Sebastiano Aglieco

Sebastiano Aglieco, insegnante nella scuola elementare, è nato a Sortino (SR), il 29 gennaio 1961. Tra i suoi libri: Giornata, La Vita Felice, Milano 2003 (Premio Montale Europa 2004); Dolore della casa, Il Ponte del Sale, Rovigo 2006; Nella storia, Aìsara, Cagliari 2009; Compitu re vivi, Il Ponte del Sale, Rovigo 2013, (premi Salvo Basso e Luciana Notari 2014, Selezione Il Ceppo, Il Ceppo 2015). Inoltre il libro di critica Radici delle isole, La Vita Felice, Milano 2009. E' consulente editoriale e redattore di diverse riviste di poesia, tra le quali: Il Segnale di Milano, Pentèlite, Gradiva, per la quale firma la rubrica “Il banco Celeste, poesia e pedagogia”. Ha collaborato alla stesura di progetti collettivi sulla poesia, tra cui il recente Passione poesia, letture di poesia contemporanea, CFR 2016.  Testi e interventi si possono leggere nei volumi collettivi, La poesia e la carne, La Vita Felice 2009, La bella scola, L’inferno letto dai poeti, Il ponte del sale 2005, In un gorgo di fedeltà, Dialoghi con venti poeti italiani,  Il ponte del sale 2006, In classe con i poeti, puntoacapo 2014. E’ presente nelle antologie: L’evoluzione delle forme poetiche, Kairos 2013, Inverse 2012, John Cabot University press 2012, Dialetto, lingua della poesia, Edizioni Cofine 2015, L’Italia a pezzi, antologia dei poeti italiani e in dialetto,Gwynplaine 2014, Percorsi diversi, Reggia Monza 2016, 43 poeti per Ischitella, Edizioni Cofine 2016, Il fiore della poesia italiana, puntoacapo 2016. Collabora alla realizzazione di ARGO, annuario di poesia, gwynplaine editore e PUNTO, almanacco della poesia italiana, puntoacapo editore.Fra gli spettacoli realizzati in ambito educativo, una trilogia sul tema dell’adolescenza:
Ali, scene dall’infanzia;
A proposito degli orchi, 5 pezzi per farli addormentare;
Verranno padri buoni.
E inoltre:
Periferie dell’anima, un progetto per il disagio, Quarto Oggiaro 2007;
Il cubo di Maria, in occasione del convegno internazionale dedicato a Maria Montessori, Chiaravalle, teatro delle Muse 2007, testo di Silvano Sbarbati, musica Lost Cloud Quartet.
Ha curato per la scuola, nell'ambito della diffusione della poesia, i progetti:
100 POESIE PER UN PC
L'ALBERO VIOLA, un laboratorio di scrittura poetica e un cortometraggio
ANIMAE un laboratorio di scrittura poetica e un cortometraggio
GLI ALBERI POETI/CI, testi originali di poeti italiani sul tema degli alberi, con variazioni dei bambini di una seconda classe elementare e un diario. Esperienza pubblicata presso le edizioni narcysolibri.I suoi blog: compitu re vivi (miolive.wordpress.com), e da uno spazio bianco
(daunospaziobiancoblog.wordpress.com)

(Il mastice sutura la tua bocca)


Il mastice sutura la tua bocca
in questo silenzio abissale delle bocche
ma io rimango un po’ distante
nessuno osa toccarti la faccia.
Questo ho tracciato tra i
miei occhi e i tuoi, questa
pioggia attesa, questo
freddo delle tue giunture.
Avrai il tempo di guardarmi, come
si guarda il bambino per la prima volta
ti accoglieranno i bambini come
hanno fatto oggi:
“Ben tornato, maestro
faremo del nostro meglio”.
Contro la cattedra
stretto nei loro corpi luminosi, in coro.
 
I bambini si mangiano la morte.
 
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

(La mamma ha portato l'acqua, un dono)


La mamma ha portato l’acqua, un dono
per le campagne, l’acqua nella sua bocca
dissetata. Senti? Un rosario ci accoglie
dalla distanza della casa per la pace nostra
perché tu possa ritrovare nello specchio di
Dio il viso delle origini, la dimenticanza
nel dono del battesimo; entrare nella
vita con la corona dei santi
il bianco virgineo delle pupille
un odore di fragola che presto dimentichiamo.
 
Ti porti questo canto alle porte
e sulla soglia della casa
non più dimenticata
non  più ti perderai.
 
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

(Piove, piove, piove)


Piove, piove, piove
devo tornare a casa
fermare la tua immagine distanziata
in un colore freddo della non-memoria
dove tutto è contenuto in un altro tempo
un tempo più pulito e più sincero
riaperto alle mani
al mondo dei bambini.
Circondatela nello stare quieto e nella
misura, nel mondo piccolo delle
piccole voci, sicura, nell’affetto delle voci.
Circondatela stretta fra i limoni
le more selvagge delle strade
gli amati  melograni
la granita al limone.
 
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

(Siate sereni e docili alla morte, tutto)


Siate sereni e docili alla morte, tutto
questo è per gli umiliati che non sanno
di un confine: essere nell’assenza dei bambini
come una consolazione. Non dicono
stringono le mani — malleoli, occhi
nella mia bocca annusano la tua morte
come i cani che si svegliano la notte.
Sanno del loro semplice potere
i Nominati, la prima volta che
veniamo, la prima volta che
ce ne andiamo. E mi stringono
nell’impazienza della resa
ti riconoscono al tatto, sputano il
latte della giornata. Siamo con te
dicono, non andartene oltre
lasciaci il pane, il rimprovero
le parole che ti dobbiamo.
 
