Adam Vaccaro, poeta e critico nato a Bonefro in Molise nel 1940, vive e opera da più di 60 anni a Milano. Ha pubblicato varie raccolte di poesie: La vita nonostante, Studio d’Autore, Milano 1978; Strappi e frazioni, Libroitaliano, Ragusa 1997, con prefazione di Giancarlo Majorino; La casa sospesa, Joker, Novi Ligure 2003, con postfazione di Gio Ferri; e la raccolta antologica La piuma e l’artiglio, Editoria&Spettacolo, Roma 2006, con prefazione di Dante Maffia. Infine, Tra le ultime: Seeds, New York 2014, scelta da Alfredo De Palchi per Chelsea Editions, con traduzione e cura di Sean Mark; Tra Lampi e Corti, Saya Ed, Milano 2019, con prefazione di Francesco Muzzioli ed Eleonora Fiorani, e Identità Bonefrana, Di Felice Edizioni, Martinsicuro 2020, con corredi critici di Vincenzo Guarracino, Nicola Mastronardi, Massimo Pamio, Antonio D’Alfonso
Tra le pubblicazioni d’arte con artisti: Spazi e tempi del fare, con acrilici di Romolo Calciati e prefazioni di Eleonora Fiorani e Gio Ferri, Studio Karon, Novara 2002; Sontuosi accessi - superbo sole, con disegni di Ibrahim Kodra, Signum edizioni d’arte, Milano 2003; Labirinti e capricci della passione, con acrilici e tecniche miste di Romolo Calciati e prefazione di Mario Lunetta, Milanocosa, Milano 2005. Con Giuliano Zosi e altri musicisti, che hanno scritto brani ispirati da sue poesie, ha realizzato concerti di musica e poesia. È stato tradotto in spagnolo e in inglese.
È presente in molti blog e raccolte antologiche e collabora a riviste e giornali con testi poetici e saggi critici. Tra questi: Ricerche e forme di Adiacenza, Asefi, Milano 2001, Premio Laboratorio Arti di Milano 2001. È tra i saggisti di: Sotto la superficie – quaderno sulla poesia contemporanea de “La Mosca di Milano”, Bocca, Milano 2004; La Poesia e la carne, La Vita Felice, Milano 2009. Tra gli altri riconoscimenti: Violetta di Soragna 2005 (La casa sospesa) e Premio Astrolabio 2007 (La piuma e l’artiglio).
Ha fondato e presiede Milanocosa (www.milanocosa.it,), Associazione Culturale con cui ha realizzato numerose iniziative. Tra queste: “Scritture/Realtà – Linguaggi e discipline a confronto”, di cui ha curato con Rosemary L. Porta gli Atti, Milanocosa 2003; “Bunker Poetico” in collaborazione con M. N. Rotelli alla 49a Biennale d’Arte di Venezia, giugno 2001, di cui ha curato con G. Guidetti la raccolta Poesia in azione, Milanocosa, Milano 2002; la 1^ Carovana Nazionale di Poesia e Musica (21-31 marzo 2003), promossa e coordinata con Anna Santoro e Maria Jatosti; evento col patrocinio del presidente della Repubblica e dell’UNESCO in corrispondenza della Giornata Mondiale della Poesia del 2003. Ha curato con F. Squatriti 7 parole del mondo contemporaneo, libro di Poesia, Arti visive, Musica e altre discipline, Milanocosa ed ExCogita, Milano 2005; Milano: Storia e Immaginazione, Milanocosa 2011; Il giardiniere contro il becchino, Atti del convegno 2009 su Antonio Porta, Milanocosa, 2012. Cura la Rivista telematica Adiacenze, materiali di ricerca e informazione culturale del Sito di Milanocosa.
Ha collaborato, tra le altre, alle seguenti riviste: “Atelier” (Vercelli), “Caffè Michelangelo” (Firenze), “Clandestino” (Bologna), “Graphie” (Cesena), “Il Gabellino” (Grosseto), “Il Segnale” (Milano), “Incognita” (Milano), “La clessidra” (Novi L.), “La Mosca di Milano” (Milano), “L’Area di Broca” (Firenze), “Le Voci della Luna” (Sasso M.), “L’immaginazione” (Lecce), “Manocomete” (Milano), “Punto d’Incontro” (Lanciano), “Punto di Vista” (Padova), “Sinestesie” (Avellino), “Stilos”, inserto letterario de “La Sicilia” (Palermo), “Testuale” (Milano); “Lunario Nuovo” (Catania), “Rivista di Studi Italiani” (Toronto).
