Silvia Comoglio è nata nel 1969 ed è laureata in filosofia. Fin dal suo libro di esordio la sua scrittura si connota per essere una ricerca che tenta di risolvere il chiasmo tra suono e senso imprimendo alla voce materia e sostanza, in un movimento che, coniugando scrittura e oralità, si traduce in nuove figure sonore e equilibri espressivi.
Ha pubblicato le sillogi Ervinca (LietoColle Editore, 2005), Canti onirici (L’arcolaio, 2009), Bubo bubo (L’arcolaio, 2010), Silhouette (Anterem Edizioni, 2013), Via Crucis (puntoacapo Editrice, 2014), Il vogatore (Anterem Edizioni, 2015 – Premio Lorenzo Montano – XXIX Edizione - Sezione raccolta inedita), scacciamosche (nugae) (puntoacapo Editrice, 2017), sottile, a microchiarore! (Edizioni Joker, 2018), Afasia (Anterem Edizioni, 2021).
Suoi testi sono apparsi, tra l’altro, in Blanc de ta nuque e La dimora del tempo sospeso, nel sito di Nanni Cagnone e Gian Paolo Guerini, sulle riviste Arte Incontro, Il Monte Analogo, Le voci della luna, La Clessidra, Italian Poetry Review, Il Segnale, sulla rivista giapponese δ e nelle riviste on-line Carte nel vento, Fili d’aquilone e Tellusfolio (in particolare nel 2016 su Tellusfolio sono apparse le Piccole Variazioni, concerto a puntate scritto per The small outside di Gian Paolo Guerini).
La rivista on-line BombaCarta - Lettera in Versi le ha dedicato il n. 56 curato da Rosa Elisa Giangoia.
E’ presente nei saggi di Stefano Guglielmin Senza riparo. Poesia e Finitezza (La Vita Felice, 2009) e Blanc de ta nuque, primo e secondo volume (Le Voci della Luna, 2011 e 2016), nell’antologia Poesia in Piemonte e Valle d’Aosta (puntoacapo Editrice, 2012), in Fuochi complici di Marco Ercolani (Il leggio, 2019) e in Anni di Poesia di Elio Grasso (puntoacapo Editrice, 2020).
Fa parte del Comitato di Lettura di Anterem Edizioni a cui è collegato il premio di Poesia e Prosa Lorenzo Montano.
Questa luce - è enorme mondo
riposto in uno sguardo, paradiso
di tempo all’infinito, a misura
di frattempo: álbero che nasce
sul varco - dell’único tuo ingresso,
nel regno in cui potremmo
- dell’áttimo narrato - amare
sempre tutto, fino - all’úl-tima parola
[ ]
da Canti onirici, L'arcolaio (Forlì, 2009)
Sezione "Euridice"
1.
… uscimmo a téssere i leoni, i tétti fini fini : a sbirciare
guglie e catenacci : gli steli - degl’álberi lucenti
disciolti - nel témpo dell’ebbrezza …
La foce ad eco di sua luce
tu pórgimi lontano, inarcando
il témpo e la palude, baciándo
- e ribaciando - lo stésso
sogno aperto, poi --
nel suono dell’alba furibonda
mura - flébili nel vento -
lásciti di forme - incise -
alla finestra. E tócca --
l’érica riaperta, la gioia
che fólgora - l’istante --
----
da Bubo bubo, L'arcolaio (Forlì, 2010)
Sezione "Bubo Bubo"
5.
vale un sogno - dire:
sei felice? e un fuoco
- e l’usignolo
Accanto - vado - io a dormire
al flébile e sottile
e spléndido paese: al tuo
flébile e sottile
e spléndido paese, nel cui tronco
pianíssimo mi ninni
perfetto - perfetto? - di paure,
e sghembi fianchi
di sussurro, e pesanti - porte -
impronunciate, accánto - al flé-
bile e sottile - e splén-
dido paese --
---
da Bubo bubo, L'arcolaio (Forlì, 2010)
Sezione "Ephemera"
IV.II
… dal fondo di terre afose cosa hai visto
si è fatto da lì a casa fiuto fino fino : léssico stupendo
scolpito in pure stanze di muro - granulose …
piaceva tonda, l’éco, a Vostra Altezza,
l’umana gioia del vento all’infinito --
casa - del terríbile restare
all’apice sospesi, gorgheggiando
últime perfette - últime visioni
---
da Bubo bubo, L'arcolaio (Forlì, 2010)
Sezione "L'albero perfetto"
I.V
ho mani nuove, di sonno sacro
lúcido di bosco --- folli - interrogarsi -
pállidi di sogno ---
---
dímmi - se mi pensi tra gli álberi e la notte,
se il vénto è l’égida che schiudi
piano addormentando la casa - e il suo guardiano,
se il retro - del témpo prolungato
è l’último favore, o l’urlo che risponde
- errando - lívido di volto --- e dimmi
se l’álbero è disceso oltre il lungo trono
spinto sempre a vuoto sull’acqua già più grande,
a tronco del tutto ricavato
dall’ultimo guardarti, dal témpo rimasto ancora appeso
all’último guardarti, “al fóndo - dell’úl-timo guardarti ...
