Cristina Nesi (ADI / SD) - Nuove modalità di lettura nella Media Education

 

Come cambiano dopo il Covid-19 le forme di ricezione e di trasmissione delle conoscenze nel nuovo ecosistema scolastico della didattica a distanza? Connessi in rete con le proprie classi, se lo sono chiesto con urgenza tutti gli insegnanti d’Italia che si sono trovati di fronte adolescenti intenti ad ascoltare lezioni live, a leggere e-book o fruire di file video e podcast a supporto della didattica a distanza. E come è meglio interagire con studenti prosumer, in grado di consumare ma anche di produrre creativamente materiali multimediali?

Con La cultura orizzontale il sapere colto, strutturato e organico delle scuole secondarie e delle università cede parte del suo spazio, come sottolineano Solimine e Zanchini (2020), al sapere diffuso, “orizzontale”, onnivoro, frammentato, che nell’età definita da Peter Burke dell’«esplosione della conoscenza» (2002) deve scansionare rapidamente, e dunque in superficie, numerosissimi testi. Così, nei nuovi spazi virtuali della didattica a distanza la sfida è proprio quella di portare gli studenti a leggere, ma tracciando poi analogie e compiendo ragionamenti induttivi o deduttivi: l’ostacolo maggiore è proprio recuperare a distanza una ricezione non passiva e il senso della complessità, due elementi indispensabili per l’emancipazione civile e ancor più essenziali se parliamo d’integrazione di studenti in situazione di svantaggio sociale e culturale oppure con background migratorio (il 5% circa in Italia secondo l’ultimo rapporto Eurydice del 2019).

Giorgio Manganelli ci ricorda che «Un libro non si legge; vi si precipita».[1]

L’aforisma ci regala la dimensione verticale della lettura e l’immersione in un mondo “parallelo”, complesso e strutturato in profondità.

«Un video YouTube, un post, una presentazione PowerPoint, un sito web, da soli, non creano mondi», ci ricorda Gino Roncaglia: possono indicarne l’esistenza, ma non consentono di entrarvi per esplorarli. Al contrario, «Un libro, un film, una serie televisiva, un videogioco ben strutturato, un’opera d’arte, sono invece – ciascuno a suo modo – porte d’accesso a universi complessi, e aiutano a costituire competenze legate alla complessità. Di queste competenze abbiamo estremo bisogno»[2].

Rafforzare la lettura di opere narrative è un utile contrappeso all’età granulare[3] originata dalla rete e un primo argine a quell’allontanamento dai libri (cartacei o digitali) delle giovani generazioni che, sebbene rimangano lettori migliori degli adulti, secondo i dati statistici leggono meno della generazione che li ha preceduti.

Che la lettura usurata sia una delle tangibili conseguenze dell’attuale connessione in mobilità dei ragazzi non deve stupire, dal momento che solo la scrittura resiste nel tempo, come chiarisce Michel de Certeau, di contro alla condizione “effimera” della lettura, influenzata dal gioco di troppe variabili.[4] Il mondo del racconto letto incontra il «mondo del lettore», a detta di Paul Ricoeur[5], ed entrano in gioco durante la lettura moltissime variabili, dal corpo allo spazio, dalla modalità di ascolto al contesto storico, oltre al rapporto con sé stessi e con la propria comunità.

Già nel 1961 con un certo sgomento Eugenio Montale notava una prima metamorfosi del lettore: «Si leggono sempre meno libri mentre è assai alto il numero di lettori di fogli periodici, giornali, riviste, manifesti murali e altra roba stampata. Ma i lettori delle pubblicazioni volanti, giorna­liere, non leggono: vedono, guardano. Guardano con un’attenzione fumetti­stica»[6]. Sarebbero stati solo i primi passi di una modificazione della lettura segnata dall’influenza del movimento e della visualità e che di lì a poco i testi elettronici avrebbero trasformato in una rivoluzione.

Non dimentichiamo che leggere è un’invenzione dell’uomo, non una sua attitudine naturale, come ci ricorda Maryanne Wolf[7], per cui il cervello nei secoli ha riplasmato sofisticati collegamenti fra i circuiti neuronali, in origine preposti a processi più basilari come la vista e la lingua, riuscendo così a superare la ripetitività della cultura orale e a consentire con la lettura la formazione di un sapere più creativo e più ricco.

Con la diffusione della cultura digitale ci troviamo nel bel mezzo di una nuova transizione di portata epocale per i parametri cerebrali, a detta di Wolf: in che modo la prodigiosa duttilità del cervello umano si adatterà adesso alla frammentazione ipertestuale dei link, alla predominanza delle immagini, all’attenzione intermittente e alla rapidità orale (anche se di un’oralità secondaria come chiarisce Walter Ong[8]) e fino a che punto tutto questo potrà avere implicazioni sulla dimensione sociale e sulla vita democratica condivisa?

