Gli studiosi di quest'area sono impegnati nella riflessione giuridico-normativa e nella riflessione morale in riferimento al dibattito contemporaneo sui dilemmi, sui conflitti e sulle criticità emergenti dalla diffusione e dall'impiego delle nuove tecnologie biomediche e dallo sviluppo scientifico.
Si tratta di un'area interdisciplinare, nella quale convivono diversi e correlati livelli di discorso e di indagine nell'ambito della medicina, della genetica, della biologia molecolare e delle scienze della vita in generale.
Inoltre, gli studiosi dell’area di Bioetica sono parte del Centro studi di Medical Humanities, di costituzione recente, che tra i suoi obiettivi si pone quello di ricomprendere la salute nella sua dimensione interdisciplinare, come condizione nel contempo clinica ed esistenziale, colta nelle sue forme di garanzia e di tutela.
L'area della Bioetica è articolata nelle seguenti linee di ricerca
Il termine “Bioetica” deriva, come è noto, dall'angloamericano Bioethics, un neologismo coniato dal medico e oncologo Van R. Potter nel 1970, divenuto successivamente di uso pubblico dopo il 1971, l'anno di pubblicazione dell'opera più importante di questo ricercatore Bioethics: Bridge to the Future. Nel 1978 fu pubblicata la Encyclopedia of Bioethics, un'opera che consentì la diffusione di questa disciplina, avviandola verso l'unificazione in un'unica materia, caratterizzata, comunque, dall'esistenza di una matrice interdisciplinare dove Medicina, Giurisprudenza, Biologia, Psichiatria e Filosofia Morale contribuiscono allo sviluppo e alla vita di intensi dibattiti di dominio pubblico, di cronaca e di tipo politico. Per riconoscere e definire i differenti diritti coinvolti nei diversi ambiti della bioetica, occorre chiarire qual è la collocazione che i diritti hanno avuto nella riflessione etica. Così, una delle linee di riflessione più ampiamente percorsa è stata quella che si è chiesta quanto sia legittimo accettare come fondamentale il riconoscimento di una serie di diritti naturali delle persone. L'idea dell'esistenza di diritti naturali assoluti pone comunque il problema di definire quali siano questi diritti, soprattutto nelle società pluraliste attuali, e di risolvere le situazioni in cui persone con diversi diritti da far valere possono entrare in conflitto. Le vicende della Bioetica mostrano che spesso quello che è in discussione è il riconoscimento di qualche diritto morale, indipendentemente da una vera e propria codificazione giuridica di quel diritto, perché si tratta di disaccordi tra persone che avanzano diritti contrastanti per quel che riguarda la nascita, la morte, la cura. Il linguaggio dei diritti moralmente intesi, per avviarsi sulla strada di un riconoscimento giuridico, richiede criteri di valutazione etica condivisi che permettano di far fronte ai disaccordi laddove diversi soggetti avanzano pretese all'uno o all'altro diritto. D’altro canto, una teoria etica dei diritti tocca con mano le difficoltà di risolvere compiutamente al suo interno i casi specifici in cui individui reali si trovano a dover decidere personalmente su ciò che è bene o giusto fare, e parte della normatività in gioco (nei codici o nelle sentenze) nell'affermazione di questi diritti morali è da rivedere anche in funzione alle condizioni sociali ed economiche, affinché sia consentito a tutti gli individui di scegliere liberamente il proprio stile di vita da realizzare nei modi ad essi più consoni per il perfezionamento personale. L'emergere di questioni e, soprattutto, di conflitti morali riguardo materie di rilevanza pubblica, come le problematiche bioetiche, richiede decisioni politiche inerenti i diritti e i doveri dei cittadini e il rispetto dei diritti di qualsiasi altro soggetto ne sia ritenuto depositario. Inoltre, negli ultimi decenni la società ha conosciuto trasformazioni così profonde e rapide da determinare il proliferare delle richieste di nuovi diritti che hanno fatto emergere la necessità, sul piano teorico e filosofico, di disporre di un solido impianto normativo e deontologico sia per giustificare la portata dei diritti sia per tutelarli e garantirne l’esigibilità.
Con il termine e-Health si intende l’insieme di tutti quei servizi e strumenti utili al paziente-utente nella gestione della salute, che hanno anche l’obiettivo di migliorare le procedure e collegare tra loro gli attori della sanità pubblica: pazienti, medici, ospedali, personale di cura. Il perimetro dell’eHealth è vastissimo e difficilmente delimitabile: va da strumenti di telemedicina e telecare, a strumenti (istituzionali e non) per la conservazione e condivisione dei dati sanitari, quali cartelle cliniche, dossier sanitario, fascicolo sanitario elettronico (EHR) e Personal Health Record (PHR) fino alle numerosissime applicazioni per dispositivi mobili (il c.d. m-Health) e agli strumenti del web 2.0 per la pubblicazione di informazioni online (siti, blog, social network, ecc.). Nell’ultimo decennio tale informatizzazione della medicina ha compiuto enormi passi in avanti e sono emerse questioni etiche e giuridiche sempre più urgenti. La ricerca in questo campo ha trovato terreno fertile per una serie di questioni classiche declinate in un ambito nuovo, ma si è imbattuta anche in problematiche completamente inedite. Tema centrale è, innanzitutto, l’estensione dell’empowerment del paziente – che diventa figura centrale nella relazione di cura avendo la possibilità di gestire personalmente le informazioni che lo riguardano, compiere delle scelte ad ogni fase del proprio percorso di malattia, monitorare i suoi esami e le opzioni mediche, disporre di un’autonomia non solo di principio, ma fortemente concreta. A ciò si accompagna l’esigenza sia etica sia giuridica di fornire un’adeguata educazione all’uso delle nuove tecnologie e di promuovere una comunicazione il più possibile “etica” tra medico e paziente nella prospettiva del ripensamento della relazione di cura. Altre questioni di rilievo sono quelle che riguardano i) la sicurezza nella gestione e trasmissione dei dati sanitari; la tutela della privacy del paziente nel rispetto delle sue volontà; ii) l’adozione delle tecniche di privacy by design, privacy by education, e privacy by regulation nello sviluppo di tecnologie e-Health e per la sensibilizzazione del paziente-utente; iii) l’attenzione sui livelli di responsabilità in ambito sanitario e strategie per l’analisi e la gestione dei rischi.
