e un sesto capitolo sull’attenzione. 

Il punto di partenza è affidato a L’ordinario e lo straordinario, in quanto “lo straordinario appare solo in riferimento all’ordine” (p. 57). Il capitolo apre così all’idea tradizionale dell’ordine e alle sue forme, concetti utili per segnalare la “presenza di una paradossalità inerente all’ordine” (p. 28), ossia l’inevitabilità di parlare dell’ordine rimanendo all’interno del medesimo. Vi è anche qualcosa capace di travalicare i limiti, di eccedere l’ordine: lo straordinario, cioè l’estraneo che irrompe nell’ordinario.

La seconda giornata di lezione riguarda il legame che intercorre Tra pathos e risposta. Il pensiero di Waldenfels si fa forte dello studio della pluralizzazione dell’io di William James (1842-1910), della teoria della coscienza di Henri Bergson (1859-1941) e delle Ricerche logiche di Edmund Husserl (1859-1938). La revisione fenomenologica di questo volume parte, dunque, dalle domande filosofiche fondamentali dell’età classica e moderna, per poi soffermarsi sul concetto di esperienza. Nello specifico Waldenfels si chiede: “da che cosa (wovon) siamo colpiti?” e “a che cosa (worauf) rispondiamo (quando veniamo colpiti da qualcosa)?” (p. 45). Il primo interrogativo trova soluzione nell’evento (Ereignis), cioè l’accadimento che mette in moto l’esperienza e che prende il nome qui di pathos. Per la seconda domanda interviene un nuovo senso filosofico della risposta: “rispondere consiste nel fatto che ‘ciò da cui siamo colpiti’ (la richiesta o ingiunzione dell’estraneo) viene trasformato in un ‘ciò a cui rispondiamo’. Ma questo rispondere non riguarda solo l’ambito del discorso […] [ma anche] sguardi, cenni, azioni” (p. 48). Il passaggio successivo di Waldenfels è quindi condurre il lettore all’interno della sua “fenomenologia della responsività”, termine ripreso da Kurt Goldstein e da Michail Bachtin. A partire dal complesso nesso di pathos e risposta si articola la diastasi temporale: “il pathos si rivela sempre come un troppo presto e la risposta sempre come un troppo tardi” (p. 50). È a causa di tale scarto che si ottiene l’effetto di sorpresa del pathos e la reazione tardiva della risposta. Quando viene a mancare il nesso tra i due termini, si giunge, nel caso di assenza di risposta, allo shock e alla paralisi e, nel caso di assenza di páthos, all’apatia e ai comportamenti stereotipati. 

L’estraneo, il terzo, la sostituzione è il titolo del capitolo centrale. Il problema dell’estraneità procede lungo tutta la storia della filosofia, ma solo dopo Hegel, quindi relativamente tardi, emerge una più profonda considerazione dell’estraneo. Ciò di cui Waldenfels tratta è un’estraneità radicale, e non assoluta, poiché tale fenomeno è relazionale, è riferito e vincolato a un proprio da cui si discosta: “nell’estraneità si è sempre come minimo in due” (p. 65). Richiamandosi a Benjamin, l’autore del libro analizza così le esperienze di soglia (Schwellenerfahrungen) medianti le quali l’io passa da una zona a un’altra: da sonno a veglia, da bambino ad adulto, da sano a malato, da estraneo ad altro. “La fenomenologia dell’estraneo – sottolinea il filosofo – non vuole sostituire la centralità dell’io con quella dell’estraneo” (p. 73), in quanto non vi è sostituzione, ma slittamento dell’esperienza. A permettere il transito tra gli estremi della soglia è il terzo, fenomeno co-originario all’estraneo e al proprio che irrompe al di là dell’ordine.

Un tema molto controverso che accompagna la tradizione occidentale – come si legge nel quarto capitolo, Corpo, luogo, spazio – è il corpo. La divisione di anima e corpo segna il pensiero filosofico fin dai tempi di Platone e Aristotele e assume la forma del dualismo in epoca moderna, in particolare in Descartes. Grazie agli scritti di Husserl, la corporalità diventa luogo di rivolgimento (Umschlagstelle) tra proprio ed estraneo, tra natura e cultura. Nel Novecento anche il luogo assume un ruolo decisivo: da mero contenitore diventa ambiente dell’essere vivente e spazio dinamico. Con la recente locuzione mondo-della-vita si dischiude la possibilità di pensare a una scissione di proprio ed estraneo, a una forma aperta di spazialità e di temporalità: “Il qui e l’altrove sono in un rapporto fluido, si può abitare anche altrove rispetto a qui. […] io sono qui, ma contemporaneamente altrove, io sono ora, ma contemporaneamente in un altro tempo” (pp. 118-119). Globalizzazione e localizzazione ne sono evidenti esempi. 

L’ultima giornata seminariale si concentra sulla maniera in cui la fenomenologia tratta Immagine e sguardo, voce e suono. Come spiega Husserl, ciò che si vede non è l’oggetto, ma la sua immagine. Quest’ultima è un medium attraverso il quale è possibile guardare: “qualcosa diviene visibile nello sguardo attraverso l’immagine” (p. 125). Anche lo sguardo rientra nella dinamica di pathos e risposta: l’io non solo partecipa all’evento della visione, ma è anche “qualcuno a cui qualcosa salta all’occhio” (p. 128). Parallelamente allo sguardo, vi è la voce, quale evento che diviene udibile e che si pone tra il suono consueto e il sorprendente. Come il vedere, anche l’udire può essere un rispondere a qualcosa di interno o di esterno, di proprio o di estraneo. A tal proposito, Waldenfels identifica infine una sovrapposizione di proprio ed estraneo: l’estraneità della propria immagine allo specchio e l’estraneità della propria voce registrata è qualcosa che accade in quanto il fenomeno dell’estraneo “non viene da fuori, ma comincia in noi stessi” (p. 15).

L’ultimo capitolo, Un’etica dell’attenzione, si distacca dalle precedenti cinque lezioni per indagare l’implicazione dei sensi nella sfera etica. Non appartenente ai grandi argomenti filosofici, l’attenzione mostra dei punti deboli: il piano preliminare, il fondamento altrove, la tendenza al dualismo di attività e passività e l’assenza di una propria forza. Certo è che all’interno dell’esperienza l’attenzione gioca un ruolo rilevante: essa consiste nel doppio evento di sorpresa (pathos) e di coinvolgimento (risposta).

La critica solitamente mossa nei confronti di Waldenfels riguarda proprio la sua fenomenologia della risposta, accusata d’essere una sorta di filosofia del dialogo, una variazione dell’ermeneutica contemporanea in chiave fenomenologica. Innegabile, al di là di ogni giudizio, è che l’allievo di Maurice Merleau-Ponty offra osservazioni e contributi rilevanti al campo della fenomenologia e che confermi la sua abilità descrittiva in questo stesso volume.

 

Riferimenti bibliografici: 

Waldenfels, B. (2011). Estraneo, straniero, straordinario. Saggi di fenomenologia responsiva. Torino: Rosenberg & Sellier.

Gaia Bertotti, dopo la laurea in Filosofia e Comunicazione presso l'Università del Piemonte Orientale e la partecipazione al progetto Erasmus+, nel 2023 è dottoressa in Scienze filosofiche presso l’Alma Mater Studiorum.
Attualmente lavora presso la casa editrice EV Torino ed è autrice e inviata per l'Associazione culturale Melainsana.
I suoi interessi vertono in particolare su ontologia, fenomenologia e studi di genere.