Salvatore Ritrovato (1967) ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: Quanta vita (Book, 1997), Via della pesa (Book, 2003; n. ed., Puntoacapo, 2015), Come chi non torna (Raffaelli, 2008), L’angolo ospitale (La Vita Felice, 2013); e diverse plaquettes di versi (Cono d’ombra, Transeuropa 2011; Cercando l’isola, FiorinaEdizioni 2017; La casa dei Venti, Il Vicolo 2018; L’anima o niente, Il Vicolo 2020); quaderni di traduzioni e imitazioni (Asclepiade, Levante, 2000; Prévert, Cartotecnica Veneziana, 2002; Verlaine. Trenta poesie, Raffaelli 2018); e infine un libretto drammatico su Amedeo Modigliani, Dedo («Quaderni di RebStein», XIV, 2009; n. ed., Puntoacapo 2019). Per quanto riguarda il suo lavoro critico, ricordiamo: Dentro il paesaggio. Poeti e natura (Archinto, 2006), La differenza della poesia (puntoacapo, 2009), Piccole patrie. Il Gargano e altri sud letterari (Stilos, 2011), All’ombra della memoria. Studi su Paolo Volponi (Metauro, 2014; n. ed. ampliata 2017); in corso di stampa, La poesia e la via. Saggi sulla letteratura e la salvezza (FaraEdizioni). Suoi testi poetici sono usciti su antologie e riviste, anche all’estero; e collabora come critico per siti online di cultura e letteratura contemporanea.
Insegna “Letteratura Italiana Moderna e Contemporanea” all’Università di Urbino e “Scrittura Creativa” presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, dove vive.
Da anni ascolto l’alveo in secca,
nessun flusso d’acque, nessuna zattera
tra i detriti solcati un tempo dalle chiglie,
e nelle rughe sabbiose che cullano i nummoliti
s’impigliano le giovani libellule.
Anche le ombre cominciano a sparire
e la carne dai fianchi e dalle braccia,
e questa mano alta, piena di nebbia,
che copriva dal sole, e la mia faccia.
Da Quanta vita, Book Editore, Castelmaggiore 1997
Venuto con il desiderio di tornare
nel paese che ho lasciato e forse
avrei dovuto dimenticare
nel paese che ho ritrovato
e non riconosco più e non so amare
e soprattutto da te che non sei altro
che un semplice racconto
ormai incredibile, svuotato.
Da Via della Pesa, Book Editore, Castelmaggiore 2003;
n. ed., puntoacapo, Pasturana 2015
Ho cominciato dunque a riflettere
su qualcosa che mi riguarda.
Non so cos’è, restare forse
in questa stanza e dire io
qui posso ricordare un mondo
confuso che non cambia
più ma fugge e dentro
trova lentamente la sua calma.
Forse è una domanda, il centro
invisibile che si muove e avanza
nella vita, la pietà di un giorno
appena cominciato.
Ho cominciato a riflettere su qualcosa
che mi invita a riflettere.
Il paese che non ho visto e non vedo
crescere ma da ieri torna mutato
in un suo angolo ancora inquieto
come un ricordo che va e viene
e mi riguarda ma non mi appartiene.
L’amico che si volta con un gesto
di allora e parla contro vento
una lingua svelta di casa;
i passi che lascio ovunque
dietro di me salire e perdersi
nella strada rimasta al buio;
e il corridoio di sassi, intorno
a un vecchio orto brucato
dove girano fantasmi.
Ho cominciato a riflettere nell’ombra
quello che sono o di me è rimasto
quando torno, perché non posso
o non serve scegliere di restare.
L’ombra dico del mandorlo
a ridosso dell’antico muro
che difende dal tramonto un paese
da sempre morto e i suoi letti
tranquilli e accoglie gli ultimi
arrivati, i cari, gli ospiti
che un giorno li hanno dimenticati.
Da Come chi non torna, Raffaelli, Rimini 2008
Sposto anni di nostalgia in un caffè
sollevandone grumi inerti
per scrivere due parole con affetto
tremante nel mio cono d’ombra.
Oggi è un sudario domestico questi muri
in un angolo sepolto di silenzio.
Penso a quella coppia (tra auguri e manifesti
mandati di cattura e divi in costume…)
finita nella notte come in una fuga.