Infine, è importante notare come l’ e-Health in generale sia veicolo per una valorizzazione del patrimonio informativo: ogni informazione può essere trattata ed elaborata o aggregata, creando così nuove evidenze. I Big Data rappresentano l’esempio più lampante.
I temi della disparità nell’accesso alle cure e alle risorse sanitarie, nonché della fiducia del paziente nell’utilizzo delle nuove tecnologie sono di natura interdisciplinare, abbracciando questioni di carattere etico, giuridico e sociologico. La ricerca bioetica, etica e giuridica in questo campo incontra quella sociologica ed antropologica, garantendo alla riflessione che ne scaturisce ampio respiro.
Le questioni biomediche al centro del dibattito bioetico contemporaneo riguardano: (a) l’inizio della vita, dunque temi quali sessualità e riproduzione, fecondazione assistita aborto, diagnosi preimpianto e sperimentazione sul genoma e sugli embrioni, test genetici predittivi, ricerca sulle cellule staminali embrionali; (b) la fine della vita, dunque l’assistenza al malato cronico, terminale e al paziente in stato vegetativo; l’accanimento terapeutico; l’eutanasia e il suicidio assistito; il rifiuto delle cure e dei trattamenti di sostegno vitale, i trapianti di organo, le cure palliative e le direttive anticipate; (c) l’etica della sperimentazione scientifica in campo medico e sugli animali, nonché il ruolo dei comitati etici; (d) l’ingegneria genetica e le tecniche di clonazione umana e animale; (e) l’accesso e la distribuzione delle risorse sanitarie secondo criteri di equità e giustizia. Tali questioni possono essere rivisitate se si mette in primo piano la discussione pro o contro il riconoscimento di uno specifico diritto, così, per quanto riguarda la fine della vita umana, si tratta di accettare la legittimità di un diritto a morire; per quanto riguarda la nascita e l’inizio della vita, si tratta di ricostruire i modi di formulazione per un diritto alla libertà procreativa; per quel che concerne la questione della sperimentazione sugli embrioni, il diritto a cui si è fatto riferimento nell'ambito delle discussioni è quello delle generazioni future, o dei singoli individui, ad un'integrità genetica; e larga parte delle discussioni sui criteri più giusti di distribuzione delle risorse per la cura medica, in presenza delle nuove esigenze e delle nuove possibilità che si sono aperte con lo sviluppo della medicina e della biologia, ha coinvolto la questione del riconoscere o meno ad ogni individuo umano il diritto ad un livello minimo di cure sanitarie.
I teorici dei movimenti animalisti sostengono che per determinare lo statuto etico di un individuo e il grado di rispetto dovutogli non si possa fare appello al concetto di specie. Peter Singer sostiene che non sono le specie ad avere diritti o ad avere in generale valore, ma solo gli individui e non perché appartengono a una specie ma perché sono di fatto forniti di certe caratteristiche eticamente rilevanti. Secondo alcuni animalisti la convinzione errata che esista un salto ontologico tra l'uomo e l'animale nasce dalla scomparsa di specie intermedie tra l'uomo e gli animali superiori. I neodarwiniani, infatti, presentano l'evoluzione come un immenso continuum, in cui non vi sono né specie né generi. Gli animalisti mettono in discussione la presunta superiorità dell'uomo, negando l'esistenza di un salto qualitativo rilevante che distingua in modo netto l'uomo dalle altre specie animali. Le ragioni di tali movimenti vanno comprese e approfondite perché un confronto con le prospettive di questi autori può, da un lato, risvegliare una coscienza animalista e, dall'altro, correggere alcuni estremismi propri di questi nuovi movimenti culturali. La Bioetica ambientale sostiene una visione del pianeta come unità fisico-biologico-antropologica e fa sì che la nostra relazione con la natura non possa venire concepita in maniera riduttiva e separata. Gli ecologisti negano qualsiasi possibilità di comparare il valore di vita dei diversi esseri viventi. Uno dei più convinti assertori di questo principio è A. Naess, che si fa promotore di una ecologia cosmocentrica, profonda (deep ecology), contrapponendola a quella antropologica, superficiale (shallow ecology). Dunque, l'etica ambientale si è spinta a considerare se la categoria dei pazienti morali non possa essere allargata al di là dei confini della specie umana, e, alla visione dell'etica che ne restringe i confini di applicazione alla specie umana e alle relazioni tra gli uomini, è stata rivolta una nota critica, quella di "specismo". In particolare, ci si chiede se l'attività teleologicamente orientata degli organismi biologici e se la capacità degli ecosistemi di produrre e di riprodurre autonomamente le proprie forme di organizzazione non siano tutti requisiti anch'essi moralmente rilevanti. Se cosi fosse, sarebbe plausibile supporre che chi possiede tali requisiti sia beneficiario di un rispetto a lui dovuto dagli "agenti razionali" e discutere sui criteri di queste nuove considerazioni morali.