Paola Viviani - La letteratura araba in Italia dal 1980 a oggi

Quando si discorre di letteratura araba, è necessario anzitutto ricordare come sia più giusto parlare di letterature arabe che di certo condividono diverse e importanti caratteristiche perché discendono da un'antica radice comune, ma che si distinguono le une dalle altre per delle specificità dettate dal contesto locale di ciascun paese, ossia derivanti, plasmate e influenzate dalle esperienze proprie delle comunità di cui esse sono espressione – tenendo presente quanto la realtà interna di ciascun paese possa a volte essere variegata e composita. Pertanto, allo studioso, al lettore comune i testi di tali letterature raccontano il vissuto particolare di coloro che appartengono a ciascuno degli Stati che costituiscono l'intero mondo arabo, entità che comprende ventidue diversi paesi; l'intera regione, poi, può essere suddivisa in due grandi zone, il Maghreb (l'Occidente arabo) e il Mashreq (l'Oriente arabo).
Il presente contributo si prefigge due scopi: ricordare gli autori e le opere dell'universo arabo contemporaneo che negli ultimi tre decenni maggiormente hanno riscosso successo tra il pubblico e la critica italiani, e, insieme, individuare alcune delle figure e tendenze che già stanno guadagnandosi o potrebbero guadagnarsi un posto di primo piano a livello nazionale e internazionale.
I rapporti tra l'Italia e il mondo arabo sono sempre stati molto intensi e proficui, ma il 1988 segna l'avvio di una nuova fase nelle relazioni interculturali tra le due realtà: da tale anno l'editoria nostrana non solo inizia a prendere una coscienza sempre maggiore dell'importanza e della vastità della produzione letteraria araba moderna e contemporanea, ma anche dell'interesse che quella produzione stessa suscita a livello mondiale. Da allora, tale consapevolezza si è tradotta nella concreta possibilità, per le case editrici, di offrire al proprio bacino di utenza nuove opere di autori, più o meno conosciuti in Italia e non, provenienti da una estesissima regione della Terra. L'evento che fa da spartiacque e sconvolge l'intero mercato editoriale è l'assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura allo scrittore egiziano Nagib Mahfuz (1911-2006), primo e unico arabo ad averlo vinto finora, il quale improvvisamente sale alla ribalta della cronaca e attrae dunque l'interesse anche di coloro che specialisti non sono. Ciò significa, di fatto, che le case editrici e gli arabisti si prodigano con crescente fervore nel divulgare in primis l'opera di questo intellettuale di spicco e ormai consacrato dall'Accademia svedese, e, altresì, quella dei suoi colleghi originari delle varie regioni della cosiddetta "Grande Nazione araba", benché non si debba assolutamente dimenticare l'attività di traduzione di testi arabi, soprattutto classici, ma pure moderni e contemporanei, svolta fino ad allora in Italia. In realtà, qualche editore si era già interessato allo stesso Mahfuz, tanto che proprio il 1988 è l'anno dell'apparizione della prima traduzione italiana di un'opera di questo scrittore, Il caffè degli intrighi, per la casa editrice Ripostes di Salerno, la quale, peraltro, ha pubblicato alcuni testi dei principali autori palestinesi. Bisogna poi aggiungere come, fino a quella data, poche decine di scritti fossero stati divulgati per una platea non di nicchia, cioè non inseriti in edizioni prettamente scientifiche. Perciò, nonostante uno degli autori più tradotti fosse il drammaturgo e narratore egiziano Tawfiq al-Hakim (1898-1987), la diffusione della sua produzione rimaneva alquanto limitata e non raggiungeva il grande pubblico che, invece, aveva avuto la possibilità di avvicinarsi fin dal 1936 alla letteratura del libanese Gibran Khalil Gibran (1883-1931). Secondo solo a Gibran, l'interesse per il quale non è mai andato diminuendo e che ultimamente è addirittura aumentato, Nagib Mahfuz è lo scrittore arabo che svetta nel panorama editoriale italiano, con i circa trenta titoli pubblicati, a cui devono aggiungersi le riedizioni di alcuni di questi, con soltanto un romanzo e una raccolta di saggi apparsi lo stesso anno dell'assegnazione del Premio Nobel, mentre nel 1966 e nel 1976 erano stati dati alle stampe alcuni racconti su pubblicazioni accademiche.
Sino ad oggi, il caso letterario più eclatante resta, comunque, quello dell'egiziano 'Ala Al-Aswani (n. 1957) che, soprattutto con Palazzo Yacoubian (2006) e, quindi, con Chicago (2008), ha sollevato uno scalpore dirompente. Palazzo Yacoubian è la storia di un famoso edificio, un tempo uno dei più belli dell'arte del Novecento nel centro del Cairo, diventato, con il passare dei decenni, un fabbricato decadente sul cui terrazzo, trasformato in una baraccopoli, hanno trovato riparo persone di ogni tipo che rappresentano le tante facce di un Egitto dilaniato al suo interno. Molti studiosi e critici hanno accolto con non poche riserve l'opera ritenendo esagerato il successo internazionale riscosso. Già altri autori più famosi, tra cui Yusuf Idris (1927-1991) e Nagib Mahfuz, nei propri lavori avevano trattato dello stesso periodo storico, analizzando in maniera approfondita gli anni di governo di Gamal Abdel Nasser (1954-1970), anni caratterizzati da ottimismo, prima, dalla disillusione sul piano nazionale e internazionale, poi. In particolare, il disinganno si evidenzia dopo la sconfitta nella "Guerra dei Sei Giorni" del giugno 1967 quando l'intero mondo arabo, che vedeva nello statista il suo carismatico e invincibile leader, fu costretto a ricredersi e, quindi, ad interrogarsi sulle proprie mancanze e sull'autentica condizione in cui la società versava. Da una prospettiva pubblica e privata, l'uomo arabo dovette prendere coscienza della propria ricaduta (al-Naksah), avvenuta a circa vent'anni esatti da quello che gli arabi hanno definito al-Nakbah, il disastro del 1948, quando si assisté alla perdita e allo smembramento della Palestina.