Delle sue scritture, poetiche e critiche, si sono occupati, tra gli altri: Davide Argnani, Giorgio Bàrberi Squarotti, Gianluca Bocchinfuso, Alberto Cappi, Domenico Cara, Roberto Caracci, Antonio D’Alfonso, Francesco De Napoli, Annamaria De Pietro, Donato Di Stasi, Gabriela Fantato, Mauro Ferrari, Gio Ferri, Eleonora Fiorani, Elio Franzini, Giuliano Gramigna, Vincenzo Guarracino, Francesco Leonetti, Gianmario Lucini, Mario Lunetta, Giorgio Luzzi, Dante Maffia, Giancarlo Majorino, Sandro Montalto, Ivano Mugnaini, Francesco Muzzioli, Giampiero Neri, Walter Nesti, Guido Oldani, Massimo Pamio, Giuseppe Panella, Raffaele Piazza, Cesare Viviani.
Canta cauta una fontanella davanti
alle piccole vallate segnanti
le rughe del paese dei maghi:
la nebbia tremante spiuma
le linee accalcate sprofonda
in lampi d’armi tra Sanniti
e Romani più in là illumina
Annibale nel sonno di Gerione
e continua inventando fiabe
misteri nella luce dominante
del sole – mago dei maghi
così bugiardo
che assottiglia il cuore
che lucida inganni tra i fili d’erba – e
l’imberbe manto del grano mente
ancora più verde e abbacinante
diventa il bianco di una masseria
adiacente il monte della neve viola
del fondale di Maiella e Maielletta – che
fende la foschia verso il mare inseguendo
sull’erte le orde longobarde segnando
lievi i bordi delle Tremiti e dello Sperone
del Gargano – ponendo fusi ogni terra e mare
in un tempo deponente senza tempo
o bugiardo bugiardo
che cancelli nel cuore
i fasti degli orrori
della fame della morte
un ardente placido mare d’eternità che
reinventa così tersa e fresca quest’aria
dicembrina e sembra sia a lui dovuta
la dispensa di questo silenzio
intoccabile e speciale – quasi totale –
aliante sottile nel fruscìo della piccola
fontana – sbalzato infine dai rintocchi di lon
tane campane di una messa di Natale
1997
Frotte di biciclette nel sole annegate
imbiancate tra polvere e sassi arrampicate
sulle colline molisane spietate e ricche
di cicale stordenti in coro ininterrrotte
al cigolìo di freni selle e pedivelle
tra ansimi e perle silenti di sudore
Sentenzio sciamando in cima tra sogni
castagni e quercioli col cuore balbettante
nei calzini gridò tra risate e pernacchie
a quell’impasto di luce e fatica un modo
a suo dire d’imparare a sudare le regole
del piacere s’una forma di piacere delle regole
In discesa a testa in giù come siluri dalla guerra
ormai finita al sol dell’avvenire cui nemmeno Sentenzio
sapeva che dire mentre i padri scappavano in cerca
di fortuna e schiavitù a noi sembrava bastare
quella scodella di polvere luce e sassi bianchi
fino a quando
ci ritrovammo muti
attorno alla testa rossa
scomposta da un invisibile sasso - impietoso sasso
incastonato nel piacere di una nuvola bianca
di calzoni corti e biciclette anni ’50
1997
Capitava a mio padre di affilare scalpelli
Nella sua tana dalla volta gobbata
– schioppata dimenticata – di falegname.
La mola girava e sputava scintille e io giravo
giravo a manovella, più forte, diceva
mio padre, più forte, e la mano sugli occhi.
Ma le scintille spulciavano l’aria
come pianeti finiti, o baciavano appena
il braccio, la fronte.
E se avessi potuto
Spillarne uno, uno,
di quei momenti di lucefuoco.
Ci sono specie di giorni in cui succede
D’arrampare grani di sole, di sentire sul viso
Uno sfrigolio più acuto
Che preme e vorresti inchiodare
Stralunato e sordo al comando
Insistente mutourlante: gira, gira più forte!
1980
In cerca di semi piccoli e testardi
si muove intenta e cauta Clitennestra: io
che ho dato la vita e poi la morte
sono qui tra questi mucchi di rifiuti
travolta
dall’odio che ribolliva prima
di uccidere Agamennone e
quali semi di vita troverò qui
per altri solo un’isola di morte?
Qui
ai bordi della città che ancora dorme
oltre questa discarica di orme e silenzi
fino a quando scoppierà il frastuono
di centomila cavalli di lamiera.