(da Dolore della casa, Il ponte del sale 2006)

A matri fujùta nno scuru


Si scupppuliàu u tettu
nu ventu arraggiàtu u fici vulàri
scuppàu, fici tùmmula nno curtìgghiu
vicìnu, niscènu fora i fìmmini jttànnu
uci, ‘n cutèddu ci tagghiàu i testi
c’èrunu rasti rutti e sporti
ri latti, a matri ruppi i potti  
niscju ‘n ciumi
vippi tutti i vucchi r’addèi
e a màchina s’asdurrubbàu
‘m menzu e buffi.
 
La madre fuggita nel buio
Si scoperchiò il tetto/un vento feroce lo trascinò via/cadde sbattendo, nel cortile/vicino, uscirono le donne gridando/un coltello ci tagliò le teste/vasi rotti e borse/di latte, la madre ruppe le porte/un fiume straripò/bevve tutte le bocche dei neonati/e l’auto precipitò/in mezzo ai rospi.
 
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

A prima lìttira


Forsi, stu scantu
è na jastìma ‘nfracirùta ri tantu tempu
n’ùmmira senza raggia, lassàta a
stutàrisi rarrèri a ‘m muru
ri muffa e rina, e ora ti nnòmina
ti vuli canùsciri.
Jucàunu ‘n terra
 – c’era n’aria ri mari, u piccirìddu   
sintju  na uci ca unciàva a stanza  
‘n ciàuru ri rosi sicchi
na navi ‘mbriaca.
Eff comu focu
comu patri e matri.
Nun c’era chiù tempu prima ri ogni
eff, prima ri ogni zita.
 
La prima consonante
Forse, questa paura/è una maledizione infracidita da tanto tempo/un’ombra quieta/lasciata a spegnersi dietro a un muro/di muffa e sabbia,  e ora ti chiama per nome/vuole conoscerti./Giocavano a terra/– c’era un’aria di mare/sentì una voce che gonfiava la stanza/un odore di rose secche/una nave ubriaca./Eff come fuoco/come padre e madre./Non c’era più tempo prima di ogni/eff, prima di ogni sposa.
 
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

‘Stati

Ti riuòrdi a dda sira?
Na stati atturràta, na vuci
sbannuliàva r’o curtìgghiu
e ju, rintra, nun ci vulèva stari
ju ciccàva a ucca ca potta
a mmari, sciuri njuri e fantàsimi, vardiàni
ro sonnu putènti re criatùri.
Ni lassàu a nnucènza
si ni ju na dda ucca ri vasi u to culùri
a macchia spuntàva  nna carnazza
a rosa ciaurùsa si sfasciàva.
 
Estate
Ti ricordi quella sera?/Un’estate caldissima, una voce/che faceva proclami dal cortile/e io dentro non ci volevo stare/io cercavo la bocca che porta/al mare, fiori e fantasmi, guardiani/del sonno potente dei bambini./Ci lasciò l’innocenza,/se ne andò in quella bocca di baci il tuo colore/la macchia spuntava nella cattiva carne/la rosa odorosa si sfasciava.
 
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

Matri njura


Chiama ra ‘n fossu, nu ruppu ri
tammùru ca ‘nfùnnica u sancu
ti fa vèniri ri sciancu e i to
manu m’abbràncicunu.
Veni versu a mmia
ràpiti na strata nna l’occhi
nno chiantu scuru re ucchi.
Njura, comu ti visti, comu nun
ti chiancji; stiddàta.
I frazzi sèntunu u pisu
i nnomi s’ammùccunu cu chiama.
Chisti fùrunu i spadi: bestèmmji ca
‘ncùcciunu petra e celu.
 
Assisi, 27/03/2005
 
Madre nera
Chiama da un fosso, un groppo di/tamburo che sprofonda il sangue/giungi dal fianco e le tue/mani mi afferrano./Vienimi incontro/apriti una strada negli occhi/nel pianto scuro delle bocche./Nera, come ti vidi, come non/ti piansi, stellata./Le braccia sentono il peso/i nomi divorano chi chiama./Queste furono le spade: bestemmie che/spaccano pietra e cielo.
 
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

Via degli Orti


I
Guardami, signora dei viandanti, dal
gradino della nostra notte buia!
Ho tanto camminato nella notte di
questo tempo, sconosciuto a me stesso
portando la mano al petto e
genuflesso per consolazione.
Le ho fermate tutte le parole
il peso che mi stringe le ginocchia
gli alberi posati e respirati
con l’animo leggero dei bambini.
Io ho questo soltanto: questo
peso che schiuma nella gola
la mano col seme degli alberi
i fiumi che si stringono al mio tempo.
A moltitudini giungo a te
e mostro il fango nelle scarpe
piccole rese delle bocche
qui, a distanza di anni
senza onore e senza timore
il fiato genuflesso della piccola preda.
Guardaci, guardaci
per sempre con lo sguardo buono
delle bestie, del bambino nel tuo
baratro, tendi le mani
risorgi nel gonfalone dell’amore
la più alta spina verticale.
Veniamo a te nella distanza
col tamburo lanciato nel sangue
nell’angolo in cui gli occhi
si fermano davanti al muro
e ricordano, e ritornano al corpo
pesato in grammi
disperdono, nel grande ventre
le prime parole tramandate
dimenticano il desiderio
l’orto fiorito dei giorni antelucani.
 
Ora del crepuscolo.
Fine della luce.
 
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)

(Scrivo da questa altezza)


Scrivo da questa altezza
Binario 21, vertigine dei miei giorni.
Liberami, signore, da questi lacci
contempla il tempo mio tutto
nella vertigine e nella gola
spalancami negli occhi dei bambini
liberami di me, da me stesso
dalle mie parole.
 
Io volevo parole per tutte le cose
ma le cose, nutrite, morivano.
 
(da Compitu re vivi, Il ponte del sale 2013)