Antonio Di Mauro è nato nel 1950 ad Aci Bonaccorsi, in provincia di Catania. Ha collaborato al volume Il Novecento della Letteratura Italiana diretta da Enzo Siciliano (Armando Curcio Editore, Roma 1988) e ha redatto la sezione Letteratura dell’Annuario 1990 della Grande Enciclopedia Universale Curcio (Roma 1991). Ha pubblicato inoltre saggistica letteraria sulle riviste “Testuale”, “I Quaderni del Battello ebro”, “Nuovi Argomenti”, “Colophon”; collabora anche alle pagine culturali del quotidiano “La Sicilia”. È componente della Giuria tecnica del Premio Letterario “Brancati-Zafferana”. Dopo una prima plaquette di versi, Diagramma (Todariana Editrice, Milano1972), nel 1986 ha pubblicato il libro di poesia Quartiere d’inverno, Amadeus Edizioni, Montebelluna (Treviso). In seguito, nuove poesie sono apparse soltanto su varie riviste tra cui “Poesia”, “Nuovi Argomenti”, e nei volumi collettivi 5 Poeti, Prova d’Autore, Catania 1989; Almanacco dello Specchio n.14, Mondadori, Milano 1993; Approdi. Poeti del Mediterraneo (Antologia internazionale), Marzorati, Milano 1996. Questa nuova produzione con il completamento di altri testi è confluita nel libro Acque del fondale edito nella collana “I Poeti”, diretta da Roberto Mussapi, presso le edizioni Jaca Book di Milano (2003). È presente nell’antologia Sicilia, poesia dei mille anni, curata da Aldo Gerbino per le Edizioni Salvatore Sciascia, Caltanissetta-Roma, nel 2001. Come anticipazione di un nuovo libro, un poemetto, Pietà del figlio, è uscito sull’Almanacco dello Specchio 2008, nuova serie, Mondadori, Milano 2008, e inoltre è stato musicato dal musicista compositore siracusano Joe Schittino, che ne ha derivato una “Cantata-melologo” per voce recitante, soprano, due tenori, baritono e piccola orchestra, eseguita in prima nazionale il 27 Gennaio 2009 nell’auditorium dell’Università di Catania a chiusura di una serata dedicata al “Giorno della memoria”.
Sul terreno del sogno-fiaba
foderato di neve alberi cristallizzati
segue sparute tracce – una
dispersa fiera? –
il cielo un alvo
senza uscita, la prima neve
sempre così abbondante.
Ritrova le mura del quartiere
ai piedi addossata la bestia
assiderata.
*
Rannicchiato sotto le coperte riprende
il filo del gioco spezzato dal crescere
degli anni le battaglie mimate a scoppi
di labbra nel chiuso tepore del letto
un eroe ingenuo assediato dalla notte
sconfinata.
Adesso il nemico
è il temporale che segue la tattica
di un suo giro celeste a intervalli
di silenzio tenace per tornare all’attacco
un intenso diruparsi di tuoni
poi quiete estrema… si consegna
vincitore o vinto senza memoria.
da: Quartiere d’inverno (1972 – 1986), Amadeus Edizioni, Montebelluna (Treviso), 1986
da: Quartiere d’inverno (3ª sezione, che dà il titolo al libro)
… dove sei immagine mai perduta
pensiero proibito che reggi il tempo
precipitoso ormai e appari dai fumi
della sfera magica nel tuo ardore di forme
svegli il desiderio assopito e scompari …
se ti fermassi, se smettessi un momento
questo tuo gioco a nasconderti…
- nell’alone luminoso la mano
è rimasta sul foglio immacolato
dimenticata come un arto artificiale
sul biancore allungato del dorso spicca
azzurro il rilievo venoso che tradisce
a lenti palpiti un segno di vita.