___________
da Bubo bubo. L'arcolaio (Forlì, 2010)
Sezione "Re Harold"
Questa notte - è-enorme-notte
racchiusa in uno sguardo, falena già ritratta
in fondo - ai nostri dire, pura scure
per cardini che stanno - in obliquo -
dentro le maree : márgini di rose
posposte dopo il mondo, in pieno --
disubbidire ai cambi delle lune,
alle terre - nére - di bagliore ---
La mia porta - fu l’álbero soffiato
da dentro la radice del tempo appena stato
Fu il corpo stupito al suo risveglio,
la mano che trasforma la notte in illusione
generando - davanti alla montagna -
mandragore di luce, e ignote
perle felciformi: gli occhi
minúscoli di sogni, all’altezza appesi
di un ramo - bifocale --
_____________
da Silhouette, Anterem Edizioni (Verona, 2013)
*
La terra, sognava, tutta sotto bacio, come
fosse questo affetto di limpida follia, luce,
a contrappunto, di strano nuovo incanto,
a ordine cresciuto dentro questo ramo : bacche
d’improvviso dette in terre stranissime di guglia
da dove, ecco, qui si approda, da dentro
tutta un’ombra mirabile a nitore appiccato nudo
*
da Il vogatore, Anterem Edizioni (Verona 2015)
*
Saremo visti sui tempi da sognare,
erranti e ancora soli? a tratti già rimasti
di buio sempre in braccio? tenda, di tre passi,
entrata di difesa nell’ombra dell’elmo che ti porto
in grazia, enorme, di bugia?
*
“Sei stato, disse, così felice!, di grazia ---
immota a luna, dove quanto ti sussurro
sono appena gl’occhi del tempo che non viene,
quésta sola fine vista dove spazia l’ál-
bero mortale ---
*
è chiuso, disse, in aurora abbastanza,
il rullare di mani? l’ombra, di tutti,
i cambi di bosco che ú-
signoli stupendi chérubinano in cielo
andando, indietro, tutti a ritroso ...
...
*
p.s.
tu, sai dirmi?, dei grandi
baci a rispondi del mare di dio
da scacciamosche (nugae), puntoacapo Edizioni (Pasturana, 2017)
… questo è il solo lembo
di cose già credute, lo strappo
nato per eccesso da te che cerchi
il bosco dopo il mondo …
*
È dimora che sprofonda dentro il mio respiro
questa lunga ninna che agita la lingua : eco ―
di fine insonnia a metafora di mondo, di nótte
che nega notte, infrangendo, dei corpi,
la presenza : dio di límpida radice, passato,
a porta chiusa, tra il lampo e la sua luce, óltre ―
il gelso che venne dall’abisso, fluttuando, come oro,
portato, per fame, al cro-cevia ---
---
da Afasia, Anterem Edizioni (Verona, 2021)
[è terra di rimbalzo l’obolo che cresce
a stilo della rosa? l’eco venuta a picco!
nell’argano riscritto a ronda di radice,
a forma, snodata a bosco!, nel tempo
di píccolo scandaglio, mí-surato a puro
taglio dello sguardo
*
[Iddio d’amore pieno nell’ebbrezza
del lampo più profondo, del tempo,
a fiato misurato, in frammezzi, ciechi,
di parole : órme venute in orizzonte,
a crisalide di fiore, a gemito che muove,
in luce residuata, la terra, svanita sotto ponte,
a conta di límpida radice
*
da Afasia, Anterem Edizioni (Verona, 2021)
Margit Koretzovà (Terezin 1942-1944)
disegnò a Terezin Le farfalle.
Se mi ami – soffia
sulle ali, le ali di farfalla,
quélla di Terezin. E allarga, allárga,
l’alba di memoria, fondandola vicino
al per sempre che si apre
in cime di specchi ripetuti. E poni,
poni un sasso, a nitore di fúlgido turchino,
un sasso, un sasso grande, in ore
di cesura di nudi amori nudi, e —
in becco al cardellino in lunga traversata
nel porto di ogni casa, perché resti
résti eterna la farfalla, e sempre da lì —
da lì ci guardi, da lì, da Terezin —
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da Via Crucis, puntoacapo Edizioni (Pasturana, 2014)