Proprio la letteratura palestinese, anche a causa della drammatica situazione in cui si dibatte il suo popolo, ha sempre suscitato molto interesse tra il pubblico, soprattutto dal 1967. È, però, negli anni '80 che la sua divulgazione è cresciuta, con la diffusione di opere di Ghassan Kanafani (1936-1972), Emil Habibi (1921-1996), Tawfiq Zayyad (1926-1994), Muin Bsisu (1927-1984) e altri. Si tratta di autori che hanno dato voce alle tante anime di un popolo dal destino tragico e che in quel periodo hanno iniziato ad avere la risonanza internazionale che giustamente meritavano. Testi poetici di Mahmud Darwish (1942-2008), Fadwa Tuqan (1941-2003) e il druso Samih al-Qasim (n. 1939) erano stati studiati e tradotti per un pubblico quasi esclusivamente accademico, eccezion fatta per pochissime pubblicazioni di più ampia diffusione a loro dedicate, tuttavia in seguito i loro nomi compaiono sempre più frequentemente nell'editoria italiana, sì da divenire assai famosi anche tra le nuove generazioni. Di tutti gli scrittori appena menzionati – i quali, peraltro, hanno aperto la strada ad altri intellettuali palestinesi –, i più tradotti e quindi conosciuti, amati e letti sono Ghassan Kanafani, Emil Habibi, Mahmud Darwish, nei confronti dei quali l'interesse non è mai diminuito; al contrario, sembra essere in costante crescita. Opere come Uomini sotto il sole (1984), Ritorno ad Haifa (1985), La madre di Saad (1985) di Kanafani, e Le straordinarie avventure di Felice Sventura il Pessottimista (1990) di Habibi sono ormai entrate a far parte dell'immaginario collettivo italiano. Riprova ne è che della traduzione italiana di Ritorno ad Haifa curata da Isabella Camera d'Afflitto e più volte riedita, sono stati allestiti alcuni adattamenti teatrali rappresentati in varie città della Penisola.
I testi di questi scrittori sono delle pietre miliari che aiutano il lettore a entrare in contatto con il dramma di un popolo alla continua ricerca della patria perduta, esprimendo la straziante angoscia di chi è costretto a un eterno esilio, non importa se si tratti di palestinesi della diaspora, di palestinesi d'Israele o di coloro che vivono in quelli che fino ad alcuni anni fa erano definiti i "Territori Occupati", ossia la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est, e che ora sono semplicemente i "Territori" gestiti dall'Autorità Nazionale Palestinese (ANP), ma comunque sotto il controllo israeliano.
L'esistenza quotidiana dei palestinesi e le loro drammatiche condizioni di vita sono riprodotti in maniera vividissima da tutti gli esponenti di questa letteratura. Tra le scoperte più recenti per l'editoria italiana, si possono annoverare l'importante poeta, narratore e attivista Murid Barghuti (n. 1944), voce della diaspora, che ha raccontato il suo tormentato ritorno in patria nella tanto celebrata autobiografia Ho visto Ramallah (2005), ma pure una delle principali figure intellettuali palestinesi, il druso d'Israele Salman Natur (1949), al quale è possibile affiancare le giovani narratrici Adania Shibli (1974) e Suheir Abu Oksa Daoud (1968) che, dopo al grande Emil Habibi, spiegano al lettore cosa significa essere arabi d'Israele oggi. Inoltre, è interessante menzionare autori quali Anton Shammas (n. 1959) e Sayd Kashua (n. 1975) che, come altri arabi d'Israele, preferiscono scrivere in ebraico. Di Kashua ha suscitato scalpore Arabi danzanti (2003), un romanzo autobiografico.
Per quanto riguarda le vicissitudini di coloro che vivevano nei "Territori Occupati" e ora abitano nei territori sotto l'autorità dell'ANP, esse sono descritte puntualmente, ad esempio, da Sahar Khalifa(h) (1941), una delle più interessanti e talentuose scrittrici arabe, le cui opere hanno cominciato a essere tradotte in Italia già negli anni '80. Di quel periodo è, infatti, l'apparizione de La svergognata (1989), un lavoro di forte impatto in cui la situazione della donna palestinese (e araba in genere) è raccontata con profonda verità e serietà, si potrebbe affermare, dato che l'autrice non si lascia sedurre dal desiderio di scendere a patti con il lettore occidentale scrivendo ciò che egli desidera, come invece avverrà in seguito in alcuni casi. Non c'è esotismo, soltanto la nuda realtà. L'elemento realistico presente nei testi di Sahar Khalifa è quanto mai evidente, d'altronde, nei romanzi tradotti successivamente, stavolta dall'originale arabo (e non dall'inglese, come il precedente), da – secondo l'ordine di apparizione delle edizioni italiane – Terra di fichi d'india (1996) a La porta della piazza (1994) a Una primavera di fuoco (2008) fino a L'eredità (2011), l'ultima sua opera data alle stampe nel nostro paese nel 2011 e dove ancora forte enfasi viene posta sulla condizione femminile. Accanto a lei, non può non citarsi Liana Badr (1950), anche regista, che con Le stelle di Gerico (2010) ha regalato al pubblico di tutto il mondo una preziosa testimonianza di una donna che ha saputo cogliere gli odori, i sapori e i colori della sua patria che ufficialmente non esiste più, la Palestina, costruendo altresì una sorta di enciclopedia della flora e della fauna, nonché della storia e dell'archeologia, della propria terra, spesso con accenti di alta poesia.