da: Acque del fondale, (1985 – 2003), Editoriale Jaca Book, Milano 2003
da: Suite n. 2 (Il senso della rappresentazione)
Rastrella ammucchia foglie
il vecchio giardiniere nel parco
d’ippocastani e platani, dice
che questo è un autunno molto precoce
perciò l’inverno sarà più duro e lungo
e presto piomberà, all’improvviso
una mattina col favore della nebbia
…lui è soltanto il vecchio giardiniere
in pensione, racconta, rimasto
ad ammucchiare le foglie secche
per accendere piccoli falò
… dopo il calare del sole ombre e vapori
si mischiano, diventa umido il parco
l’aria si fa rigida, accanto a ogni fuoco
allora vengono piccoli animali
bambini smarriti da sempre
uomini che non parlano mai…
così inganna il tempo non sa da quando
… poi offre una manciata di foglie
e alcuni fiammiferi prima di tornare
alla sua finzione. È tranquillo
il transito del giorno alla luce
già del crepuscolo, ma non so l’ora
se vicina al mattino o alla sera
… sono fuori del parco e mi allontano
mi volto indietro e dalla macchia scura
degli alberi sale un filo una spirale
di fumo che finisce presto
nella grigia indifferenza del cielo.
da: Acque del fondale, (1985 – 2003), Editoriale Jaca Book, Milano 2003
da: Dal fondale (2ª sezione)
(Epilogo)
Sul lastrone di tufo intagliato deposto
il corpo non è ancora rigido, eppure
già nell’inerzia inanimata invaso in parte
dal gelido biancore che sbiadisce i lividi
della carne martoriata cicatrizza le ferite
confonde le rigature di sangue al circuito
venoso…
appare mosso il disegno
delle membra nelle forme marcate
che resistono per un’ultima prospettiva
prima di precipitare nell’appiattimento…
la pietà, la pietà l’ha ricomposto alla meglio
l’ha reso materia disponibile sul bancone
all’obitorio, sul tavolo di anatomia…
l’ha consegnato all’oscurità senza tempo
compiuto ogni gesto nella certezza
del distacco, persino il sigillo impresso
sulla pietra tombale a separare un altrove
di solitudine la più grande, cominciata
nell’orto dell’abbandono infinita solitudine.
È il corpo della vittima, tutte le vittime
corpo pacificato ora che il sacrificio
necessario è stato consumato, lavata
ogni macchia di natura, espiata ogni colpa
sopraggiunta, fatta giusta ingiustizia
ogni nascita a questo fine segnata
nel sangue o solo nel patimento
perché il dolore trovi le sue ragioni…
Da: Pietà del figlio, “Almanacco dello Specchio”, Mondadori, Milano 2008
1
Così dev’essere come assicurano
coloro che sanno… eppure nessuno
pare abbia mai visto qualcosa
ma se così dev’essere tuttavia
sia così… nel pieno scuotimento salutare
esserci, nel dubbio consentito e tutto
torna nella sua consistenza di elemento
acqua all’acqua terra alla terra
aria all’aria fuoco al fuoco…
nuovo vigore rigenera il sentimento.
Da: Tremore intenzionale
19
Sarà un cammino tutto in salita
né sono prevedibili pause concesse
per riprendere fiato fermate di ristoro
la strada per giunta è a fondo pietroso
e si percorre a fatica, ma alla fine
arrivati in cima sarà tutta un’altra cosa
si perderà di vista anche la via
della discesa, svanirà la vertigine
persino la consistenza dell’affanno
dell’affaticamento, la pesantezza
dei pensieri e d’incanto la ragion d’essere
d’ogni possibile aspetto avrà la leggerezza
dell’aria rarefatta e gli occhi presi
dal riverbero infiammato del tramonto
si orienteranno sul transito delle nuvole.
Da: Tremore intenzionale
24
Non ho più tempo. Avrà pensato a tutto
la mente. È capacissima di ogni cosa
perché ogni cosa contiene, non solo
tutto il passato e quanto nel presente
consiste ma anche l’intero futuro
agisce di conseguenza e risana
cicatrici, spesso riconduce il senso
alle sue matrici mette in ordine
archivia i dati. Ho finito il tempo.
Da: Tremore intenzionale