Analisi linguistica e retorica degli scritti di Aldo Moro

Strumenti digitali per l’edizione nazionale

Visita alla tipografia del periodico "Famiglia Cristiana"  Alba (Cuneo), 16 settembre 1959  Centro documentazione Archivio Flamigni, Fondo Aldo Moro, Fotografie

Il lavoro per l’elaborazione di un modello di analisi retorico-critica del testo di supporto ai criteri di Edizione dell’Edizione e in particolare al software della Fondazione Kessler è stato svolto dal dottor Matteo Largaiolli, a partire dal 15 aprile 2018 e fino al 15 aprile 2019, grazie ad un assegno di ricerca annuale bandito in cofinanziamento con l’Edizione Nazionale dall’Università di Trento e dalla Fondazione Bruno Kessler di Trento.

Il lavoro è stato organizzato sul piano filologico e sul piano linguistico. In particolare, si è concentrato su un’analisi qualitativa di parte degli scritti di Moro, contribuendo parallelamente alle riflessioni sulla lingua per l’edizione del testo. Un lavoro più orientato sui dati quantitativi e sull’analisi automatica del discorso potrà però essere possibile soltanto una volta che saranno resi disponibili i testi in formato elettronico e gli strumenti di interrogazione.

In questa fase quindi il dottor Largaiolli ha consultato soprattutto la bibliografia per orientarsi sui tratti della sua scrittura anche in rapporto alla lingua politica del Novecento; ha inoltre cercato di definire alcuni aspetti più strettamente filologici nell’uso di edizioni digitali e linguistica dei corpora. Più nello specifico, ci si è concentrati su un’analisi qualitativa sulla base dei testi giovanili.

Partendo dalla bibliografia sulla lingua e sul discorso politico di Moro è possibile collocare la sua scrittura nel panorama della lingua politica novecentesca. I testi dedicati nello specifico alla lingua di Moro non sono moltissimi (ad es. Desideri 1989, Desideri 1998, Di Donato 2014), ma da essi si ricava un panorama piuttosto coeso. Il tratto emergente con più evidenza è quello di una sostanziale “complessità” linguistica, ammessa anche da lettori attenti e intesa in senso neutro, per distinguerla da una più banale valutazione di “oscurità”, intesa in senso deteriore; la ricerca più recente tende infatti a collegare la complessità discorsiva di Moro con la necessità di descrivere una realtà che vedeva complessa, più che come mero tratto di stile o come discorso dichiaratamente sfumato, secondo alcuni luoghi comuni favoriti anche dalla contrapposizione politica. In Moro, come in generale nel discorso politico, la comunicazione non può prescindere dalle circostanze concrete. Un dato essenziale appare la consapevolezza linguistica, che accomuna Moro, per altro, ad altri esponenti politici del suo tempo (sicuramente De Gasperi; probabilmente anche Nenni e Togliatti).

Piuttosto equilibrato è il rapporto tra creatività linguistica e aderenza alla lingua del suo tempo. In particolare, sono state messe in luce dalla critica alcune neoformazioni di Moro e una certa capacità di apertura alla modernità, soprattutto dopo il 1968 (cfr. ad es. Di Donato 2014); ma probabilmente, a quanto appare dalla lettura dei testi giovanili, anche il lavoro con le riviste e le associazioni ha influito nella formazione di un bagaglio lessicale contemporaneo e creativo. Per riportare alcuni esempi noti, Desideri 1989, 8 segnala tra «le formule coniate dallo statista» accordo programmatico, che però appare anche nel De Gasperi degli anni Venti; Mastrogregori 2016, 61-62 nota che Moro usa «parole rarissime, come esclusivismi, accettevole, infrenarsi, e ne inventa addirittura di nuove come euforismi, eterogoverno (parola che il dizionario del Battaglia ancora oggi non registra)». Si tratta di forme che proprio per la loro rarità dimostrano anche il legame di Moro con la tradizione linguistica a lui contemporanea o precedente: esclusivismo, accettevole, infrenare (non rifl.) sono usati più volte anche da De Gasperi, fin da giovane, ma anche nei testi legati alla Democrazia Cristiana dei tardi anni Quaranta; così, di eterogoverno c’è una debole traccia in testi di diritto della prima metà del Novecento. Non si tratta necessariamente di derivazioni dirette; e, in contesti diversi, possono avere accezioni diverse – ma indicano una continuità, una condivisione di lessico e di idee, oltre che una capacità di assimilare lessico e concetti complessi e riutilizzarli in modo personale.

Molti spunti di analisi lessicale di questo tipo sono venuti dal confronto con i curatori dell’edizione. Uno spoglio ancora parziale ha permesso, ad esempio, di verificare come Moro si avvicini per molti aspetti alla tradizione giuridica ed amministrativa (ad esempio nella presenza di un alto tasso di termini astratti; di un lessico connotato come burocratico e formale: esito, esigenze, determinare; di un andamento sintattico che fa ampio ricorso al passivo), e alla tradizione cattolica e democristiana (ci sono ad esempio alcune tangenze lessicali con De Gasperi, ma anche con gli ambienti filosofici della neoscolastica).

Dall’analisi dei testi giovanili è emersa inoltre una certa attitudine che potrebbe definirsi “didattica”. Nei suoi testi spesso Moro dimostra una volontà di stabilire i punti fermi del discorso, in modo da permettere di seguirlo – anche al di là di una sintassi complessa e che in effetti rende difficile il testo a una prima lettura, soprattutto per l’uso massiccio di incisi, frasi relative, specificazioni, spesso dense di significato per i riferimenti alla tradizione culturale, filosofica, giuridica, cristiana. Moro, inoltre, fa ampio ricorso a ripetizioni, riformulazioni e riprese, in modo da ribadire il tema e garantire così continuità al discorso. Si tratta per certi aspetti di un tentativo consapevole di mediare la complessità, e che dimostra la volontà di Moro di trovare una forma espressiva fortemente logica e attenta a farsi capire – un tratto cioè fortemente “politico” nel senso di comunicazione con il pubblico. Gli scritti giovanili sembrano quindi configurarsi come un laboratorio, un’occasione per provare modalità linguistiche e attitudini discorsive che poi Moro potrà adottare anche in altri contesti.

Gli strumenti di interrogazione elettronica permetteranno quindi un lavoro di analisi, soprattutto per la misurazione di alcuni tratti retorici proprio di questa modalità didattica (ripetizioni, varietà lessicale, complessità). Quando sarà disponibile un corpus di testi sufficientemente ampio per svolgere confronti tra generi, occasioni di scrittura e periodi diversi, sarà quindi possibile anche valutare e verificare i fenomeni di continuità e di cambiamento nella comunicazione.