Altro autore palestinese, ma giordano di nascita, che spesso è stato ospite in Italia e di cui sono stati tradotti più lavori, è Ibrahim Nasrallah (1950). I suoi romanzi contengono forti richiami autobiografici, cosa che accade, ad esempio, in Febbre (2001), dove viene offerto un quadro toccante delle condizioni di vita di alcuni di coloro che dagli altri paesi arabi emigravano per motivi di lavoro in Arabia Saudita. Pure diverse liriche di Ibrahim Nasrallah sono state tradotte in italiano e, anzi, ai poeti palestinesi sono state dedicate antologie poetiche individuali e collettanee in cui è stato dato spazio ad autori e autrici sia emergenti sia già ben noti, e ciò è stato fatto pure da case editrici di larga diffusione, benché spesso a farsi promotrici della divulgazione sia di componimenti poetici che di testi teatrali sono state edizioni di piccole e/o medie dimensioni e, talvolta, specialistiche. Per una visione d'insieme, della cultura palestinese, si veda il volume Cento anni di cultura palestinese, di Isabella Camera d'Afflitto; mentre, sugli arabi d'Israele, nello specifico, Palestinesi in Israele. Tra identità e cultura, di Isadora D'Aimmo.
Per quanto attiene al teatro, da rilevare è che se, come è stato già sottolineato, il drammaturgo arabo più tradotto in Italia è l'egiziano Tawfiq al-Hakim, un mostro sacro, conosciuto al pubblico italiano, inoltre, grazie ai suoi lavori narrativi e autobiografici, non molto spazio, se paragonato a quello riservato agli altri generi letterari, è stato dato alle pièce drammatiche. In realtà, se si esaminano le bibliografie a disposizione, emerge negli anni '80 un indubbio interesse per il teatro, interesse che sembra essersi replicato nello scorso decennio, sebbene con minore intensità e non tanto in campo traduttivo quanto in quello critico e di divulgazione, con due lavori monografici che sicuramente potranno riscuotere successo tra il pubblico spingendolo ad avvicinarsi al mondo teatrale che tante soddisfazioni ha dato alle lettere arabe. Il secondo drammaturgo più tradotto in italiano è il siriano Sa'd Allah Wannus (1941-1997), uno dei più celebrati della seconda metà del XX secolo. Interessante in questo ambito è altresì la pièce in versi apparsa nel 1988, La tragedia di Cleopatra (1989), di uno dei maggiori poeti egiziani, Ahmad Shawqi (1868-1932). Per una panoramica sul teatro arabo, si può leggere Storia del teatro arabo. Dalla nahḍah a oggi, di Monica Ruocco.
Se il mercato editoriale nel nostro paese si interessa soprattutto alla narrativa, tale tendenza di certo ne rispecchia una più generale e non investe soltanto i prodotti letterari arabi. Bisogna tuttavia tener presente che se, da una parte, è vero che la poesia necessita di una particolare predisposizione e sensibilità per essere capita e quindi resa nella lingua di arrivo – e spesso il traduttore non poeta si avvale dell'aiuto di un artista che renda il testo lirico nella lingua di arrivo –, dall'altra, la prosa, grazie alla profondità e alla finezza raggiunte, spesso si eleva a poesia. D'altronde, è da rilevare che molti narratori arabi sono anche compositori di liriche o nascono tali, sicché il traduttore e il lettore che si trovino a confrontarsi con opere narrative arabe, sovente lo fanno con lavori in cui i confini tra prosa e poesia sono davvero labili e confusi.
Oltre al successo di pubblico e di critica riscosso in Italia da autori palestinesi e, ovviamente, al caso particolare di Gibran, si può dire che a dominare la scena poetica sia il siriano Adonis ('Alī Aḥmad Sa'īd Isbir, n. 1930), uno dei più celebri e talentuosi intellettuali arabi, importante teorico della poesia, fatto conoscere nel nostro paese soprattutto da Francesca Maria Corrao. Negli anni è stato proposto per la candidatura al Premio Nobel ed è stato insignito di numerosi riconoscimenti. In Italia, sono stati tradotti e rappresentati inoltre suoi lavori teatrali in importanti manifestazioni e da artisti famosi, com'è accaduto per Polvere di Bagdad, scritto con M. Nava, messo in scena dal 2009 in un allestimento con protagonisti come Massimo Ranieri e l'étoile Eleonora Abbagnato. Da notare è che l'autore siriano ha dedicato al capoluogo campano una pièce, presentata poi al Napoli Teatro Festival Italia, che glielo aveva commissionato, e pubblicata nel 2008. Nella produzione di Adonis si discorre tanto dell'"altro" e del dialogo che con esso è necessario instaurare. Non esiste un solo "altro", naturalmente, ma di sicuro due sono le relazioni tra il sé e l'altro da coltivare e privilegiare: la relazione Oriente/Occidente e uomo/donna. Su tali aspetti si incentrano altresì i testi – non solo poetici – della più giovane scrittrice libanese Joumana Haddad molto nota in Italia che, sostenitrice dei diritti della donna, si inserisce nel solco dell'attività delle femministe arabe che l'hanno preceduta.
