Intervista a Massimo De Pascale

A cura di Gaia Bertotti

Massimo De Pascale è uno dei più importanti traduttori di testi di filosofia e letteratura in Italia. Tra le opere in traduzione che ha pubblicato per Castelvecchi, Feltrinelli ed Elliot ci sono volumi di Bauman, Heller, Habermas, Némirovsky, Zweig. Inoltre, è autore e regista di documentari di taglio antropologico e sociale, ed appassionato di musica popolare del Meridione.

Segue l’intervista tenuta da Gaia Bertotti a Massimo De Pascale, uno dei traduttori dell’ultimo libro di Jürgen Habermas:

“Una storia della filosofia. Vol. I. Per una genealogia del pensiero postmetafisico”, trad. it. M. De Pascale, G. Fazio, L. Corchia, W. Privitera, a cura di L. Corchia e W. Privitera, Feltrinelli, Milano 2022.

 

Segnalibri Filosofici – Al centro della riflessione habermasiana esposta nel suo ultimo libro, Una storia della filosofia (2022), emerge l’invito a riattraversare il pensiero occidentale tradizionale. La storia della filosofia occidentale è segnata dal processo di traduzione di contenuti di verità della grecità e della tradizione ebraico-cristiana che, attraverso il processo di secolarizzazione, sono arrivati fino a oggi. Chiunque si ponga l’obiettivo di ricostruire la storia della filosofia occidentale non può non affrontare la trasmigrazione di concetti da un campo a un altro e da una lingua a un’altra. Quali sono concretamente i maggiori problemi che emergono nel lavoro di traduzione, in particolare nella traduzione di Habermas?

Massimo De Pascale – Il problema più grande è legato agli impianti sintattici delle due lingue, poiché ci si scontra sempre con la difficoltà della scelta tra un’aderenza che rischia di creare barbarismi linguistici e, il pericolo opposto, una mancata fedeltà non solo alla struttura sintattica, ma anche al nucleo del pensiero, in questo caso di Habermas. Purtroppo non esiste una ricetta perfetta, bisogna orientarsi caso per caso al lume di buonsenso. Ho fatto spesso anche traduzioni di carattere letterario, sia dal tedesco che da altre lingue e, in quel caso, il discorso è ancora diverso: l’aspetto stilistico è preponderante su qualsiasi cosa. 

La seconda difficoltà che incontra il lavoro di traduzione è legata al fatto che ci si trova in presenza di tradizioni consolidate, soprattutto in ambito accademico, da cui non ci si può discostare più di tanto. C’è proprio una forma di “Galateo accademico” a cui prestare attenzione. In certi casi, invece, bisognerebbe ritradurre completamente per essere più aderenti alle scelte degli autori: ad esempio qui ci troviamo di fronte a testi che sono stati tradotti con premesse legate all’idealismo gentiliano. La giustapposizione dei pezzi crea dei sensi e rischia di portare a qualcosa che, alla fine, deraglia rispetto all’autore tradotto.

 

SF – L’ermeneutica, che tra fine Settecento e inizio Ottocento acquista sistematicità grazie a Schleiermacher, si occupa dell’interpretazione. È successivamente Gadamer a far emergere l’importanza di considerare, senza la pretesa di un superamento, la “distanza temporale” tra l’autore del testo e il traduttore, che appartengono appunto a epoche storiche e culturali differenti. 

MD – Il problema del traduttore è fare in modo che questa distanza non diventi qualcosa di straniante. Quando si traduce il tedesco del ‘700 all’interno della stessa epoca, la traduzione funziona. Tradurre oggi in modo arcaico, invece, non può funzionare. In questi casi bisogna modernizzare, ed è ammesso dalla nostra tradizione, poiché la forte discrepanza crea qualcosa che strania, che disturba.

SF – Tornando all’ultima opera di Habermas, come spiega la scelta del titolo italiano “Una storia della filosofia”?

MD – In tedesco il titolo di questo volume è Auch eine Geschichte der Philosophie (2019). Letteralmente sarebbe: “Anche una storia della filosofia”. Il titolo rimanda, da un lato, a una citazione di un’opera di J. G. Herder, Ancora una filosofia della storia per l’educazione dell’umanità (1774); dall’altro lato, indica il fatto che non è solo, ma è anche una storia della filosofia, quindi una genealogia del pensiero postmetafisico. Non si tratta infatti di una semplice rassegna di concezioni filosofiche ordinate in modo cronologico. L’intento dell’opera è più ampio: è una ricostruzione genealogica del pensiero filosofico inserita in un determinato contesto storico-sociale, ossia la cultura occidentale. Il problema per il traduttore è, ribadisco, approcciarsi con le tradizioni consolidate: le traduzioni italiane sono invecchiate e comportano problemi di discrepanza sintattica. Mentre nel tedesco di Habermas le citazioni tedesche combaciano col suo testo, in italiano spesso non è possibile rendere il senso della stessa citazione nel discorso globale. Si può dire, pertanto, che la diversità di struttura sintattica tra italiano e tedesco risulta problematica in tema di traduzione.

 

SF – Facendo un confronto tra Germania e Italia, quali sono le principali critiche che vengono mosse a quest’ultima opera di Habermas?

MD – Per quanto riguarda l’accoglienza in Italia, mi sembra che non sia stato colto perfettamente, dal punto di vista dei recensori, il senso di questa comune genealogia di fede e sapere. È stato forzatamente interpretato l’intento del libro come un ritorno di Habermas alla fede, come una rivalutazione eccessiva dell’aspetto della fede, invece il discorso va posto in termini diversi. L’idea habermasiana è quella di una radice comune che mantiene uno sfondo che permette la moralità. Far diventare la filosofia una scienza fra le tante, che si specializza in settori sempre più puntuali, fa perdere il senso vero dell’aspetto universalizzante promosso da Habermas. Questo non è stato colto da tutti i recensori italiani, i quali hanno velatamente accusato Habermas di aver avuto una deviazione in senso religioso. Per quanto riguarda le accoglienze del mondo tedesco, credo che anche qui vi sia qualcuno che abbia frainteso questo testo, ma non quanto è avvenuto in Italia. Questo, a mio avviso, è un fenomeno di frettolosità italiana.

 

Gaia Bertotti, dopo la maturità scientifica, nel 2020 ha partecipato al progetto Erasmus+ nell’Universidad de Málaga e nel luglio 2021 ha conseguito la laurea in Filosofia e Comunicazione presso l’“Università del Piemonte Orientale”. Attualmente è studentessa magistrale in Scienze filosofiche presso l’Alma Mater Studiorum di Bologna e autrice per Melainsana magazine. I suoi interessi filosofici vertono principalmente su fenomenologia e ontologia. Autore di riferimento della tesi magistrale è Martin Heidegger.