Io
che per malfusso caso presi il nome
di un’assassina ho ucciso un’ora fa
chi ha fatto di me una regina
di questo viale quasi vallo o
fessura
che accostella inviti e luci di latte verso
il ventre-città. Io regina tradotta dalle
montagne aspre d’Albania e poi ridotta
a discarica di misere colline di piacere.
Lui
che altro Agamennone si disse ed erede
quando con un inchino apprese il mio
che sorridendo disse vedi che sono
sarò sempre il tuo re.
Lui
che scivolando con me da quelle
montagne di fame a questi sommersi
viali di pizze stracci fumi e giarrettiere
non poteva sapere l’odio feroce
l’odio
che divampava in me come le fiamme di quel
lanciafiamme visto al cinema mentre
lui con una mano nella cosa tra le cosce
mi sussurrava all’orecchio
sai
regginadicazzi che quel figlio di nessuno
te l’ho venduto…e uno sghignazzo senza
sorrisi e inchini gli squarciava il petto
che a me sbranava la gola che ora
in mezzo a questo pattume respira
Oh quante volte fare per altre vie la stessa strada
cercando nel passato una strada
dal presente al futuro
Ti ricordi miasignora
che gare di baci carsi
scintille arse e perse nel vento
le cosce tenute come portafogli ricolmi
intenti a non lapidare quel capitale
di sogni e miracoloso nel ventre
Ti ricordi miasignora
il cammino fatto per cercare quel punto
fatto sempre di punti dell’intento
di ricominciare daccapo
e che fatica disperazione e premio
prima e dopo quel punto
Che signora era allora Milano
calda e coicapelli nel vento
una barca alla ricerca del largo
schiaffeggiata dall’acque e baciucchiata dal sole
dopo i massacri recenti della guerra più oscena
tra buchi nel ventre topi sommersi volti riemersi
Entrare in un bar – allora – era come
cucciarsi in un angolo curvo dell’arca
ruotando gli occhi e quel bicchiere
s’una voce giurando riflessa
Stavo con te scorrevamo nel sogno
i sogni belli del dormiveglia in
quell’alba rosata del dopoguerra
ch’aiutava certo a danzare sul mare
cupo di fame e di attese gonfiate
così poveri e ricchi così poveri e ricchi
come noi su questo letto
Sett. ’97
Milano infila tunnel del metrò
per rincorse di istanti veloci
che sommati fanno un niente
per farne montagne di macerie
tra sogni di un perduto verde e
incanti di incontri che a settembre
fumavano salsicce e bandiere rosse
parentesi in attesa di ragazzi bravi
a fare il gioco delle coppie con siringa
Milano ora fila sogni disfatti su uno spiedo
sapiente che cucina mucchi di denari
ricchezze povere di dolori e pensieri
Milano infila eppure ancora cortili uno dentro l’altro
che ritrovano in fondo – ancora visibile – il tempo
2004
(immenso spettacolo e lunare
accerchiato da una vita accanita
che sguarnita e inarresa annusa
come un orso ferito
al cuore
ma conviene ripartire da te
da questa punta di miele la mattina
per viaggiare lungo gli orli
dell’orrore. Amore
unico coltello necessario
a fare dell’orrore un ventre aperto
La cenere dei fumi di Auschwitz
così bianca e viola infine rossa
batte batte dentro al cuore come
blatta che non volerà rimarrà
a rodere tra questi ruderi nutrirà
il nostro sangue nero sconfinato
insaziabile non si fermerà vorrà
sfamarsi di ogni sangue e vittima
diventata cenere deporla
nelle mani di Cerere a farne
messi di una Terra non più
prona a poteri e follie di ieri e
di oggi che sappia pesare
sulla stessa bilancia ogni
grammo di carne umana
rossa poi viola infine bianca
offerta al dio di tutti
i popoli di tutte le terre
ricche povere e senza
privilegi né figli prediletti
di una Terra non più
crocifissa da confini e
tavole imbandite da eletti
assediate da cumuli di blatte
affamate impazzite –
se questo è un uomo
2006
si sono arresi dunque al silenzioso caos
emergente da un’origine nascosta
di energia. Si sono arresi come pupille
spalancate da un bagliore non più
capaci di compiere il dovere
di rendere ragione. A imitazione insana di
un’incontenibile miscuglio di levità e
grigiore, d’acquiescenza e insofferenza, di
dolcezza e di violenza, da questo Cono
che ha smesso di fumare e fino al mare
si distende insensato un miscuglio
di scatole chiamate case, informi
