Sergio Gallo

Sergio Gallo è nato a Cuneo nel 1968 e risiede a Savigliano (CN) dal 1982. È laureato in Farmacia presso l’Università di Torino e lavora come collaboratore di farmacia. Ha pubblicato: Pensieri d’amore e di disastro, Tipografia Saviglianese 1991, La giostra di Venere, Mario Astegiano Editore 2003, Canti dell’amore perduto, puntoacapo, Novi Ligure 2010, Pharmakon, puntoacapo, Pasturana 2014; Corvi con la museruola, Lieto Colle 2017. Ha vinto il Premio «Giacomo Leopardi» (2006), il «Nuove Lettere» (2010) e il «Guido Gozzano» (2013); ha ricevuto il II Premio sempre al «Gozzano» (2010), il terzo al Premio «L'alberodirose» (2016); è stato finalista per l’inedito al Premio «Astrolabio» (2013), al Renato Giorgi (2015) e al Gozzano (2014, 2015). Finalista al Premio Fogazzaro 2017, sezione poesia edita. Suoi versi sono apparsi su La clessidra, Pagine, Le Voci della Luna, Il segnale e in diverse antologie, tra cui: L'impoetico mafioso e Oltre le nazioni, a cura di Gianmario Lucini, Edizioni CFR 2011; Poesia in Piemonte e Valle D'Aosta, a cura di Emanuele Spano e Davide Ferreri, puntoacapo Edizioni 2012; Cronache Da Rapa Nui, a cura di Gianmario Lucini, Edizioni CFR 2013; l'Almanacco Punto n.5, puntoacapo 2015; Bankruptcy a cura di Ivan Pozzoni, Limina Mentis 2016; l'antologia americana International Authors, Emanations 2+2=5, a cura di Carter Kaplan, Brookline, Massachusetts, 2015; Il Fiore della poesia italiana, Tomo II – I contemporanei, puntoacapo 2016; Dieci anni -Vol I, a cura di Ivan Pozzoni, Limina Mentis 2017. Hanno scritto di lui, tra gli altri: Mauro Ferrari, Ivan Fedeli, Alessandra Paganardi, Beppe Mariano, Alfredo Rienzi, Cristina Raddavero.

Flamingo road


Tutto mi sarei aspettato
quella tersa mattina di marzo
in via Cappuccini a Milano
che in un sontuoso giardino
tra esplosioni di magnolie
sorprendere immobili
un gruppo di fenicotteri
intenti a sonnecchiare.
Il dominante trampoliere
fulmineo capace d’estendere
il lungo e sproporzionato collo
per emettere dal becco curvo
grottesco e possente
uno stridente grido di protesta
come di tromba maldestra
al molesto passaggio d’un aereo.
L’intero stormo tra cacofonie
ridestarsi ma invece di prendere il volo
verso ancestrali rotte migratorie,
elegantemente ripiegare il collo
sulla nuvola rosa delle piume
e, celando la testa
sotto le ali color cremisi,
armoniosamente
riprendere a dormire.
Così altrettanti
avvezzi alla cattività
vivono incapaci di spiegare le ali.
 
da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

L'argironeta


Come il ragno palombaro
con tele argentee tesse
campane subacquee
dove intrappolare
diafane bolle d’aria
necessarie per vivere.
Così appeso sott’acqua
nell’osmotica tana
attende di catturare
avannotti, efemere
e nuovi frammenti
di sogni possibili.
 
