Maria Raffaella Cornacchia - Un Eicosimeròn digitale al tempo della pandemia

 

Gennaio 2021. Rientrate le classi, più o meno precariamente, al venticinque/cinquanta/ settantacinque percento – qualunque cosa ciò potesse significare per l’amministrazione scolastica italiana centrale, periferica o di ogni singola scuola –, però con il sollievo di rivedersi dal vivo e con un certo ottimismo di poterlo continuare a fare fino a giugno, iniziai quella che considero ormai da anni la “propedeutica” allo studio del Decameron: farne leggere dosi massicce alla mia terza (composta di sole ragazze), ma nella mediazione di versioni in italiano moderno, con l’auspicio che – rimuovendo l’ostacolo di una lingua come si sa saporosissima per i docenti, per gli studenti però oscuro enigma da “tradurre” quasi come il latino – ne derivasse per le giovanissime almeno il godimento della narrazione in sé. Dunque, prima le dieci novelle rielaborate da Bianca Pitzorno nel suo Dame, mercanti e cavalieri (Mondadori, Milano 2007), poi un’altra trentina – talvolta le stesse per un confronto – riscritte integralmente in italiano moderno da Luciano Corona in Decameron di Boccaccio (Fermento, Roma 2012).[1]

Man mano che si procedeva nella lettura, le studentesse elaboraboravano individualmente schemi o brevi testi scritti di riassunto, analisi mirata o commento, tra cui selezionavo i più meritevoli di “pubblicazione” nell’apposita sezione Decameron-classe III di un mio blog scolastico, ideato appunto come archivio di esperienze didattiche di ambito letterario: https://saperleggeresaperguardare.blogspot.com/search/label/Decameron%20-%20classe%20III.

La pandemia in corso imponeva peraltro, come immagino sia avvenuto in tutte le scuole, una riflessione più viva e partecipe sul significato dell’opera di Boccaccio, e in particolare su cosa potesse significare per noi, alunne e docente di lettere della 3A del Liceo delle Scienze Umane “Laura Bassi” di Bologna, raccontare e raccontarsi, su quale valore – di piacere, confessione, socializzazione o forse perfino salvezza – potesse ancora avere la parola pronunciata ed ascoltata nel gruppo chiuso e “scelto”[2] della classe.

Stavamo dunque riassumendo e commentando in classe le novelle di Pitzorno – nella prospettiva di ricostruire poi la struttura tematica delle giornate del Decameron e di rileggerne alcune nella lingua di Boccaccio – , quando nel mio micromanipolo mascher(in)ato si alzò una mano:

– Prof, e se inventassimo il nostro Decameron, con le nostre novelle da raccontare in classe?

L’idea mi parve bellissima: come rifiutare del resto un invito che viene, per una volta, direttamente dai discenti? In gioco, non solo l’interiorizzazione di temi e problematiche boccacciani, ma soprattutto l’educazione alla complessità, al pluralismo di punti di vista e all’ascolto.

Così, compiuto l’esame dei grandi temi dell’opera, le alunne scelsero a loro volta otto temi intorno ai quali incentrare le proprie novelle:

 

  1. paura,
  2. dolore,
  3. amore,

IV. caso,

  1. mondi fantastici,

VI. avventure di teen-agers,

  1. amicizia,
  2. storie divertenti.

 

Ciascuna studentessa si candidò a ideare una novella, di modo che ogni “giornata” ne includesse due o tre: l’autrice me ne doveva inviare per la revisione la versione scritta alcuni giorni prima della propria performance orale (di recitazione, non di lettura) davanti alla classe.

L’ordine delle narrazioni lo organizzammo sul modello boccacciano, in modo che si sviluppassero dagli argomenti più cupi a quelli più rassicuranti e gioiosi. Infine ci demmo un calendario: ognuna delle lezioni di letteratura italiana si sarebbe d’ora in poi aperta con la narrazione di una novella, così che ogni settimana fosse sviluppata una tematica. L’intero ciclo narrativo fu in effetti completato in circa due mesi, marzo e aprile.

