La storia di 𝗔𝗺𝗲𝗹𝗶𝗼 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗿𝗼 partito dalla Colombia, accolto in Italia e a caccia del sogno Olimpico
Pubblicato il 02 maggio 2025 | Video
All’anagrafe Amelio Castro Grueso, classe 1992, nato in Colombia e ormai dal 2022 stabilmente residente a Roma. Questi i dettagli salienti dell’avventurosa vita di Amelio, uno degli 8 atleti selezionati per gareggiare nel programma della Squadra Paralimpica dei Rifugiati alle Olimpiadi 2024 di Parigi.
Quello che più colpisce della sua storia, oltre all’estrema vitalità con cui ce la racconta, è sicuramente l’appellativo “fortuna” con cui definisce la serie di sventure che gli sono capitate prima del suo arrivo in Italia, tra cui l’incidente stradale a soli vent’anni che gli fa perdere l’uso delle gambe e lo costringe alla carrozzina. Questa “fortuna”, come la chiama lui, è stata il motore di ricerca personale con cui Amelio ha preso in mano la sua vita e, con lo spirito vitale di una fenice, è rinato dalle sue stesse ceneri.
Dalla Colombia alla pedana paralimpica: la storia di Amelio Castro è un intreccio di coraggio, fuga e rinascita. Con una maschera da scherma e un sogno chiamato Los Angeles 2028, ci racconta cosa significa trasformare una difficoltà in forza. Scopri la storia di Amelio Castro: guarda l’intervista completa su YouTube 🎥✨
Amelio nasce nel 1992 in Colombia, in un piccolo paesino nella regione del Cauca chiamato Calle Larga. La sua infanzia è quella di tanti ragazzi colombiani durante gli anni ‘90. A quel tempo la Colombia si stava piano piano rialzando da una guerra civile molto feroce che aveva messo in ginocchio l’intera popolazione. La disoccupazione era altissima e il governo, grazie all’aiuto degli Stati Uniti, stava cercando di liberarsi una volta per tutte del traffico di droga che stava comandando il Paese ormai da decenni.
Amelio cresce in un clima di grande umiltà e sacrifici, della sua infanzia però ci parla con grande gioia, dandoci un’enorme lezione: nonostante le ristrettezze in cui è vissuto, l’unione tra le persone e il grande senso di comunità hanno reso i suoi ricordi lieti e quello che ci trasmette è per noi occidentali il senso di qualcosa ormai lontano e perduto. In adolescenza tutto cambia drasticamente, prima viene a mancare sua madre, poi a vent’anni accade l’incidente stradale che lo renderà paraplegico.
Il suo tono si fa più duro e ci racconta come la sua famiglia dopo l’incidente lo abbia abbandonato in ospedale e non si sia curata di lui. In questo frangente molto doloroso però sente di dover trovare uno scopo alla sua esistenza, qualcosa che lo sollevi e sollevi chiunque possa ritrovarsi nella sua stessa condizione. Così, prima di tutto torna a credere fortemente in Dio, si affida alla religione e trasforma il suo dolore in qualcosa di più grande. Subito dopo decide di voler raccontare la sua storia e un giorno scrivere un libro, ma prima gli serve un obiettivo che non sia il semplice rialzarsi, così tenta diversi sport, tra cui il basket a cui giocava quando era bambino, senza però trovare la sua vera vocazione.
Nella sua ricerca di senso, prova una lezione di scherma e da lì è amore a prima vista. Dopo aver ottenuto i primi risultati, partecipa a una gara di selezione per entrare nella Nazionale di Scherma colombiana. Il suo sogno però mirava già oltreoceano, infatti durante una tappa di Coppa del mondo di Spada in Colombia conosce l’allenatore italiano Daniele Pantoni che gli consiglia di chiedere aiuto alla Federazione Italiana di Scherma e di trasferirsi a Roma, ma a causa del Covid19 i piani saltano e passa altro tempo.
Nel 2022 sotto sua iniziativa arriva in Europa con nessuna certezza in mano e un enorme coraggio per aver abbandonato la sua vecchia vita nella speranza di un futuro migliore. Ricontatta Daniele Pantoni che in quel momento si trovava in Australia per lavoro e poco dopo viene accolto a Roma, alloggia prima alla Caritas poi in un Centro di Accoglienza a Centocelle. Chiede asilo politico e da lì inizia ad allenarsi al fianco della Nazionale italiana insieme a nomi celebri come Rossella Fiamingo, Alberta Santuccio e Edoardo Giordan.
Le Olimpiadi di Parigi 2024 hanno dato la possibilità ad Amelio di esordire ai giochi paralimpici. L’esperienza al Villaggio Olimpico è felice, impegnativa a causa dei ritmi molto serrati, ma soddisfacente e con ottime prospettive per il suo futuro di atleta a tempo pieno. Ad oggi Amelio, si allena nella palestra del Commissariato di polizia Tor di Quinto insieme alla Nazionale italiana. La grinta nei suoi allenamenti non manca, così come la sua immensa umiltà e la voglia di imparare da chi naviga nel mondo della scherma da molto prima di lui. Le Olimpiadi di Los Angeles 2028 sono in vista e lui lo sa bene.
Quale modo migliore per incitare i giovani a seguire i propri progetti se non con il motto: “Sognare, lottare e perseverare”. Questo è il consiglio che Amelio ci indica per realizzare le nostre vite e noi lo riportiamo qui fedelmente. Non demordere se la strada sembra lunga e tortuosa, rimanere concentrati e lanciarsi coraggiosamente nel vuoto, confidando nel destino pronto a tenderci la mano e portarci in salvo. Con grande passione ci confida che tra 10 anni si immagina profondamente coinvolto nel ruolo di mental coach per ispirare principalmente i giovani a credere in sé stessi e nei loro sogni. Spera di scrivere altri libri, così come scrivere con le gare e gli allenamenti costanti la sua storia di atleta professionista.
A un certo punto durante l’intervista torniamo a parlare della Colombia, “ti manca la tua terra?” e senza esitazione Amelio ci risponde con aria nostalgica “sì, Colombia è casa”. Dalle sue parole capiamo quanta vita si sia intromessa tra lui e le sue radici, quanto abbia lottato per portarsi dietro la sua felicità dall’altra parte del mondo e ricostruirsi una vita da zero. Nella sua “specializzazione all’università della vita”, come l’ha definita lui sorridendo, termina dicendo che se ce l’ha fatta, se si è salvato, è perché non ha mai smesso di lottare per la sua crescita personale, è ed è sempre stato uno studente umile e attento di fronte al mondo.
Conclude questa meravigliosa intervista dicendoci con il cuore in mano che se avesse la possibilità di rincontrare sua mamma la abbraccerebbe e le direbbe: “Grazie, adesso ho capito tutto”.