da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

Le urla del riccio


                                    A Liliana
      
Senti ancora nel cuore della notte
le urla strazianti del riccio?
Quello che inavvertitamente
nel giardino hai arso vivo
dando fuoco alle sterpaglie autunnali?
Rintanato sotto il mucchio di foglie secche
avviluppato nelle onuste maglie del letargo
ormai senza via di scampo
gemeva lambito dalle fiamme
e i suoi acuti lamenti risuonavano
più lancinanti del disperato pianto
d’un bimbo, più inquietanti
del bramito improvviso d’un cervo
nella tenebra del faggeto,
più sinistri e lugubri
del canto notturno degli strigidi
mentre l’odore degli sterpi combusti
già si mesceva agli effluvi dolciastri
della carne bruciata.
Così in ogni corpo privo di vita
dei piccoli erinacei solitari
che inermi giacciono ai bordi delle strade
travolti senza pietà dalle automobili,
in ogni carcassa sbranata dalle volpi
o straziata dai becchi aguzzi
di corvidi spazzini, in ogni
appallottolato manto d’aculei
è il mio cuore, inconsolabile
per questo ed ogni tempo
di silenziose stragi.
Senti ancora nel mezzo della notte
le urla agghiaccianti
del riccio di terra?
 
da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

Lepisma saccarina


È in quel tuo apparire effimero
veloce lampo argenteo
di notturna creatura
che esposta all'improvvisa luce
fugge in cerca di riparo
o nell'argentea tua traccia
di sottili scaglie metalliche
lasciate sulle dita di chi
invano tenta di catturarti;
nel continuo inanellare di mute
che accompagnano da neanide
diafana a sfuggente imago
l'intera tua esistenza fragile
l'essenza dell'essere lepisma.
Quello stesso spirito
che sin dal tardo Siluriano
animava i tuoi illustri antenati,
tra i primi insetti
a colonizzare la terraferma.
Con cosa banchetterai oggi
zigzagando tra i detriti:
farina, forfora o francobolli?
Scaglie di pelle, fibre d'arazzi
rilegature di libri polverosi?
Avrai per dessert colla
a strati, inusitati
carboidrati o la tua stessa
dismessa esuvia?
È in quella strana danza d'amore
per attirare le femmine fino
al sericeo bozzolo di sperma,
la tua vita oltre la vita,
la tua vita oltre la morte.
Fuggendo ragni, millepiedi, forficule
a differenza d'estinte lucciole, cervi
volanti, sempre più rari lepidotteri... tu sì
che ci sopravviverai, insieme forse
a qualche robusto ratto delle cloache.
 
da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

Canto del picchio nero


Grande e nobile picchio nero
dalla calotta rosso carminio
il tuo greve e ondulato volo
stanotte m'è apparso in sogno.
O elusivo picide corvino
di formiche, insetti xilofagi
spietato cacciatore, difficile
è osservarti nel folto
d'un bosco di conifere
in ombrose fustaie di faggi
betulle, querce vetuste.
Il tuo canto invece
riecheggia potente
e caratteristico, facilmente
riconoscibile per chi assorto
si pone ad ascoltare.
[Così sa rapire il canto del poeta...]
I colpi di robusti becchi
su vergini cortecce scolpiscono
aguzzi profondi versi; un lungo
e cadenzato tambureggiare.
Alla base dell'umido terreno
in cumuli di schegge lignee
restano scavate parole; nell'
avido gozzo, ambito premio
di tanto encomiabile lavoro,
la prelibata larva della poesia.
 
da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

Aracnofilia


                            In collaborazione con Alfredo Rienzi
        
Tre sistemi nervosi ha l'intestino
due il cuore e il fegato altrettanti,
uno, uno soltanto è nell'encefalo.
Ragnatela di psiche e soma, spina
rete e inesausta fibra, filo di fuoco ed acqua
che organo ad organo interconnette.
Regia interiore che ogni pensiero plasma
e i sogni e le emozioni.
Al fondo d'ogni viscere s'acquatta
ciò che battezziamo inconscio:
il suo morso salutare
quanto quello del ragno violino,
della nera malmignatta.
 
da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

Gli amanti di Valdaro


         Vi è un segreto tra gli amanti che non è possibile spiegare.
         Né la penna né le parole lo hanno raccontato alle creature
                        As-Sulamî da Introduzione al Sufismo