Inizialmente si era pensato di filmare i racconti, per poi raggrupparli in brevi videoclip che ne includessero quattro o cinque, fino a realizzare una sorta di mini-serie del Ventinovelle di classe. Purtroppo, ci si rimisero di mezzo la pandemia e la didattica a distanza: solo pochissime di quelle narrazioni poterono essere realizzate in presenza, e per giunta con tutta la serie di barriere igieniche che, se doverosamente proteggevano la salute, certamente impedivano un contatto più diretto e umano.

La gran parte delle narrazioni, invece, si tenne per videoconferenza: da un canto, ciò ribadiva l’isolamento in cui tutti vivevamo in quel periodo, dall’altro però ci consentì di continuare a comunicare e a scambiarci idee anche quando sembrava più difficile farlo.

Così, mentre procedevamo nella lettura del Decameron letterario, esperivamo anche la sfida che la sua finzione comporta: sfida contro il male, la paura e la solitudine, sfida di trovare e mettere per iscritto le parole “giuste”, sfida di pronunciarle davanti a un pubblico[3], carpendone l’attenzione e l’interesse anche quando, dietro la barriera di uno schermo, è lontano e invisibile, se non come piccola icona a cui ci si rivolge nel silenzio dei microfoni tacitati per evitare l’eco di ritorno. Come in una galleria di ritratti di famiglia, nelle registrazioni di quei momenti conserviamo i volti, le voci, le interruzioni, l’emozione, il cimentarsi a superare la timidezza e l’occhio vuoto della telecamera…

In maggio, ritornate in presenza per parte dell’orario curricolare, seguì una fase di ri-costruzione, dalle narrazioni singole, di unità narrative più ampie, connesse sul piano logico-tematico e fruibili ciascuna di per sé. In tale operazione, occorreva anche tener conto del tempo massimo di attenzione di uno spettatore “virtuale” su Youtube, ovvero non oltre 15-20 minuti: dunque, bisognava rimettere mano all’ordine originale delle narrazioni affinché tale necessità pratica venisse contemperata con il mantenimento di una rigorosa struttura di senso. Furono le stesse studentesse, divise in gruppi, a decidere come riorganizzare, ritagliare e rielaborare le registrazioni “grezze” in quattro video-racconti, anch’essi archiviati – oltre che su Youtube – nella sezione Creatività-classe III del blog (https://saperleggeresaperguardare.blogspot.com/search/label/Creativit%C3%A0%20-%20classe%20III)

 

  1. Paura e dolore,
  2. Storie divertenti e avventure di teen-agers,
  3. Amore e amicizia,

IV. Caso e mondi fantastici.

 

Nel frattempo, avevamo redatto anche una versione digitale scritta del Ventinovelle: sfruttando la piattaforma online Bookcreator (https://bookcreator.com/), che offre strumenti gratuiti agli insegnanti che vogliano produrre libri digitali per le proprie classi, aprii un ebook in cui ogni narratrice trascrisse la propria novella, rispettando l’ordine stabilito nelle otto giornate e imparando a valorizzarla graficamente per renderla pienamente fruibile e accattivante per i lettori; inoltre, ne riportò i dati nell’indice finale, redatto secondo mie indicazioni preliminari.

Il Decamerone della III A  – ora pubblicato online in https://read.bookcreator.com/library/-MXx2zwVhXSDYy1lhn58 –  è stato inoltre arricchito e completato da tavole che ne illustrano i temi, frutto della creatività e della fantasia di alcune studentesse.