La situazione in cui vive la donna araba è, come ben si sa, uno degli assunti che maggiormente affascinano il pubblico occidentale, il quale a volte difficilmente riesce a evitare di cadere vittima di determinati stereotipi sull'argomento. Non si può a priori negare che esistano problematiche molto delicate inerenti alla vita pubblica e privata della donna araba (non soltanto musulmana), ma è necessario sottolineare che esse dipendono anche dalle vicende interne di ogni specifica regione – ad esempio, una cosa è discorrere della condizione femminile in Egitto o in Tunisia, altro è confrontarsi sulla realtà palestinese o giordana, altro ancora è discutere dei paesi della Penisola Arabica. Tuttavia, nonostante le difficoltà, che talvolta assumono toni drammatici e perfino tragici, la donna tanto ha conquistato dal punto di vista lavorativo, personale e artistico. Quando si affronta questo tema, quindi, bisognerebbe liberarsi di ogni pregiudizio, perché la realtà araba del vissuto quotidiano è oltremodo variegata. Malgrado ciò, però, sia autori che autrici sono stati sovente accusati, nella loro stessa patria, di aver deliberatamente contribuito a diffondere ancora più capillarmente nel mondo occidentale una certa idea assolutamente negativa sulla situazione femminile nell'Oriente arabo e dei rapporti di genere. Una scrittrice che di frequente ha subito attacchi simili è l'egiziana Nawal al-Sa'dawi (n. 1928) che, famosissima nel mondo anglosassone, è l'autrice egiziana più conosciuta nel nostro paese, sebbene i suoi titoli siano stati tradotti principalmente dall'inglese e non dall'originale arabo. Sembra utile aggiungere, poi, che, malgrado le critiche, la sua attività letteraria è comunque ritenuta meritoria perfino da chi le si scaglia contro perché, quanto meno, ha saputo creare un vivo interesse nei confronti del mondo arabo nell'Occidente femminista e militante. Accanto ai lavori di Nawal al-Sa'dawi, si possono menzionare quelli, spesso sconvolgenti e trascinanti, di autrici quali, ad esempio, l'egiziana Latifa al-Zayyat (1923-1996) e la siriana Ghada Samman (n. 1942) che si possono considerare due simboli della lotta per la libertà della donna in Egitto e in Siria.
Successivamente, il pubblico italiano ha potuto conoscere l'opera dell'egiziana Radwa Ashur (n. 1946) – che è la moglie del palestinese Murid Barghuti e ha ripercorso le sofferenze dell'Egitto e della Palestina attraverso le proprie nell'opera Atyàf. Fantasmi dell'Egitto e della Palestina (2008), tradotto da Patrizia Zanelli. Accanto a loro, è doveroso citare le più recenti scoperte editoriali quali, ad esempio, le sue connazionali Salwà Bakr (n. 1949), Miral al-Tahawi (n. 1968) e May Telmissani (n. 1965), alle quali si può aggiungere Mansoura Ez Eldin (n. 1976), il cui romanzo evento Oltre il paradiso (2011) ha attratto l'attenzione della nostra grande editoria.
Ancora in Siria, di rilievo è l'attività di autrici da poco conosciute in Italia come Salwa Al-Neimi (n. 1950) e Samar Yazbek (n. 1970). Alcune loro opere che hanno suscitato un grosso polverone, se non uno scandalo, sono già state pubblicate nella nostra Penisola. Si tratta di romanzi e racconti in cui la donna parla senza più veli della propria sessualità, focalizzandosi sui desideri più intimi in un modo dissacrante. È così che La prova del miele (2008) e Il libro dei segreti (2012) di Al-Neimi rientrano nella moderna letteratura erotica raccontata (e vissuta) da una donna, mentre Il profumo della cannella (2010) di Yazbek narra di un amore omosessuale al femminile. La stessa autrice ha apertamente criticato il regime siriano in Lo specchio del mio segreto (2011). Per il Libano, invece, Alawiya Sobh (n. 1955) si è fatta conoscere da noi con il romanzo Il suo nome è passione (2011), in cui ancora il corpo della donna con i suoi più profondi aneliti, la relazione corpo/sentimento e il rapporto tra i sessi vengono analizzati con sagacia e acume. Dal 2013, poi, è disponibile per il lettore italiano un secondo suo romanzo, I miei sogni nei tuoi. Ancor prima che con le sue opere, il pubblico del nostro paese aveva avuto l'opportunità di avvicinarsi a quelle di altre autrici libanesi, tra cui Hanan al-Shaykh (n. 1945), dal delicato ma tormentato mondo, Hoda Barakat (n. 1952), con il suo universo altrettanto particolare e problematico dipinto, ad esempio, in Malati d'amore (1997). Anche Najwa Barakat (n. 1966), sorella di Hoda, è nota in Italia con due romanzi, di cui dall'arabo Ya salam! (2007).