Da Cono d’ombra, Transeuropa, Massa 2011
Le mani, oggi, girano inguantate,
ad altri passano la pena di questo paradiso.
Sotto il motore è il giovane assistente.
Il capo ha un camice stirato, inforca
occhiali: legge le operazioni, quali
pagherò a ore, ricambi a parte,
che cosa sconta l’assicurazione
e di routine si omette.
Io e lui, si vede, la stessa scuola.
Non sporca niente, il lavoro è buono
dice: gli utensili in vetrina, il bancomat
sul tavolo. Resiste solo
una macchia di grasso sul bancone,
racconta un’altra arte.
Io pure levo croste alle parole, ci provo.
Con le mani sporche tiro via l’ultima patina
che insidia, prima che sia tardi e inutile,
parlare di poesia, sceglierla per la vita.
Parole vengono alle dita da una corteccia
del mio cervello e non so cosa
le tiene sveglie, un cursore le getta
qua e là, davanti, le sposta.
Quindi le posa su uno schermo, la mattina.
E se in fondo resta un’impronta (sugo,
uova, briciole, caffè: gli avanzi
dispersi di altre generazioni),
cancellarla è facile, non rimuoverla.
Ci vogliono anni di silenzio.
Un’altra lingua si nutre di gorghi e varchi.
È come quella, mi mostra il capo
dietro l’officina, snob e sonnolenta,
la jaguar d’epoca. A chi non piacerebbe
averla. Consuma tanto, è lenta.
Da allora corre solo strade rotte.
Da L’angolo ospitale, La Vita Felice, Milano 2013
Certe mattine sono uno che entra ed esce
dalla vita, estraneo all’estranea
e sempre nuova guerra
delle ore domestiche.
La faccia di chi corre avanti
e non sa chiedere altri sogni
ma lascia tutto, in fretta.
E non sa se ha perso nell’attiguo tinello
un abbraccio o un ombrello.
Da L’angolo ospitale, La Vita Felice, Milano 2013
Che cosa stringe allo stesso cielo il mio respiro e questa carta?
Sento in ogni verso un lungo interminabile naufragio.
Sono qui da sempre, ed è l’ultimo posto in cui vorrei tornare:
un’isola, un approdo, un porto di mare…
Da Cercando l’isola, Fiorina Edizioni, Varzi 2017
Omero spense la luce perché pensava:
il buio cancellerà ogni sogno.
Gli eroi, gli errori di quel poema troppo lungo
i discorsi che per abitudine o inerzia
salgono alle labbra degli oratori, tutto cancellato.
E gli dei che puntano sui match e truccano la partita.
La rivolta di Tersite contro ogni certezza.
Anche il bacio di Achille e Patroclo
e il pianto di Briseide spariranno all’alba.
Lo incontrai il giorno dopo che se ne andava
ripetendo (ma con calma) cosa ho fatto?
e fra sé: chiedetemi ancora un verso!
La sua voce appena si sente, trema un po’, si spezza.
Il tempo è come il mare mi ha detto
quando passa sulla sabbia:
all’inizio è solo una macchia, poi ha fretta.
Da Radure e fughe.
Poesie disperse, inedite e nuove, in corso di pubblicazione
Ieri ho fatto il segno della croce ma non ricordavo i movimenti.
Ho tracciato una traiettoria polverosa
dalla fronte al petto alle clavicole, come in dormiveglia.
Ormai riconosco meglio lo slancio delle braccia
di una donna che ti accoglie sorridente
in un attimo di felicità che l’attraversa.
Il suo abbraccio forma una croce, anzi un crocevia
di sguardi che si incontrano e di gesti
paralleli e forti, e a volte finisce con un bacio.
Ora provo a ripeterlo con un’ombra che arriva
da lontano, e l’aspettano in tanti, oggi è la sua festa.
(poesia inedita)
Perché mi chiedi mentre ti parlo dei massimi sistemi
se mi servono uova fresche?
Mi togli le parole dal congelatore dei pensieri
e scendi nella vita brulicante delle cose
mi dici lascia i divani filosofici, i pollai
sterili dei poeti… hai un ricordo di quelli veri?
È la pazienza delle stagioni contro la noia degli umani.
(Poesia inedita)