Sport e speranza | La storia della Squadra Olimpica dei Rifugiati

Lo sport come occasione di 𝗿𝗶𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲𝗻𝘇𝗮 grazie alla Squadra Olimpica dei Rifugiati.

Pubblicato il 28 aprile 2025

"Un rifugiato è qualcuno che è stato costretto a fuggire dal proprio Paese a causa di persecuzioni, guerre o violenze".
Questa è la definizione di rifugiato data dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Secondo il rapporto Global Trends del 2024 dell’UNHCR, agenzia Onu per i rifugiati il numero di persone che sono state costrette alla fuga dal loro paese ha toccato i 120 milioni nel maggio 2024. Il mondo sta affrontando una serie di crisi umanitarie che porta decine di migliaia di persone ad abbandonare il proprio paese per cercare una nuova casa in un nuovo Paese. Per il nostro lavoro abbiamo avuto la possibilità di immergerci nelle storie e nella vita di due atleti che fanno parte del Refugee Olympic Team, Amelio Castro Grueso e Hadi Tiranvalipour. Amelio si allena nella palestra del Centro Sportivo di Polizia di Tor di Quinto a Roma. Hadi invece, si allena sempre a Roma, ma al Centro di Preparazione Olimpica Giulio Onesti. Questi due ragazzi grazie allo sport e all’Italia hanno avuto la possibilità di rimettersi in gioco e di continuare a sognare. Andiamo a scoprire la storia del Programma Olimpico dei Rifugiati e chi ne fa parte.

Uno degli elementi che può garantire sicurezza e speranza per i rifugiati è sicuramente lo sport, che per definizione è quell’attività che permette di sviluppare le capacità fisiche e psichiche degli individui. Dalla necessità di fornire certezze e permettere ai tanti sportivi rifugiati di coltivare il sogno olimpico. Nel 2015, durante l’Assemblea della Nazioni Unite, il presidente del Comitato Olimpico Internazionale (CIO), Thomas Bach, annunciò la creazione della Squadra Olimpica e Paralimpica dei Rifugiati per i Giochi di Rio de Janeiro 2016 anche per portare l’attenzione sulla crisi globale dei rifugiati e agire come simbolo di speranza per tutti coloro che vivono in questa condizione.

Nel marzo del 2016 il Comitato Esecutivo del CIO ha ufficialmente deciso di creare la squadra dei rifugiati per fornire ai potenziali atleti d’élite, in condizione di rifugiati, la possibilità di qualificarsi e partecipare ai Giochi Olimpici. Il presidente Bach affermò: "Accogliendo la squadra degli Atleti Olimpici Rifugiati ai Giochi di Rio 2016, vogliamo mandare un messaggio di speranza a tutti i rifugiati del mondo".

Un ruolo fondamentale per la creazione e la realizzazione di questo progetto lo ha avuto il diplomatico italiano Filippo Grandi, Alto Ufficiale delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha creduto fortemente in questo progetto che dal 2016 al 2024 è cresciuto notevolmente permettendo ad un numero sempre maggiore di atleti di partecipare ai Giochi Olimpici e Paralimpici. UNHCR e Onu hanno cercato di collaborare con i vari Comitati Olimpici e Paralimpici Nazionali per portare avanti questa idea e garantire ospitalità e possibilità di allenamenti per i rifugiati presenti nel proprio Paese. Questo ha permesso a Grandi di ricevere l’Alloro Olimpico, un premio del CIO che onora i risultati in materia di istruzione, cultura, sviluppo e pace attraverso lo sport.