Ciò che inizia con sempre maggiore evidenza a manifestarsi, in generale, è una certa insistenza, che a taluni pare ossessiva, sulla descrizione minuziosa di alcuni aspetti che attengono alla sfera sessuale, tanto che alcune autrici (ma anche autori) sono state in qualche modo incolpate di indulgere su questi elementi per attrarre lettori e non per rispondere a un'autentica strategia narrativa fondamentale nell'economia del racconto o del romanzo. Bisogna, d'altra parte, rilevare che se fino a tutti gli anni '90 e a buona parte del decennio appena trascorso, la produzione letteraria al femminile (scritta da donne, cioè, ma non per forza femminista, benché nella maggioranza dei casi le due linee scorrano tra loro parallele e si intersechino) è stata diffusa in Italia di solito da piccole e/o medie case editrici, da qualche tempo anche le case editrici più grandi hanno iniziato in maniera alquanto sistematica e non sporadica come in passato a occuparsene, focalizzando la propria attenzione su personaggi di maggiore attualità nel mondo arabo.
Spesso le scrittrici arabe sono medici, docenti universitarie, persone che lavorano nel sociale a vari livelli, giornaliste e fondatrici di giornali e/o riviste talvolta giudicate scandalose (si veda il caso di Jasad [Corpo], della già menzionata Joumana Haddad). Interessante è il caso, ad esempio, di tantissime autrici della Penisola Arabica che sovente vivono in condizioni di gravi restrizioni, imposte sia dalla società in genere che dalla famiglia. In Italia sono stati pubblicati testi poetici e narrativi di intellettuali saudite, degli Emirati Arabi, yemenite e del Kuwait, figure attivamente impegnate, nonostante gli ostacoli, a conquistarsi e a conquistare per tutte le altre donne uno spazio e una credibilità assai difficili da ottenere in ambienti molto tradizionalisti e chiusi, soprattutto per quanto riguarda le questioni di genere in ogni aspetto della vita. A parte traduzioni di liriche di poetesse e poeti della Penisola Arabica apparse in qualche antologia collettanea o individuale, è in realtà dal 2001 che si è assistito a un fiorire di traduzioni della produzione letteraria specifica di questa regione, grazie all'antologia Rose d'Arabia. Racconti di scrittrici dell'Arabia Saudita (ed. e/o, Roma). In particolare, dal 2008 a oggi si contano, ad esempio, un volume di racconti dedicato agli Emirati, Le perle degli Emirati, e quattro pubblicazioni sullo Yemen, di cui una raccolta narrativa, Perle dello Yemen, e una di articoli critici, Lo Yemen visto dalle scrittrici e dagli scrittori, in cui viene presentata una vasta gamma di opere di alcuni dei più acclamati autori del paese, tra cui Nabìla al-Zubayr (n. 1964), Arwa Abduh Uthmàn (n. 1965), Huda al-Attas (n. 1971) e Nadia al-Kawkabani (n. 1972).
Inoltre, si possono ricordare altri autori yemeniti di cui sono stati pubblicati dei romanzi. Il riferimento è alle opere Un asino in mezzo ai suoni (2012), di Wajdi Al-Ahdal (n. 1973), e Ocra rossa (2011), della giovanissima Hind Haitham (n. 1987). Non bisogna poi dimenticare l'edizione italiana del romanzo Il bell'ebreo (2012), di Ali Al Muqri (n. 1966), che è altresì poeta, giornalista e saggista. Questo lavoro, la cui edizione è stata curata da Maria Avino, la quale ha contribuito a tante altre pubblicazioni sulla letteratura araba, ha attratto l'attenzione di specialisti ed editori in ambito internazionale per il delicato argomento: presenta, infatti, la storia di Salim, un ebreo yemenita del XVII secolo, che viene introdotto alla scrittura e alla lettura dalla musulmana Fatima, una figura sorprendente per la sua apertura mentale e che potrebbe essere letta come il riflesso della donna yemenita di oggi e specialmente di quella alla quale l'ambiente familiare e la società hanno permesso di studiare. Questo romanzo, allora, non è soltanto una inusuale e delicata relazione amorosa, e la narrazione di alcuni avvenimenti salienti nella vita della comunità yemenita e del rapporto tra le due componenti musulmana ed ebraica, nonché del loro rapporto con il potere, ma anche un monito dell'autore alla società odierna: un invito a che l'autorità – che pure tanto ha fatto in tal senso – conceda sempre più spazio alle donne e all'istruzione, perché questi due elementi insieme possono riuscire da soli a colmare lacune terribili in un paese dove il tasso di analfabetismo è ancora troppo alto e dove forte è avvertita l'esigenza di una maggiore coesione sociale. In generale, il messaggio dell'autore è valido per ogni società perché il diverso (o quello che è visto come il nemico) possano riuscire ad interagire consapevolmente e in un clima di conciliazione che dia frutti duraturi. Nel mondo arabo, il testo ha suscitato tanto clamore per i temi affrontati, anche per la loro valenza universale.
