Vincenzo Guarracino, poeta, critico letterario e d’arte, traduttore, è nato a Ceraso (SA) nel 1948 e vive a Como. Ha pubblicato, in poesia, le raccolte Gli gnomi del verso (1979), Dieci inverni (1989), Grilli e spilli (1998), Una visione elementare (2005); Nel nome del Padre (2008); Baladas (2007); Ballate di attese e di nulla (2010). Per la saggistica, ha pubblicato Guida alla lettura di Verga (1986), Guida alla lettura di Leopardi (1987 e 1998) e inoltre le edizioni critiche di opere di Giovanni Verga (I Malavoglia, 1989, Mastro-don Gesualdo, 1990, Novelle, 1991) e di Giacomo Leopardi (Diario del primo amore e altre prose autobiografiche, 1998). Oltre ciò, l’antologia Leopardi, 1991, l’edizione dell’autografo comasco dell’Appressamento della morte, 1993 e 1998, e l’antologia Giacomo Leopardi. Canti e Pensieri, 2005. Ha inoltre curato il carteggio Leopardi-Ranieri (Addio, anima mia, 2003), il romanzo di Antonio Ranieri, Ginevra o l’orfana della Nunziata (2006), le novelle milanesi di Verga Per le vie, 2008, Libro delle preghiere muliebri di Vittorio Imbriani (2009) e Amori di Carlo Dossi (2010). Nel 2010 ha pubblicato Lario d’arte e di poesia. In gita al lago di Como in compagnia di artisti e scrittori e una biografia di Antonio Ranieri, Un nome venerato e caro. La vera storia di Antonio Ranieri oltre il mito del sodalizio con Leopardi. Ha curato le traduzioni dei Lirici greci (1991; nuova edizione 2009), dei Poeti latini (1993), dei Carmi di Catullo (1986 e 2005), dei Versi aurei di Pitagora (1988 e 2005), dei versi latini di A.Rimbaud, Tu vates eris (1988), dei Canti Spirituali di Ildegarda di Bingen (1996) e del Poema sulla Natura di Parmenide (2006). Ha curato inoltre le antologie Infinito Leopardi (testi di poeti contemporanei, 1999), Il verso all’infinito. L’idillio leopardiano e i poeti italiani alla fine del Millennio (1999), Interminati spazi sovrumani silenzi. Un infinito commento: critici, filosofi e scrittori alla ricerca dell’Infinito di Leopardi (2001). Nel 2014 è uscita l’antologia L’Amore dalla A alla Z, per l’editore puntoacapo. Nel 2011 è uscita in Spagna, un’antologia della poesia leopardiana, curata assieme ad Ana Marìa Pinedo Lòpez, col titolo El infinito y otros cantos, e nel 2012 l’antologia Giovanni Pascoli. Poesia esencial. Nel 2017 per l’editore puntoacapo è uscito il volume saggistico e antologico Roberto Sanesi, Un poeta del secolo scorso.
Dove vanno i sorrisi quando
cadono le luci a prima sera?
Dove stanno i sogni
tutti di gioia a primavera?
Il tempo gioca, estatico, a piacere,
maschi e femmine si cercano
Non sanno ma annegano,
annegano nel miele.
(24 gennaio 2004)
Come in un’elegia
fiorivano i roseti
in festa era ogni via
l’anno col suo segreto
Un gioco era presago
di ciò ch’era nel nome:
il sogno era in agguato
o forse era illusione
Solo fra te e la luna
l’estro di un sol pensiero:
è giusto? Oltre la cruna
l’ego va all’accadere.
Quando un sogno all’ormeggio
tende la sua ala al viaggio
come sfidando il vento
riso si fa il lamento.
Oh che da tante foglie
sbocciassero alfin le voglie
l’aria del più segreto
cielo senza divieto.
Dipinta all’orizzonte
lieve s’alza una piuma
spera che dietro il monte
vegli per lei la luna.