Non c’è dubbio che la lettura non sia la sola a rivelarsi cambiata: con Spotify è cambiata la ricezione musicale, con le notifiche si preferisce attingere alle informazioni in modo personalizzato, con il podcast si è modificata la modalità di ascolto della radio, con i servizi on demand e lo streaming si è stravolta la fruizione dei canali televisivi.

Nell’ultimo ventennio è mutata la pratica formativa della lettura di libri, che richiedono «applicazione nella ricerca di relazioni con altre conoscenze ed esperienze», e che obbligano «a “stare sulle parole” per un tempo non breve. Ciò può accadere, ovviamente, anche in ambiente digitale, ma il fatto che in rete vi sia una grande quantità di contenuti facilmente accessibili e prontamente disponibili può farci credere che non ci sia bisogno di altro, che non valga la pena di perder tempo con strumenti lenti come i libri»[9]: definizione affidata da Solimine e Zanchini a un capitolo dal titolo significativo La mutazione digitale.

Uno stile di vita digitale accentua letture estensive di più testi in tempi rapidi e impegna spesso anche in più attività contemporaneamente, di contro alla lettura intensiva[10] di un’opera letteraria che richiede concentrazione e tempi ampi. Inoltre, le pratiche culturali in rete sono caratterizzate da una dimensione orizzontale non solo per la partecipazione ampia che internet consente grazie alla facilità di accesso e alla varietà delle offerte condivisibili, quanto per un approccio autonomo ai contenuti immediati della rete, preferito a qualsiasi forma di mediazione, che sia fornita dal semplice agente di viaggio oppure offerta dall’esperto in una specifica disciplina, da un giornalista, da un editore, da un bibliotecario, da un insegnante.

Tom Nichols, politologo dell’Harvard University, parla non a caso di un’età dell’incompetenza in La conoscenza e i suoi nemici,[11] visto il generalizzato rifiuto di affidarsi al parere qualificato di professionisti, ritenuti ormai indebitamente sostenitori di competenze elitarie e inutili. Perché leggere quotidiani e libri quando i social network comunicano velocemente notizie in tempo reale e quando la rete può soddisfare ogni nostra ricerca?

Per recuperare il piacere dell’“immersione” nel mondo dei libri Pennac[12] suggeriva un decalogo, che con il tempo è diventato uno slogan frustro in bocca a migliaia di docenti. Il decalogo rivendicava i diritti del lettore di non leggere, di saltare le pagine, di non finire, di spizzicare il libro…, tutte libertà che mal si conciliano con una società di squilibri socio-economici qual è la nostra italiana. Forse quei consigli possono essere utili per chi in casa vive comunque circondato da libri e può contare su famiglie che hanno letto novelle ai propri figli. Ma non possiamo dimenticare, come chiarisce Maria Antonietta Rubinich, «quanta emarginazione e manipolazione stiano dietro all'illusione della libera spontaneità di ricezione e di lettura»[13] e quanti ragazzi non hanno avuto nell’infanzia e non avranno da adulti altra occasione, se non a scuola, di potersi accostare ai libri.

Come conciliare, allora, l’incremento della lettura dei testi letterari con il piacere e come dare stimoli efficaci a chi è più svantaggiato?

Un metodo percorribile è affiancare in classe alla parcellizzazione antologica degli autori canonici la frequente lettura di opere integrali (e questo la scuola lo fa spesso), ma con l’accortezza di “svincolare” quelle opere dalla routine scolastica, visto il fallimento della lettura obbligatoria di almeno un testo di narrativa prevista dai Programmi del 1979: un fallimento dovuto sia al fatto che «nessun lettore può sopportare tempi sbagliati in relazione al proprio modo di affrontare la pagina scritta»[14], sia alla predilezione dei giovani di leggere testi letterari che non siano scolastici (e men che mai in edizione con tanto di note e laboratori finali), soprattutto se si tratta di lettori deboli.[15]

Dunque, testi integrali, letti con i propri tempi e letture svincolate dalla scuola: meglio leggere a casa o in un luogo qualsiasi, purché raccolto, e meglio se in una posizione comoda come insegna Calvino in incipit a Una notte d’inverno un viaggiatore: seduti, sdraiati, raggomitolati…

La lettura del testo integrale, in volume o in ebook, consente ai ragazzi di potersi esercitare nel lavoro complesso di assemblare tutti i dati strutturali (dall’incipit, alla partizione dei capitoli, alla trama, alla conclusione) con le dinamiche relazionali dei personaggi e con i richiami interni al testo.

Solo a lettura finita, ogni ragazzo potrà individuare una o più ‘parole chiave’ e selezionare dei brani significativi del libro da leggere ai compagni, per accendere così un debate sulle parole portatrici di senso (in rapporto anche a quelle scelte dagli altri) e sulle motivazioni dei passi individuati da ciascuno.