Ritornando all'Arabia Saudita, una nazione fondamentale all'interno del mondo arabo perché sede di due delle città sacre dell'islam (La Mecca e Medina; la terza maggiore località di riferimento per tutti i musulmani è Gerusalemme), essa ha dato alla letteratura mondiale un raffinato intellettuale, 'Abd al-Rahman Munif (1933-2004), nato però ad Amman in Giordania, il quale è stato scoperto in Italia negli anni '90, quando, grazie al lavoro meritorio della casa editrice Jouvence di Roma con le collane "Narratori Arabi Contemporanei" e "Memorie del Mediterraneo", curate da Isabella Camera d'Afflitto, sono state pubblicate due sue opere, ossia l'autobiografia, Storia di una città (1996) e, ancor prima, All'est del Mediterraneo (1993), romanzo considerato uno dei massimi capolavori di quel ricco filone letterario dedicato alle narrazioni delle esperienze di prigione (adab al-sujun). Accanto ai suoi libri, che continuano ad attrarre l'attenzione del mondo editoriale, e oltre all'antologia su menzionata, altri autori sono stati tradotti, tra cui Yousef Al-Mohaimeed (n. 1964), con il romanzo Le trappole del profumo (2011), e scrittrici giovani dallo stile innovativo e spesso scandaloso, secondo i criteri molto rigidi vigenti nella società saudita. Alcuni mesi fa è stata pubblicata la traduzione italiana de Il collare della colomba (2014), di Raja Alem (n. 1970), una dei due vincitori dell'edizione 2010/2011 del prestigioso riconoscimento IPAF (Booker Prize) per il romanzo arabo che, offerto dal governo di Abu Dhabi, si sta rivelando un luogo di confronto per nuove e vecchie generazioni di autori, oltre a essere una vetrina importantissima per farsi conoscere dall'editoria occidentale. L'opera racchiude in sé più generi, tra cui il giallo e il thriller psicologico, due tipologie narrative molto gettonate al momento nel mondo arabo e in quello occidentale, accanto ad altri relativamente nuovi, come nel caso della graphic novel, che già ha riservato piacevoli sorprese e potrebbe riservarne ancora in futuro. Altro genere che sta facendosi sempre più largo nel mondo arabo è quello fantascientifico, sul quale nel 2013 è stato pubblicato uno studio monografico di sicuro interesse e spessore, La fantascienza nella letteratura araba, di Ada Barbaro. Nel contempo, il mondo editoriale italiano è anche alla ricerca di spy-story, e di opere in cui si discute delle conseguenze degli avvenimenti dell'11 settembre 2001 che hanno ingenerato una serie di effetti sconvolgenti e dai risvolti altamente drammatici all'interno delle società arabe tutte e nell'intimo delle persone che le compongono. Questo accade, ad esempio, ne L'arco e la farfalla (2012) del marocchino Mohammed Al Achaari (al-Ash'ari, n. 1951), già noto al pubblico italiano nella veste di poeta, che ha ottenuto ex aequo con Raja Alem l'IPAF 2010/2011. Il testo offre un esempio di prosa che si eleva a poesia, e uno spaccato veritiero e minuzioso di alcune problematiche che dilaniano la società del paese nordafricano ma, in generale, il mondo arabo. Uno dei principali temi affrontati nel romanzo è quella che viene definita dall'autore "la mafia edilizia" e che rappresenta uno degli assunti fondamentali altresì nel romanzo saudita già menzionato Il collare della colomba. Mohammed Al Achaari si sofferma, inoltre, sull'estremismo islamico che spesso si ricollega ad una insofferenza giovanile fortemente sentita ovunque, con la conseguenza che molte sono le opere, soprattutto narrative, che lo presentano nei suoi vari aspetti.
Il 2011 segna l'esplosione del generale sommovimento avvenuto nel mondo arabo, e iniziato alla fine del 2010, ribattezzato la "Primavera araba", di cui tantissimo si discute e si scrive, e che sicuramente rappresenta un fenomeno di ampia portata che non può e non potrà non avere ripercussioni sulla letteratura. Anzi, alcune opere anteriori allo scoppio delle varie rivolte sono state presentate al pubblico internazionale come precorritrici dei tempi, perché avrebbero preconizzato quanto poi è effettivamente accaduto. Forse determinati annunci sono dettati dall'emozione del momento o, magari, rispondono a verità. È difficile dare una risposta certa. Sta di fatto, però, che sono apparse in traduzione italiana opere che riflettono la profonda sofferenza, diventata ormai insostenibile, di intere popolazioni e soprattutto dei giovani che hanno studiato e si vedono sopraffatti dalla violenza. Un esempio è quello del siriano Khaled Khalifa (n. 1964), autore di spicco dell'avanguardia letteraria nel suo paese, con Elogio dell'odio (2011). Il lavoro, bandito in patria, ha ottenuto un ottimo successo, risultando finalista nell'edizione 2007/2008 dell'IPAF. Narra della lotta asperrima tra le forze al potere e l'opposizione di matrice islamica avvenuta negli anni '80 in Siria e richiama alla mente ciò che purtroppo sta avvenendo nel paese asiatico ormai da anni. È di questi mesi, inoltre, l'apparizione della traduzione italiana di un romanzo autobiografico che è anch'esso una durissima denuncia di quanto accaduto in Siria negli ultimi decenni. Il riferimento è a La conchiglia. I miei anni nelle prigioni siriane (2014), in cui l'autore, Mustafa Khalifa (1948), racconta la propria tragica esperienza di prigioniero politico della terribile prigione di Tadmor, l'antica Palmira, una magnifica città nel deserto che, però, è stata il teatro di torture inflitte a oppositori del regime siriano della famiglia al-Asad che detiene il potere da circa cinquant'anni.