Facendo un consuntivo delle attività svolte – da quelle sui testi boccacciani pubblicate nel blog, ai videoclip caricati su Youtube, all’ebook poi donato alle famiglie e agli altri insegnanti –, va rilevato in primo luogo che la loro visibilità digitale ha accresciuto la motivazione e la gratificazione delle studentesse, non solo per l’apprezzamento scolastico che ne poteva derivare in sede di valutazione, ma soprattutto per il fatto di sentirsi protagoniste dei propri prodotti e responsabili della loro riuscita anche agli occhi di un (ipotetico) pubblico.

Ne è saltata fuori una ricca attività di Percorsi per Competenze Trasversali e Orientamento (PCTO), in cui, a partire dall’invito al piacere della lettura di un Classico, seguito però da una rigorosa attività di esegesi e riflessione storico-letteraria sulle sue forme, sono state sviluppate anche capacità espressive di story telling e story writing, intrecciate con alcune basilari grafiche, di utilizzo di strumenti digitali e soprattutto di lavoro in team e di costruttiva interrelazione.

Otto temi, venti novelle, tre mesi di narrazioni (e di pandemia): se, come crede Boccaccio, la PAROLA può salvare, noi ci abbiamo provato.

 

Schematizzo in quadro di sintesi le attività descritte e i loro tempi di realizzazione:

 

(a)   Dicembre-gennaio: lettura di almeno 30 novelle del Decameron in italiano moderno;

(b)  Gennaio:

◦      analisi delle novelle lette, confronto con 8-10 testi in versione originale, studio delle peculiarità dell’opera boccacciana, in particolare sul piano tematico-semantico;

◦      rielaborazione scritta delle analisi svolte e loro pubblicazione online in un blog;

(c)   Febbraio: organizzazione e predisposizione dell’attività di “narrazione creativa”:

◦      incontri con esperti sulle modalità di efficace esposizione orale (gestualità, voce, sguardo);

◦      scelta degli temi delle “giornate” narrative e loro ripartizione tra le novellatrici;

◦      indicazioni sui tempi di realizzazione dei testi scritti e della loro esposizione orale, con calendarizzazione delle attività individuali;

(d)  Marzo-aprile: composizione delle novelle per iscritto e loro recitazione alla classe, in parte in presenza, in parte in video-conferenza, con registrazione di ogni performance;

(e)   Maggio:

◦      realizzazione di quattro unità narrative in video-clip della durata di circa 20 minuti ciascuno, assemblati stabilendo una coerenza tematica interna, poi caricati su Youtube;

◦      composizione di un ebook, interamente realizzato dalla classe con i testi precedentemente elaborati e corredato da illustrazioni originali e da un indice ragionato;

f)     Giugno:

◦      pubblicazione degli esiti delle attività (videoclip ed ebook) sul blog dell’insegnante;

◦      divulgazione presso insegnanti e famiglie delle studentesse dei videoclip

 

18 0ttobre 2021

 


[1]In passato, suggerivo la versione di Aldo Busi, Il Decamerone di Giovanni Boccaccio, Rizzoli, Milano 2004, ma mi sono poi resa conto che la patina toscaneggiante costituiva ostacolo e non facilitazione per gli alunni, tanto che non ne capivano ad esempio la comicità veicolata dai giochi di parole.

[2]Cosa significa “scelto” in riferimento a una classe terza liceale? Non solo che la scuola ha proceduto negli anni precedenti a una “selezione”, ma soprattutto che c’è stata una “elezione” da parte degli alunni che hanno deciso prima di intraprendere e poi di continuare il loro percorso di studi, e che hanno di necessità condiviso dunque – dopo tre anni di frequenza scolastica assieme – conoscenze e impressioni,  esperienze ed emozioni. Si tratta di presupposti psichici indispensabili per l’ “esposizione” –  non solo e non tanto di contenuti di studio, quanto soprattutto di vissuti e fantasie, cioè di qualcosa di sé –  davanti agli altri membri del gruppo “chiuso”.

[3]Ringraziamo per i suoi preziosi consigli sull’esposizione orale e la recitazione il professor Michele Collina, che ha tenuto alcune lezioni in merito alla classe.