Sono i primi vagiti di una trasformazione della classe in una comunità di lettori ed è un modo per far «’stare sulle parole’ per un tempo non breve» e per cogliere le «relazioni con altre conoscenze ed esperienze», due componenti designate da Solimine e Zanchini come peculiari della lettura profonda e verticale di un libro cartaceo. In questo modo, la cultura orizzontale si può riappropriare della cultura verticale, l’unica in grado di organizzare e consolidare il sapere.

Se aggiungiamo anche l’interesse dei ragazzi per gli incontri con gli scrittori (in presenza o su Webinar), cui porre domande su determinate tematiche del libro o su come sono nate certe ambientazioni, la scelta del docente potrebbe optare per opere recentissime, consentendo così il confronto fra lo scrittore e gli studenti su problematiche scaturite dall’humus di una stessa ed estrema contemporaneità. Ma, in questo caso, la qualità dei libri deve essere sempre alta e non appiattita sulle pressioni degli scrittori attivi nel territorio, spesso editori di se stessi e a proprie spese.

Che sia proprio l’autore a leggere ad alta voce è fondamentale. Nessun attore potrebbe sostituire quella lettura, che è già una prima interpretazione dell’opera. Arriverà ai ragazzi attraverso il timbro, l’intonazione, il ritmo unico, le pause più o meno prolungate, l’assenza o la presenza di enfasi, il rilievo dato ad alcuni termini rispetto ad altri sui quali lo scrittore tende invece a sorvolare. A questa sottile attenzione dovremo abituare il loro ascolto. E a cogliere in classe le loro diverse impressioni su quella lettura d’autore.

Due brevi precisazioni in chiusura. La prima riguarda la Legge 15 del 13 febbraio 2020 Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura in G.U. 63 (10 marzo 2020), che arriva dopo un lungo iter iniziato al Forum del libro del 2013 e che impone un cambiamento profondo, dato che sollecita Patti locali per la lettura per mettere in sinergia tutti i soggetti impegnati nel contrasto alla povertà educativa e culturale del territorio. Suggerisce, inoltre, l’ascolto in classe di brani letti ad alta voce, in modo da dilatare i tempi dell’attenzione e da sollecitare la creazione di immagini mentali.

E, infine, promuove anche la fruizione di librerie e biblioteche nella speranza di aumentare il numero dei lettori abituali.

 

 

15 febbraio 2022

 


[1] G. Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Einaudi, Torino 1977, p. 101.

[2] G. Roncaglia, L'età della frammentazione, Laterza, Bari-Roma 2018, p. 203.

[3] L. Manovic, Il linguaggio dei nuovi media, trad. it. R. Merlini, Edizioni Olivares, Milano 2002.

[4] M. de Certeau, L’invenzione del quotidiano, trad. it. M. Baccianini, Edizioni Lavoro, Roma 2010.

[5] In Tempo e racconto, trad. G. Grampa, Jaca Book, Milano 1986.

[6] E. Montale, I libri nello scaffale, in Auto-da-fé. Cronache in due tempi, Milano 1966, p. 96.

[7] M. Robinson, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, trad. it. S. Galli, Vita e pensiero, Milano 2012.

[8] Cfr. Walter J. Ong, Oralità e scrittura, il Mulino, Bologna 1986, 2014.

[9] G. Solimine, G. Zanchini, La cultura orizzontale, Laterza, Bari-Roma 2020, Kobo ebook, cap. 9.

[10] Geoffrey Turnovsky parla di neo-intensive reading per riferirsi alla lettura tipica della forma romanzo, differenziandola dalla lettura ‘estensiva’ nata con l’industrializzazione dell’editoria del XVIII sec. e dalla lettura ‘intensiva’ di pochi testi dell’epoca precedente, Touched by an Author, in Precarious Alliances. Cultures of Participation in Print and Other Media, a cura di M. Butler, A. Hausmann, A. Kirchhofer, Bielefeld, Transcript Verlag, 2016, p. 137 e ss.

[11] Trad. it. C. Veltri, Luiss University Press, Roma 2018.

[12] Trad. it. Y. Mélaouah, Feltrinelli, Milano 1992.

[13] M.A. Rubinich, Alla ricerca del testo perduto. Contributo al dibattito sulla funzione dell’antologia italiana nella scuola secondaria, «Allegoria», 15 (1993), p. 89.

[14] R. Denti, Lasciamoli leggere. Il piacere e l’interesse per la lettura nei bambini e nei ragazzi, Einaudi, Torino 1999, p. 165.

[15] Cfr. O. Innocenti, La letteratura giovanile, Laterza, Roma-Bari 2000.