La composizione della Squadra Olimpica e Paralimpica dei Rifugiati si è basata su una serie di criteri, in primo luogo le prestazioni sportive. Quasi tutti gli atleti sono stati selezionati dal programma di borse di studio per atleti rifugiati del Comitato Olimpico Internazionale.  Il CIO collabora con i comitati olimpici nazionali ospitanti per individuare gli atleti rifugiati che vivono nei loro Paesi e che possono beneficiare di borse di studio.
Le borse di studio sono pensate per aiutare gli atleti rifugiati ad allenarsi, non solo con l’obiettivo di partecipare alle Olimpiadi, ma anche per sviluppare la loro carriera sportiva e costruire il loro futuro. La squadra è scelta dal CIO, mentre le borse di studio sono gestite dalla Fondazione Olympic Refugee (ORF), istituita dal CIO per fornire un sostegno costante ai rifugiati attraverso lo sport. Lo status di rifugiato dei membri della squadra viene verificato dall’UNHCR, che controlla tale condizione con il governo del Paese ospitante. La squadra rappresenta la popolazione in fuga nel mondo e si tiene conto di una distribuzione equilibrata di sport e genere, nonché della distribuzione geografica dei Paesi di origine.

Come già annunciato, il team olimpico dei rifugiati ha fatto la sua prima apparizione ai Giochi Olimpici di Rio de Janeiro del 2016 con una squadra composta da dieci atleti, sei uomini e quattro donne. In questo team erano presenti atleti dal Sudan del Sud, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Siria. Gli sport a cui questi atleti parteciparono furono tre: nuoto, judo e atletica.

Ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020, che si sono disputati nel 2021, il numero di atleti partecipanti con il Team dei Rifugiati è aumentato da 10 a 29, con 19 uomini e 10 donne. A Tokyo gli atleti dell’EOR (Équipe olympique des réfugiés) provenivano da undici paesi (Afghanistan, Iraq, Siria, Sudan del Sud, Camerun, Iran, Repubblica del Congo, Venezuela, Sudan, Eritrea e Repubblica Democratica del Congo) ed hanno gareggiato in ben dodici discipline.

Infine alle scorse Olimpiadi di Parigi 2024 sono stati convocati 37 atleti, di cui 24 uomini e 13 donne. Le nazioni rappresentate sono state sempre undici (Repubblica del Congo, Sudan, Sudan del Sud, Eritrea, Siria, Etiopia, Iran, Camerun, Afghanistan, Cuba e Venezuela). Durante i Giochi di Parigi il Team dei Rifugiati ha vinto anche la prima medaglia della sua storia, di bronzo, con la camerunense Cindy Ngamba.
In questo team erano presenti anche due atleti iraniani che hanno ricevuto ospitalità in Italia, il taekwondoka Hadi Tiranvalipour e il lottatore Iman Mahdavi.

Sempre dai Giochi di Rio de Janeiro 2016 esiste anche il Team Paralimpico dei Rifugiati che in Brasile ha visto la partecipazione di due atleti. A Tokyo erano presenti in sei, infine, a Parigi erano in otto tra cui, per la prima volta, un atleta residente in Italia, Amelio Castro Grueso, originario della Colombia e praticante della scherma in carrozzina.

Soffermandoci sull’esperienza parigina dei due ragazzi che abbiamo avuto la possibilità di intervistare vediamo che Hadi Tiranvalipour ha partecipato ai Giochi nella categoria -58kg ed è stato sconfitto al primo turno dall’atleta palestinese Omar Ismail Yaser per 2-0. Amelio Castro, invece, ha disputato sia il torneo di sciabola che quello di spada nella categoria B. Nel tabellone di sciabola ha perso all’esordio, ha vinto un turno di ripescaggio ed è stato eliminato al secondo turno di ripescaggio. Nella spada, sua arma preferita, ha vinto al primo turno, ma è stato fermato al secondo turno di ripescaggi dal cinese Daoliang Hu.
Questi risultati non precludono il fantastico lavoro di questi due ragazzi che hanno già messo nel mirino Los Angeles 2028 per andare a caccia dell’alloro olimpico.


📸✍️🎥 Foto, testi e video sono stati realizzati da Claudio Maraglino, Martina Rizzoli e Sara Scheda