A maggio è sbarazzino
il cuore e ad ogni umore
trappole tende il sole
per dire “ecco, son qui”-
nel vivo della tua rosa
s’inventa ad ogni istante
figure e forme il canto
ali per me il tuo sì -
ma al tempo tu più non chiedi
cose per te lontane
il sale l’olio il pane:
altro non so di te -
l’estro cui fece velo
il sogno, ecco, è svanito:
levi nel cielo un dito
scrivi che è libertà.
Entrava a fole nel cieco
Budello di vie e scale
Un verde di primavera
Un giugno senza pensieri
Era ciò che la vita
Senza bussare una sera
Tacita quanto amica
Lasciò appena intuire?
Ubriacato dalla voglia io cercavo
i petali per toglierli alla rosa
Tremante li sfogliavo fino all’oro
finché il sogno non si perse nel sussurro
“mi dispiace!” fu il suo alito a svegliarmi
al telefono il suo etimo il mio olimpo
l’oro allora fu più oro senza tulle
senza petali il suo caldo alla mia pelle
tra le pagine si disfa ora la ninfa
come un sogno che non sa ove ritrovarmi.
Tu, anima mia, che hai rossori
come una pavoncella o un tulipano
tu che sei felicità appesa a un filo
vertigine che ti naufraga sul seno
al tepore dove i sogni fanno luce
nell’arsura ove si radica il pensiero
è tempo ora d’incanto è qui l’aprile
col magico del suo spasimo in un nome
per te un inno farò di malva e miele
al buon incantator di darci scampo
ma è fonda ogni notte senza più niente
la notte fatta vuota oltre il tramonto
nel rito dell’inchiesta del suo altrove
l’inizio è dove nulla più sorprende.
Il sole in penombra la vita alle spalle
Un cielo è la stanza di attese e di nulla
A farci da coltre una voglia di stelle
La rosa una valva di perle corolla
E ci porta del mare la foga di mille
Marosi del sogno l’arena che abbaglia
Rinfranca il tuo nuoto il mio se vacilla
E il tuo cuore una luce solo a un dono somiglia.
Nel tempo dei suoi tanti
viaggi son scritti sulle
piume di tante culle
gli anni che non ha più
Ah la sua cera come
lieve si strugge d’ali
forse il suo stile tali
forme ha dell’apparir
che più sgomento il giorno
sogna la propria traccia
mentre nella bonaccia
tregua non fu il sospir.
Il suo contorno illude
l’estasi di un mistero
l’orma che occlude un velo
apis pondere levior;
ma forse andare un lusso
nel rito dal lei al tu:
l’attesa fu mai virtù
o solo il qui già sa?
Correte svolgendo
O fusi lo stame
La ruota del sole
la rosa al bicchiere
Non muore non vive
il mondo l’uccello
L’ordito la trama
t’affossa t’immilla
Ti sfugge il suo frutto
il senso una bolla
Il polline e il bello
all’alba un singulto
Poi il giorno fa il resto
ti svuota di tutto
O fusi lo stame
svolgete correte
Lachesi apre Atropo
assetta poi Cloto
La bava la vita
ti fotte il tuo fato
Chi dona e chi toglie
chi ordisce e chi balla
Chi leva alle stelle
chi piomba alle stalle
La voglia di vita
a stento si coglie
Il gusto di fiele
ti scarna la pelle
Il male l’informe
a sbattergli contro
Ti segna nel sangue
a viverlo dentro
Lo stame correndo
correndo svolgete
L’inizio un allarme
il resto uno sbaglio
Il pianto è già rischio
di prenderci voglia
Di fartene un nido
lenirne la doglia
E’ groppo alla gola
il cuore in subbuglio
Un riso d’amore
ti mette al guinzaglio
Il principio la fine
un sogno da sveglio
L’eterno un minuto
il tempo un abbaglio
Nei sensi è già scritto
del mondo l’artiglio
È farsi da lato
più saggio consiglio
La vita è discesa
percorsa in salita
Per esserne sazi
già tanto è l’invito
Ti giochi il futuro
testa e croce sul Niente
Resta l’unico ora
solo fatto di tanti
Il filo lo stame
ahi fusi è finito
è strame la vita
dacché sorge è finita.