Vanni Schiavoni

Nato a Manduria nel 1977, vive a Bologna. Ha pubblicato le raccolte poetiche “Nocte. Nascita di un solstizio d'inverno” (Firenze Libri, 1996), “Il balcone sospeso” (Lisi editore, 1998), “Di umido e di giorni” (Lietocolle, 2004), “Salentitudine” (Lietocolle, 2006), “Guscio di noce” (Lietocolle, 2012).

Ha curato l'antologia poetica “Rosso. Tra erotismo e santità” (Lietocolle, 2010).

Ha pubblicato i romanzi “Come gli elefanti in Indonesia” (LiberArs, 2001) e “Mavi” (Emersioni, 2019).

Anche tu

 

Anche tu sei una che dice
approssimativamente di sé
di essere attenta a non sprecarsi
nelle lunghe file del casomai
con quella solita incertezza
che al movimento intermittente del dubbio
e alla paura a noi più adatta
ci abitua.
Ma è una splendente bugia
è il moto dell’apparire
che manovra  vite prendendo a grappoli
identità e archetipi e spande polvere
sulle nostre traiettorie di volo
e sui nostri tessuti.

Cola l'antidoto alla modernità
dalle tue cosce.

 

(Inedito)

Siccome a strappi

 

Siccome a strappi
su una rotta sconosciuta si procede
e senza presunzione nelle vele
e il detto col non detto si corrode
nel mezzo che la fuga ormai rallenta
evasi con la voglia di rientrare
ma precari nel vestire le accezioni
che l'abbandono all’ emozione ci concede
lasciamo che basti per domani l’inatteso
ritorno del tuo limpido esitare.

Non tradire
questo momento pure impreciso
cercando una direzione che non tocchi nulla
una bolla che resti sospesa
che fermi l'andare più in fondo
di quanto al tuo amore conceda
il respiro di un dubbio o soltanto
lo stare alla vita in apnea.

 

(Inedito)

L'amore al tempo della rivoluzione

 

Non fu una scelta romantica la destinazione
piuttosto improvvisa la decisione di partire
cartolina fredda il saluto alla stazione e tu
le braccia conserte mentre la pazienza collimava
il limite delle cose che non avresti detto
mentre la mancanza già ti assaliva
delle nostre piccole dispute di un tempo.
Il campo oltre i binari rifrangeva la brughiera
e il tuo profilo alimentava un lamento
col mento che portavi in alto
come una bandiera o una barricata
come l'incendio putrido di un copertone
quel puzzo che infesta la storia
al corrodersi di tutte le rivoluzioni.
La memoria si ritrovò piegata
un pensiero sbiadito su un muro
una foto a bassa definizione
la rilevante limpidezza di una vertigine
che non bastava a confonderci
poggiare il peso nel vuoto come fosse cadere
fu ciò che ci lasciammo
riscrivendoci da zero.

Oggi è un secolo da allora
e ancora continuo a girarmi
a ogni schiocco di dita
per ogni ombra.

 

(Inedito)

Linea gotica

 

Per quei sentieri che erano tali
in quei boschi ancora mortali
ad altezze alterne, su orme partigiane
come laghi artificiali con fiori sui fondali
ci siamo portati spesso senza perderci
abitudini di mezzo nell'avanzo
di pietra e terra, ché un segno
ci allacciava a un destino.

Quel destino.

Avremmo creduto
quel fogliame perpetuo
se avessimo appena intuito il fragore
oltre le nubi sulle teste
avremmo creduto che in modo diverso
saremmo tornati a lottare.

 

(Inedito)

I due mari

 

Se due mari vi sembran pochi
provate voi a restare a galla
provate voi ad arrestare
la fuoriuscita di vita e l'imbarco di veleno
dalla falla siderurgica nel fondo della stiva
e troverete la differenza
di miti di Sparta
e di tumori da schivare.