 
Stimmi di zafferano
color sangue di bue
rosso oro dall’odor di miele
che solo delicate esperte mani
all’alba sanno raccogliere
e finemente lavorare…
Così di rubino le imenee strie
miste a rugiada di sudore
tra i corpi albini
parevano brillare
e sugli acerbi organi sessuali.
Lei dolce gli sorrise
ai primi raggi di luce,
la nuca carezzandogli.
Così mi piace immaginarli
e nel museo di Mantova
i loro scheletri politi
ancora poter ammirare:
da seimila anni giacciono
teneramente aggomitolati.
La zolla che li accoglie
al contempo è alcova
e neolitica tomba.
Sepolti nella necropoli
uno di fronte all’altra
le gambe intrecciate e raccolte
in posizione fetale; le mani
di lei sulle di lui spalle,
quelle di lui sul collo di lei
in un abbraccio eterno e mortale.
Mistero su cosa li abbia uccisi
se freddo, fame, malattia
o una morte volontaria
per astio, atto sacrificale
dissidi tra clan rivali, parole
sprezzanti come punte di silice.
Primevi Romeo e Giulietta
in un’epoca negletta,
avida di simboli d’amore
per noi vigliacchi e sensibili
ora riportati alla luce.

da Corvi con la museruola Lieto Colle 2017

Il grido d'allarme della pernice bianca


Al nostro passaggio sul nevaio
rinuncia al perfetto mimetismo
tra candide coltri e detriti morenici
il maschio della pernice: infastidito
ci apostrofa con un rauco e gutturale
suono, prima di spiccare il volo
in cerca d'un nuovo e forse
più tranquillo posatoio.
Il ventre e le ali immacolate,
il resto del piumaggio d'uno
screziato grigio-bruno.
Tetraonide e relitto glaciale
mai come in quest'epoca
d'anomale temperature
di ridotti ghiacciai, cupida
predazione venatoria, come
l'upupa, il capovaccaio, il grifone...
a rischio d'una irrevocabile
inesorabile estinzione.
 
Inedito

Becco di Lepre


Al quarto giorno di ricerche una
tra le folte schiere di soccorritori
t'ha trovato ormai privo di vita
lungo i pendii che conducono
al Becco della Lepre, le cui
cuspidi di scisto lamellare nero
svettano proprio di fronte
al lago delle Oronaye – specchio
del Mondo? Grembo di Dio? –.
Cima da cui godere d'una vista
spettacolare sul roccioso e infido
castello della Testa di Mosè.
Pare che un piccolo salto tra poco
salde rocce, tra creste insidiose
ai tuoi trentadue anni sia stato fatale.
Già era partita la consueta
retorica santificazione
sui social e sui giornali locali.
Che la verità sfili silenziosa nell'aria
come un aliante che nessuno vede
perché nessuno più guarda il cielo
o come antico frammento oramai
indecifrabile giaccia sepolta
dal tempo sotto strati e strati
più nemmeno individuabile da
addestrati segugi molecolari,
non ha importanza alcuna. Qui
si fabbricano miti senza indugi
ed una targa ben presto porterà
inciso anche il tuo nome. Il resto
ricordi, convinzioni, sentimenti
sogni, ma anche sbagli, fragilità,
inadeguatezze... all'incombente
oblio più non offre resistenze.
 
Inedito

Sul temibile Tenibres


Conca d'ossa di giganti
e fasci di nervi solidificati;
antro della Sibilla in ostica pietraia,
serrato da franosi ripidi canaloni.
Cielo e vertigine. Umore
scavato da agenti atmosferici,
squassato come da antichi oracoli
da smottamenti, crolli segreti.
Tra laghetti e sempre più esigui
nevai, l'irredimibile
scorrere tumultuoso
delle acque sotterranee.
Temibile Tenibres: conforto
e tribolazione. Fremito d'ere
geologiche, senso d'impotenza,
ignorate profezie.
Sulla vetta, avvolto
da madide nebbie, ostili nuvole
s'oscura il panorama, s'ottenebra
la salvifica visione.
Come esausta belva in gabbia
con grevi passi misuro il corridoio
tra la vecchia croce lignea
e quella più moderna, metallica.
È l'anima ora a esser diruta.
Appaiono due volti famigliari:
lo smarrimento svapora, s'agglutina
nuova insperata determinazione.
 
Inedito