Negli ultimi anni, in realtà, in Italia si è finalmente deciso di parlare con sempre maggiore insistenza, continuità e senso critico di quanto è avvenuto in Libia durante l'occupazione italiana ma anche dopo, negli anni del dominio inglese e, successivamente, in quello della monarchia e del regime del Colonnello Gheddafi. Quella libica è una delle società arabe più interessanti eppure poco conosciute, nonostante i numerosi testi, tra romanzi e racconti, di Ibrahim Al-Koni (n. 1948) – portavoce dell'anima tuareg e più volte proposto come possibile candidato al Premio Nobel – tradotti in italiano grazie all'opera meritoria e antesignana di piccole o medie case editrici. La prosa di Ibrahim Al-Koni, al pari di quella della maggior parte delle scrittrici e degli scrittori qui citati, è intrisa di poesia, di misticismo, di tensione verso i valori autentici della vita umana troppo umiliata da esigenze della modernità che spesso si trasforma in un nemico mostruoso tanto quanto può esserlo la tradizione, quando è bieca e monolitica. Anche nel caso della Libia, assai di recente ad attrarre l'attenzione mediatica e la grande distribuzione è stato il mondo femminile, sicché nel 2011 è stato dato alle stampe il romanzo Le donne del vento arabo (2011) di Razan Moghrabi. Sulla letteratura libica, si può far riferimento, ad esempio, al volume La letteratura della Libia. Dall'epoca coloniale ai nostri giorni, di Elvira Diana.
Non sarebbe possibile qui citare tutti gli scrittori con più opere tradotte in italiano spesso ospiti nel nostro paese, ma, oltre a quelli già ricordati, vorrei menzionare almeno il magistrato iracheno Fu'ad al-Takarli (1927-2008), autore di testi narrativi e teatrali delicati e incisivi insieme, in cui l'autore mette a nudo in maniera mirabile le angosce del proprio popolo e che, negli ultimi anni di vita, esprimeva il suo malessere di esiliato, rimproverandosi di non avere la forza di tornare in patria in un periodo difficilissimo per la storia dell'Iraq; i libanesi Rashid Daif (n. 1945), con i suoi testi ironici, satirici, dissacranti, ed Elias Khoury (n. 1948), che scrive lavori politicamente impegnati sempre finora pubblicati da Einaudi. Recente è l'uscita di Specchi rotti (2014), stavolta, però, per i tipi di Feltrinelli. Vanno ricordati altresì i marocchini Muhammad Shukri (Mohamed Choukri, 1935-2003), la cui vita è stata segnata da esperienze estreme e dall'emarginazione, e Bensalem Himmish (n. 1949), il quale, sebbene sia un autore anche francofono, si è levato in difesa dell'utilizzo della lingua araba a ogni costo spronando le persone che hanno vissuto la sua stessa esperienza a sforzarsi per riuscire a conoscere a fondo la propria lingua madre e a usarla in maniera invidiabile, senza più sentirsi costretti, perché incapaci di esprimersi adeguatamente in arabo, a far ricorso alla lingua del vecchio dominatore. Bensalem Himmish va ricordato, poi, per aver scritto una biografia romanzata del celebre storiografo tunisino Ibn Khaldun (1332-1406), un pensatore e sociologo ante litteram ancora sconosciuto ai più. Il romanzo, tradotto da Paola Viviani per la Jouvence, s'intitola Il romanzo di Ibn Khaldūn (il grande erudito), 2007. Altra voce maghrebina di grande levatura è quella dell'algerina Ahlam Mustaghanimi (n. 1954) che si è fatta conoscere da noi con il suo bel romanzo poetico La memoria del corpo (2000).
Vorrei concludere questo breve viaggio con il ricordare intellettuali, ormai da anni conosciuti in Italia, le cui personalità a tutto tondo ed estremamente raffinate hanno sicuramente fatto da guida allo studioso, al lettore comune, al curioso nei meandri della mentalità e della società araba e che, pertanto, non passeranno mai di moda, non di rado per la bellezza e la pregnanza dei testi, intensi e ricercati da una prospettiva linguistico-contenutistica. Tra loro, il palestinese Giabra Ibrahim Giabra (1920-1995) e gli egiziani Edwar al-Kharrat (n. 1926) e il già citato Yusuf Idris, nonché gli esponenti della cosiddetta "Generazione degli anni '60" in Egitto, autori che ancora oggi dominano la scena letteraria araba, tra cui si annoverano Muhammad al-Busati (n. 1937), Gamal Ghitani (n. 1945), Sulayman Fayyad (n. 1929), Baha Taher (n. 1935) e Magid Tubiya (n. 1938). Oltre a loro, vi è ancora Sonallah Ibrahim (n. 1937) che, con il suo romanzo-dossier La commissione (2003), ha regalato un capolavoro e uno sguardo acuto non solo sulla società araba, ma anche sugli interessi politico-economici che muovono il mondo. Nelle loro opere, dominanti sono il tema dell'autorità e dell'oppressione socio-politica, che ha avuto come conseguenza la prigionia, l'esilio, l'emarginazione, la censura; inoltre, un secondo tema molto frequentato è quello dell'incontro-scontro Oriente-Occidente. Interessanti, in Egitto, sono per altro i più giovani autori quali Ahmad Mourad (n. 1978), con i suoi thriller tradotti in Italia Vertigo (2012) e Polvere di diamante (2013). Altrettanto interessanti sono scrittori che appartengono alle generazioni che di volta in volta sono state definite secondo i decenni in cui quei nomi sono emersi, tra cui Ezzat El Qamhawi (n. 1961), vincitore del Premio Nagib Mahfuz nel 2012. Ultimamente, la "Generazione del 2000" sta regalando grandissime soddisfazioni alla letteratura araba e, si potrebbe azzardare, internazionale.