Se due mari vi sembrano troppi
restate pure ad un solo orizzonte
e non saprete i graffiti nascosti
non ferite ma punti di sutura
ponti che girano a largo di Saturo
e noi faremo come sempre
ci faremo porto doppio
ci faremo accoglienza.

 

(Inedito)

L'incendio alla salina

 

Il fumo muggiva contro il cielo meccanico
un toro era un’acre vendetta, era
un pubblico che pagava sempre
dopo ogni numero come fossero
zeri le vite, le piume rosa e il pelo del mare
oltre la gobba non cambia il livello
delle paure insuperate, neppure il sole
avanza come le fiamme che sfilacciano la macchia
e non ci sono porte che decidano dentro e fuori
e il fuoco è un suono che disturba
come applausi all’assassino
come i giudizi a priori e i nostri dubbi
sull’esistenza inevitabile della ferocia
mentre accorrono i canadier e sirene e toreri
e idranti sui sogni infranti che abbiamo
sotterrato nel metro minimo di quel pezzo
di suolo che brucia
quella terra lontana dove tornare
alle nostalgie che ci rendono famosi
al nostro modo di pensarci Grecia
e a tutto il resto che ci è richiesto
dallo stare usati al mondo.

 

(Inedito)

Sulla linea 777

 

Cosa fai da sola alle ventitré
sul bus per il Torrino?
Di quale sogno indegno
ti lascia segni la melodia
di auricolari spinti nelle orecchie
da non lasciar passare
il fruscio da vinile del mondo?

Non c'è ora ombra per quelle torri che s'arrabattono
dal vetro non c'è terra o tuono che si possa distinguere
non c'è mormorio che già arrivi dal mare
un sollievo che emerga dalle buche.

Posa un momento lo sguardo smarrito
su questa solitudine che ti somiglia in difetto
che procede lo stesso tragitto
che mi tengo pur senza la leva di un'armonia
mentre via della Seta e della grande Muraglia
sembra non badino a noi.

 

(Inedito)

Stranieri entrambi

 

L'improvviso ci spinse
sul lato di Roma in salita
come un canto sfocato di bruma:
per un'intera vita noi
avevamo già sprecato abbastanza
noi eravamo stranieri entrambi
e adesso con l'assenza
mi accompagnavi per quel pezzo
e quella mossa del pensiero ti lasciava
una ferita nonostante
non fosse tua.

Da dove sei tornata voce
crepa nella nebbia densa di suoni
così sicura di potermi arrendere
fra altre mille occasioni?

 

(Inedito)

Emigrante

 

Porta dentro un’idea di patria
e la mutezza delle correnti come emblemi
che non gli appartengono e gli riesce
di schivare nel silenzio ogni partenza.
Poi dormire sul verso della luna crescente
e misurare in anni luce
gli sbandamenti quotidiani, i rollii
l’albero maestro che manca a questa nave.
Piange lungo una qualche idea di patria
portata comunque e dentro l’acqua
dietro una porta si santifica l’oggi addosso
poi prova a dormire crescente
come la luna e nella morte
guarda il mare.

 

(Inedito)

Mediterraneo

 

Appena un passo più in basso
dell’ultimo atto di rivolta, si arresta
la tua gioventù inclinata sul lato che imbarca
la nostalgia del futuro tirata nel fondo dalla schiuma
e nell’indifferenza continua lo strascico di corpi o solo
nuove solitudini che si incrociano e si dimenticano senza rancore
senza studiare troppo le scuse nella premeditazione della vendetta.

Così Lesbo ha onde di amanti donne
e uomini e bambini al largo dei suoi versi
alla vista immaginaria delle coste e su quelle
divise e noi divisi tra barbarie e applausi.
E l’approdo oltre gli scogli impervi
sarà una vita nuova e addio agli stenti
ai morsi della terra, agli avvilimenti dei padri
e la memoria saprà allacciare le mezze serate di aprile
alle notti rigonfie d’estate.

 

(Inedito)