insiemi di cose che vagano affollate tra
brandelli di vita verde che non si arrende
*
macchiarossa che al silenzio resiste o
morbida dolcissima prugna che al sole e al vento
lacrimando si apre e si distende
(e) travolge offrendo i suoi invisibili carnosi
succhi scoppiando le risa incuranti
di dolori orrori e corrosi pensieri
(come preme e morde in fondo al ventre
il bisogno e la febbre
del mare irrisolto della vita
(e lacrimo infine anch’io
davanti a questo tuo corposo caos
di eros e di tormento –
dentro te dolce Sorrento
così immersa nel blu
di ogni cosa
*
Zante brillava come stella nel mare così caro a Venere
mentre una nebbia d'idee filtrava i raggi frenati un po'
a costruire cristalli e castelli di travisa menti e illusioni
ma le pretese de' liquidi cristalli e 'sì gelidi furono sciolte
da un improvviso imprevisto scatto della cosa che stava
in un angolo curvo della casa che Venere con tutto il suo
intatto amore sapeva custo-dire per chi sapeva – tanto che
riemerse col suo fulgente fulgore di Afrodite che non
smette non smette di rifare il mare le stelle e le altre cose
*
Quel Quid immerso nel caos-cosa dell’universo
non è nascosto tra le mani del mondo né è sogno
che l’umile amore di una Rita o un Francesco può
scovare e tantomeno un frutto di risaltante risultato
da stringenti somme divisioni e altre operazioni
della folgore geniale di un folle scienziato. Quel
Quid che non torna rimarrà un esule introvabile
a consolazione dell’infimo e dell’immenso
Guardavamo scannare i maiali
con allegra tranquilla innocenza
lanciavamo stecche appuntite di ombrelli
contro civette crocifisse alle porte
e arrostivamo feroci zoccole finite
disperate in gabbie fischiando
un’uscita cercando da fiamme d’inferno
eppure già (di)versi cantando
m’illumino d’immenso
E nessuno può dire se fu quel piede fondato nella terra e
nel letame che diede una spinta a sogni d’assalto al cielo
o s’aprì in quei primilampi di parole un oltre
possibile
nel vortice sempre nuovo
sempre vecchio di questi decenni
pur avendo già un grido nel cuore
che poi la curva ridiscende
ed è subito sera
1997
È il mio augurio per il 25 aprile!
Con questo augurio di resistenza contro i deliri di onnipotenza dei Crono-leone, che creano il caos e sognano di dominarlo uccidendo i figli.
Adam Vaccaro
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Sotto il Cielo di Crono
Avere ali e sentire
l'alito ostile che le nega -
nessuno può sapere
il furore che mi ribolle
in fondo al cuore ignoto
che non si arrende - che
nega chi lo nega ché
non può negare sé stesso e
il suo battito - alito e ritmo
delle mie ali stese oltre
questi muri la piazza e
la linea della collina che
incorona il limite del
mondo che pare negare
come chi mi alita intorno in
visibile - mentre queste
ali ribattono e dibattono
sul ciglio di questi muri e
questa piazza e su fino
al filo della collina final
mente lasciati alle spalle e
sotto i piedi annaspanti -
spiccando voli negati che
il cuore continua a inventare
25 febbraio 2020
Discantiche
Ruota ruota come un pavone
o un mestolo nel minestrone
se la iena non è ancora piena
ché la vittima va cotta al gelo
infarcita di paura – suo gustoso
piatto freddo di passione d’es
plosione – d’escrescente ridente
natura che ama la carne
condita dalla salita in cielo
di ogni respiro di coscienza
di ogni sospiro di speranza
Ruota ruota Drago tra i Monti
prima di azzannare i nostri conti
debiti e tutto quello che ci manca
da esperto del Vuoto che ama
la follia d’hybris di dorarlo
dal palo più alto che splende
in cima al palazzo di menzogne
e lazzi – espansi in schermi e
onde – dolcemente cullanti a
farcire menti e mondi uccisi dal
suo dominio su questa gabbia
addobbata da drappi e stracci di
libertà – gioiosi cocci e lacci di
dura corona sul cuore d’Europa.
Ruota ruota mio cuore es
pulso quasi ucciso e re
cluso da questa banda ri
dente di catene e denti
d’oro – eredi perfetti di Cia
lis e ridicoli cazzuti di una
banda alla Meckie Messer
31 maggio 2019
Adam Vaccaro
(Poesia inserita nel progetto di Milanocosa per Bookcity 2019, Echi di Teatro/Voci di Poesia)