Nato a Sassari nel 1968, Antonio Pibiri risiede ad Alghero. Dopo la Maturità Classica sviluppa attenzione verso la scrittura creativa e la Musicologia, formandosi da autodidatta.
Nel 2010 con Lampi di stampa (Milano) pubblica Il mondo che rimane (Premio della critica, Ottobre in Poesia, Sassari, e Menzione d'Onore - Premio Lorenzo Montano, 2011), nel 2014 Le matite di Henze con lo stesso editore. Nel 2016 la sua terza pubblicazione: Chiaro di terra con l'editore Gianfranco Fabbri, L'arcolaio, di Forlì (Segnalato dalla giuria al Premio Lorenzo Montano, edizione 2017; Primo posto per Opera edita al Plics di Sassari, ed. 2017). Gli viene assegnato sempre nel 2017 il Premio Vp-Sardinia, arti contemporanee e ricerca, coordinatamente alle istituzioni letterarie di Austria/Salisburgo.
Nel 2018 pubblica Il prezzo della sposa con l'editore L'arcolaio, segnalato all'ultima edizione del premio Lorenzo Montano (2019). Nel 2019 il libro trova spazio critico nell'Antologia di Marco Ercolani: I fuochi complici. Ha scritto sulla sua opera: Cesare Viviani, Antonio Devicienti, Marco Ercolani, Flavio Ermini, Daniela Bisagno e altri.
……………………(Così noi)
onoravamo Sun Tsu e l’autunno
nei colori disintegrati di Kiefer:
una scaltra battagliata di ghiande
marce, da frantumo – o acerbissime,
bossoli sordamente al rimbalzo
su schiene lanciate nel bosco.
Le urla in fuga disperavano i rifugi.
Pini e ruderi. Rovi. Filati.
Dove s’impolpa la tibia, lì il dettagliante
sceglie a quale prezzo il sangue.
I rovi sul litorale godevano al nostro urto,
si aprivano alle vocali della gioia.
A volte la ghianda schiantava il giovane petto.
Delle volte sino al fondo, nella torba.
La quercia sarebbe cresciuta col tempo
in un altro tempo. La quercia
nel teatro di guerra. Base sicura.
Le Case in costruzione sugli alberi.
(Inediti)
Le stelle distanziano le ossa.
Sulle vie del tacere ho smarrito cosa dirti.
C’è solo l’ascolto da cui si ode
e al pari dell’oceano, come ogni elemento
raffina se stesso.
Il vero si firma somiglia a nomi
di fantasia.
(Inediti)
Ho bisogno che la neve resti dov’è
i suoi adagi, ai laghi, non per la sete.
Ho bisogno che la sete resti in gola
con la neve, riconciliàti del meno.
Presentimento della nuda roccia
riavuta. È la parte da riscrivere.
Da Le matite di Henze - Lampi di stampa Editore, Milano
I
Nell’annientamento meriggio la fornace
indugia sui binari.
Non siamo pani d’argilla, non qui.
La parola attenuata. Non savi.
Serve allora lo stesso abbandono,
lo stesso tornare.
Al finestrino le case in fila, di colori marini,
le case acquerello. Si potrebbe scendere,
violare domicili?
Una ragazza chiara spinge all’ingresso la bicicletta.
La sua schiena nuda e ferita dalla campana del sole
come i giardini osceni dopo la pioggia
mi porta alla testa di un sogno.
II
Aver visto
per felice caso
– inizio del mondo –
le braccia nude di giovani donne
aprire in un gesto le persiane
sul chiostro in ombra
dalle turbe del violetto
un frutto pieno d’acqua.
Per questo si può ringraziare
e per poco altro.
Stanotte in sogno ho mangiato
l’uva più dolce della mia vita.
Da Chiaro di terra - L'Arcolaio Edizioni
Un ventaglio di esitazioni.
I viali mandorlati, il portico.
Sangue rinvenuto tra le carte
o s'intuisce un fiore
di breve erudizione.
Giacometti spiegato da mio figlio.
L'Eternità a una data ora del giorno.
Febbre in viso. Il cigno colpito a morte
sulla spalliera di glicini.
Un negozio di ferramenta salpa
si allontana tra foglie d'acqua.
La luce con discrezione nel tempio calvinista.
Il cervellotico decapitarsi appena.
Torre di cavalli blu, sette palazzi celesti.
Le mansarde degli scrittori
sui giardini di Lussemburgo.
Ceneri: il bardo nel cimitero del Vermont.
Malgrado non sia teca il mondo fanne inventario,
per nenia, fumaio, poema...
Da Il prezzo della sposa - L'Arcolaio Edizioni
Lasciate le statue ai giardini,
la pioggia al dopo:
una cancellata s'infoglia.
Non svegliarle dalla pietra,
e li che intendono. La casa,
la pietra. Non ci innervano a se.
Panneggi santi, schiena di Danaide:
un letto di luce in discesa, e crini.
Per sempre a intuizione di Dio.
Da Il prezzo della sposa - L'Arcolaio Edizioni
Ciclorama senza abitante
resiste alla pioggia il silenzio,
al remo tra le foglie, fa il giro
delle lanterne, fa dispari
come un male minore
come un'arma bianca
Non sono i vetri a separare
il vero dal noto,
rendere più aspra la finzione.
