Paolo Lisi (1966) medico, vive e lavora a Catania. Ha pubblicato i libri di poesie Denti sul selciato (1990), L’arco (1993), Mediterranea (2004), L’assedio (2008 – Premio Internazionale Città di Salò), E la colpa rimane (2013). Suoi versi sono presenti su varie antologie e riviste letterarie. Insieme a Giuseppe Condorelli ha costituito l’Associazione culturale ‘Interminati Spazi’, ha ideato e organizzato la rassegna con l’autore ‘L’Isola delle Scritture’ (Taormina, 2007/2008), il Festival “IsolaPoesia” (VII edizione), la rassegna ‘L’autore per cena’ (Sheraton Catania Hotel, IV edizione), e diversi incontri tra arte e poesia per la ‘Giornata del Contemporaneo’ in collaborazione con l’AMACI.
Sul foglio l’ombra
di una bottiglia,
chimera di un pensiero
ancora da scrivere,
ma tu socchiudi le palpebre
e allora devo scegliere e scelgo te.
Come la foglia
che si stacca dal ramo
per seguire il suo vento,
io mi lascio volare,
oltre questa finestra
che si apre sul mondo,
pagina dopo pagina.
da “Mediterranea” Nicolodi, 2004
Scendo verso la notte cristiana per mano
a una donna che ama la storia e la vita.
Ad accoglierci è la tenebra
nella sua casa di teschi e di ossa.
Prima e dopo di noi, turisti
- guidati da una giovane interprete -
procedono curiosi e indiscreti. Le parole
raccontano dei corpi dilaniati dai cani
o arsi vivi al tramonto; le parole
raccontano, e la mente si perde nel buio.
Rallentiamo, seguendo un percorso
di bisbigli, di gesti a fior di pelle,
ci lasciamo superare. Li ritroviamo
sulla via del ritorno, appagati
e già in fermento per la prossima gita:
contrappunto all’avvilente
considerazione che il dolore consumato
nella vostra esistenza di braccati,
per un Dio che non era quello dei Cesari,
non scalfirà il cuore del nuovo millennio,
di passaggio - in calzoni corti e scarpe
da tennis - in queste catacombe.
Sarete semplici immagini virate seppia,
perché avremo a disposizione
quelle a colori, col sangue che sgorga
in presa diretta dai televisori,
nel salotto delle nostre case,
al riparo delle nostre menti chiuse
e secoli di storia che non sono serviti
a nulla.
da “Mediterranea” Nicolodi, 2004
Inginocchiatoi
invitano a pregare
per un popolo destinato
a morire perseguitato.
Il dubbio di Celan naviga
sulle acque della Senna
verso una ragione
che giustifichi.
da “Mediterranea” Nicolodi, 2004
All’alba il giovane ufficiale
si congeda da Costa San Giorgio.
Una ragazza pedala
nella nebbia del primo mattino,
il suo sorriso offre rare
possibilità di sopravvivenza,
alternative di memoria
al ringhio del futuro.
da “L’assedio” I Quaderni del Battello Ebbro, 2008
Racchiusa in questo
giardino d’inverno tra
camelie e fiori di limone
nella casa sul fiume
dalle finestre liberty
e gli angeli di carta
agli angoli della stanza
così distante da sembrare
un granello di polvere
così vicina al panno
che spazza
senza reticenze.
da “L’assedio” I Quaderni del Battello Ebbro, 2008
Il corpo che dorme
è anatomia del silenzio,
l’anamnesi incompiuta
di un’ellisse.
Non resta che
rimboccare le coperte
e accostare gli scuri
in attesa del risveglio.
da “L’assedio” I Quaderni del Battello Ebbro, 2008
Lei siede sul ciglio di un
discorso,
soppesa il destino
sul palmo della mano
e me tra le gambe
incrociate.
Il remo s’immerge nello
specchio liquido
si spezza, riemerge
intatto
(in forma di lettera).
da “E la colpa rimane” Passigli, 2013
Ho preso le distanze
da me stesso
ho sconfinato verso un dove
che non misura i passi.
Sono andato oltre.
Straniero di passaggio
ho capovolto la clessidra
e guardato gli anni
tuffarsi
nel tonfo dell’esistenza.
Ho custodito il tempo.
da “E la colpa rimane” Passigli, 2013
Dallo specchio fai
scivolare una domanda
che non ammette risposta.
Rimarrai così: la pelle
morbida di crema
idratante, il batuffolo
di cotone a mezz’aria.
Rimarrai così: quelle gambe feline,
quell’anello che ti veste
le dita, le sfila
e ti rende desiderio.
da “E la colpa rimane” Passigli, 2013
Di aver speso parole. Di aver taciuto.
Di aver mentito. Di aver
dimenticato. Di aver tradito. La colpa,
di aver speso parole quando
c’era solo da ascoltare, di aver taciuto
quando invece era necessario
gridare più forte. La colpa,
di aver mentito per dimenticare,
di aver dimenticato per non mentire.
Di aver tradito per amore, per
vigliaccheria, per stupidità,
per non soffrire. La colpa,
di aver barattato il sogno
per la paura di rischiare
e di smettere così di continuare
a sognare. Rimane,
di aver confessato la sconfitta,
la resa: la semplice impossibilità
di essere migliore. Rimane
la colpa di lasciarsi invecchiare
di lasciarsi commuovere, ancora.
Rimane l’inganno, il sangue,
la croce, il vuoto nascosto
dentro un mucchio di parole
mentre tutto inesorabilmente crolla.
Ma rimane l’amore,
nell’immediato. Sopra ogni cosa.
da “E la colpa rimane” Passigli, 2013