Ciò che si è voluto sottolineare, qui, è che il movimento di traduzione dall'arabo all'italiano in questo periodo sembra più vivo che mai e che ad esso si accompagna un ulteriore sforzo critico. La speranza è che ciò possa continuare, e che la cultura e il desiderio di comprendere precedano altre motivazioni, frutto spesso dell'emozione seguita a luttuosi avvenimenti. Così come si auspica che quelle realtà del mondo arabo che finora non hanno destato l'attenzione come meriterebbero presto possano riuscirvi. Tra tutte, si potrebbero citare la letteratura sudanese con Amir Taj al-Sirr (n. 1960), che pure viene considerato a livello internazionale una figura di grande spessore, e la tunisina, tanto vicina ma neanche così conosciuta, con Habib Selmi (n. 1951), di cui è stato pubblicato nel 2013 il romanzo Gli odori di Marie Claire.
Dall'intero mondo arabo giungono numerose altre voci che, già molto apprezzate in patria e a livello internazionale, ora stanno iniziando a farsi conoscere in Italia. Molteplici, dunque, sono le tendenze e i singoli autori meritevoli di essere studiati e proposti al pubblico italiano. Per riuscire a districarsi in questo mare magnum, un utilissimo strumento di conoscenza e di aggiornamento sono il sito www.arablit.it e "La rivista di Arablit". Benché nata nel 2011, questa pubblicazione online (http://www.arablit.it/la_rivista_di_arablit.html) diretta da Isabella Camera d'Afflitto, ha già accolto sulle sue pagine articoli e recensioni in cui si registrano novità di rilievo e profili di scrittori del passato ma sempre moderni, nonché di autori e movimenti emergenti o di stringente attualità. Inoltre, il sito offre una completa bibliografia, anche critica, sulla letteratura araba contemporanea ed è in costante aggiornamento.
Da segnalare, poi, è il sito BASILI (Banca Dati sugli Scrittori immigrati in Lingua Italiana), della Sapienza Università di Roma, laddove ci si può avvicinare a un altro aspetto, anch'esso interessante, che la letteratura araba assume.
Mentre si chiudeva questo contributo, è giunta la notizia dell'assegnazione del Premio Internazionale per il Romanzo Arabo 2014 al giovane scrittore e poeta iracheno Ahmad Saadawi (n. 1973) per Frankstein a Baghdad, un'opera che racconta della difficile situazione post-Saddam in un paese dilaniato dalle ricorrenti violenze in cui gli uomini "fatti a pezzi" cercano di trovare disperatamente un modo per poter continuare a vivere.



Bibliografia essenziale di riferimento.

a) Volumi di carattere generale
Camera d'Afflitto I., Letteratura araba contemporanea. Dalla nahḍah a oggi. Nuova edizione, Carocci, Roma 2012 (ultima edizione).
Ruocco M., Storia del teatro arabo. Dalla nahḍah a oggi, Presentazione di Isabella Camera d'Afflitto, Carocci, Roma 2010.

b) Volumi su specifici aspetti
Barbaro A., La fantascienza nella letteratura araba, Presentazione di Isabella Camera d'Afflitto, Carocci editore, Roma 2013.
Camera d'Afflitto I., Cento anni di cultura palestinese, Carocci, Roma 2007.
Casini L., Paniconi M.E., Sorbera L., Modernità arabe. Nazione, narrazione e nuovi soggetti nel romanzo egiziano, Mesogea, Messina 2013.
D'Aimmo I., Palestinesi in Israele. Tra identità e cultura, Presentazione di Isabella Camera d'Afflitto. Con una nota di Luisa Morgantini, Carocci, Roma 2009.
Diana E., La letteratura della Libia. Dall'epoca colonia ai nostri giorni, Carocci, Roma 2008.

c) Altre pubblicazioni
Desire, Pleasure and the Taboo: New Voices and Freedom of Expression in Contemporary Arabic Literature, edited by Sobhi Boustani, Isabella Camera D'Afflitto, Rasheed El-Enany, William Granara, Fabrizio Serra editore, Pisa-Roma 2014, con figure in bianco/nero n.t. SUPPLEMENTI ALLA «RIVISTA DEGLI STUDI ORIENTALI» LXXXVII. 1, diretta da Mario Prayer.
Diana E., L'immagine degli italiani nella letteratura libica dall'epoca coloniale alla caduta di Gheddafi, IPOCAN, Roma 2011.
In un mondo senza cielo. Antologia della poesia palestinese (a cura di Francesca Maria Corrao), Giunti, Firenze 2007.
Italia-Egitto. Un secolo di letteratura, a cura di Isabella Camera d'Afflitto, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Sapienza Università di Roma, 2009.
"La rivista di Arablit", Anno II, n. 3, giugno 2012. Numero speciale dedicato a Nagib Mahfuz, reperibile su http://www.arablit.it/rivista_arablit/numero3_2012.html.
Parola di donna, corpo di donna: antologia di scrittrici arabe contemporanee (a cura di Valentina Colombo), Mondadori, Milano 2005.
Presenze della cultura arabo-islamica nell'editoria italiana, a cura di Isabella Camera d'Afflitto, 2 voll., Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Divisione Editoria, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 2000.
Salih Ruba, Musulmane rivelate. Donne, Islam, modernità, Carocci, Roma 2008.
The Arabic Literatures of the Maghreb, edited by Isabella Camera d'Afflitto, in "Oriente Moderno", XVII, 2-3, 1997.
Viviani P., Donne letterate e femministe arabe, in AA.VV., Letterature d'Oriente, prefazione di Franco Neri, Biblioteca Comunale Alessandro Lazzerini, Comune di Prato, Prato 2007, pp. 28-38.

 

Pubblicato il 20/04/2014