Hanno pari densità del fumo
che da tetti sgomitola un patto
di pazienza con il Nulla
Felice autunno dei suoi colpi
di rosso, i rossi, felice
dei cervi l'aristocrazia guerriera
e morte perda verginità
come un animale minore
come un'arma stanca
A testa china il volto cerca
dentro case che non hanno casa.
In fondo alla dolina le mani esistono.
E Silenzio, tu non vai a dirlo:
il dono che ti offro è l'inquietudine
(Inediti, Serie salisburghese)
Noi dobbiamo viaggiare nella direzione delle nostre paure
John Berryman
Tua figlia s'imbarcherà per l'oceano.
Dice -“Posso remare, ho forti le braccia!”
Questo mese l' autunno resiste al viraggio
giallo, rosso acero, a mute gravità.
Le foglie hanno paura di cadere:
l'offerta sarà più povera.
Sullo sfondo si abbandonano alla parabola
i seni, ad esempio, dopo la monta del latte,
i fuochi diavoli che trecciano scie,
la mela dopo la perfezione, mela
cadente e senza colpa.
Si allontanerà nell'oceano tua figlia.
Il remo cerca dove fa buio l'acqua.
(Inediti)
Michele il pittore mi mostra una tela
un suolo dipinto per il viaggio
dice lui qualora perdessimo la via
- È un tuo informale, non corrisponde
a nessun stradario, dov’è casa, periferia?
C’è di che disperare in un luogo simile…
- Appunto, non vedi, è il Mondo, e l’altro,
che ingenuamente pensavi di conoscere:
niente treni, né viuzze, nosocomi, municipio...
- Se guardi bene c’è un vaporetto, lascia dietro
di sé la laguna per il grandioso scenario,
ma ci dovrò ancora lavorare, sfumarne
(Inediti)
Frusta del cipresso spertica di ciò che rese pazzi
e terra da raccogliere gli ultimi vetri.
Chi tenderà l'orchestra fino a iridescenze?
Giorno pari a sangue, sangue pari
a luna sul cipresso. Vento
stringe nodi e spalle ai mercanti,
passa e ripassa celle campanarie, vuote
come nel taglio di pane con l'oro.
Avrebbe voluto, lei, per una volta almeno
“Assaggerò pizza con ananas in Guadalupa”
perché negarselo, non stare sulla riva,
“In Australia vedrò i canguri sulla neve”
cos'altro, almeno un viaggio in viaggio,
cavalcioni col suo omuncolo,
eh già, maturato il lutto di uscire,
una volta al sacco imparare, saltare
per sempre piediuniti, tentare a Ovest
il passaggio, fonde erbe del crepuscolo.
(Inediti)
Ora che il paesaggio è pronto, esatto
all'emulsione sensibile,
colore argento ossidato
in fondo alla gola,
la prassi è il silenzio.
Non si vede
che appena un uomo
nel suo ruolo
di appena
margine si vede
(Inediti)
Se potessero parlare i bambini tacerebbero
per tendere il vento da un capo all'altro
delle nostre tempie.
Contrariamente al trompe-l’oeil, ai bonsai
con funzione prospettica, non sono
più piccoli, ma solo più lontani.
Qualora li avvicinassimo, con spirito
doppio o gemello, ci sovrasterebbero:
una stella che spezza la sua lanterna
per far rotta, per stupore, divergenza
(Inediti)
I
Teatro anatomico. In anticipo sulla lezione.
Dovrò spaccare una testa, il pensatoio…
non un vaso di terracotta
con dentro i rotoli di Qumran.
Nei vecchi trattati leggo metodi
per disincastrare le suture. Parte seconda.
«Scegli la testa di un individuo tra i 15 e i 20 anni…»
Altra cosa uno sbircio, senza gilda
di chirurghi alle spalle e figure
in nero con gorgiera.
La cavità dell’occipite dispera la visuale.
Infilerò solo due dita,
e rinvenuta l’anima, il sogno,
tentare la sorgente. Infine bere
dalle mani che illumina.
II
Sindrome di Urbach-Wieth:
calcificazione dell’amigdala.
Una stupefatta assenza di paura.
Solo i riflessi a difesa. Il paziente
smette di pagare le imposte,
evitare la notte urbana, i crocicchi,
i manganelli, i coltelli a cedimento
erettile, come da teatro surrealista.
I ministri del Re, terrorizzati, loro sì,
sottovoce per portici d’oro s’interrogano
se epidemica colpisce
intero il popolo, quale antidoto,
quanto tempo l’Impero.
III
C’è solo una novità radicale ed è sempre la stessa: la morte
Walter Benjamin
Dopo i dovuti accertamenti
riflesso bulbare encefalo
il fiume di terra dalle viscere
chiesi al medico legale
di poterlo di grazia tenere
con me per qualche giorno
a casa nel letto di sempre
(disteso il volto sul volto)
quello contro la parete a fiori
sul limite dove frangono i vetri i righi
prima che venisse consegnato
al tavolaccio e divaricatori
del dottor Tulp.
Quale occasione migliore per
lo scettico: a sua disposizione
una favolosa specola
unmorto con vista
sull’aldilà.
Da Il prezzo della sposa - L'Arcolaio Editore