Milo De Angelis

Milo De Angelis è nato nel 1951 a Milano, dove insegna in un carcere di massima sicurezza. Ha pubblicato Somiglianze (Guanda, 1976); Millimetri (Einaudi, 1983); Terra del viso (Mondadori, 1985); Distante un padre (Mondadori, 1989); Biografia sommaria (Mondadori, 1999); Tema dell’addio (Mondadori, 2005), Quell'andarsene nel buio dei cortili (Mondadori, 2010). Ha scritto un racconto fiabesco (La corsa dei mantelli, Guanda, 1979, ristampato da Marcos y Marcos nel 2011) e un volume di saggi (Poesia e destino, Cappelli, 1982). Ha tradotto dal francese e dalle lingue classiche: Racine, Baudelaire, Blanchot, Eschilo, Lucrezio, Antologia Palatina. Nel 2008, presso La Vita Felice, è uscito Colloqui sulla poesia, dove appaiono le sue principali interviste, a cura di Isabella Vincentini. Nello stesso anno viene pubblicato un volume che raccoglie tutta la sua opera in versi (Poesie, Oscar Mondadori, a cura di Eraldo Affinati).

La luce sulle tempie

Che strano sorriso
vive per esserci e non per avere ragione
in questa piazza
chi confida e chi consola di colpo tacciono
è giugno, in pieno sole, l’abbraccio nasce
non domani, subito

il pomeriggio, i riflessi
sui tavoli del ristorante non danno spiegazioni
vicino alle unghie rosse
coincidono con le frasi
questa è la carezza

che dimentica e dedica
mentre guarda dentro la tazzina le gocce
rimaste e pensa al tempo
e alla sua unica parola d’amore: «adesso».

da Somiglianze  (1976)

Ora c'è la disadorna

                                  
                                          In noi giungerà l'universo,
                                          quel silenzio frontale dove eravamo
                                          già stati

Ora c'è la disadorna
e si compiono gli anni, a manciate,
con ingegno di forbici e
una boria che accosta
al gas la bocca
dura fino alla sua spina
dove crede
oppure i morti arrancano verso un campo
che ha la testa cava
e le miriadi
si gettano nel battesimo
per un soffio.

da Millimetri (1983)

Nei polmoni

La coperta, la sua  forza, mentre crescevamo
O gli occhi che  ieri furono ciechi,
oggi tuoi, ieri l’inseparabile. Le fiale,
il riso  in bianco diventano l’unico
mondo senza simbolo. Materia che
fu soltanto materia, nulla che
fu soltanto materia. Vegliare, non  vegliare, poesia,
cobalto, padre, nulla, pioppi.

da Terra del viso  (1985)

Telegramma

La finestra è rimasta come prima. Il freddo
ripete quell’essenza idiota di roccia
proprio mentre tremano le lettere di ogni parola.
Con un mezzo sorriso indichi
una via d’uscita, una scala qualunque.
Nemmeno adesso hai simboli per chi muore.
Ti parlavo del mare, ma il mare è pochi metri quadrati,
un trapano, appena fuori. Era anche, per noi,
l’intuito di una figlia che respira
nei primi attimi di una cosa. Carta per dire
brodo e riso, mesi per dire cuscino. Gli azzurri mi chiamano
congelato in una stella fissa.

da Distante un padre (1989)

Donatella

La danza fiorisce, cancella il tempo e lo ricostruisce
come questo sole invernale sui muri
dell’Arena illumina i gradoni, risveglia insieme agli anni
gli dei di pietra arrugginita. «C’è Donata De Giovanni?
Si allena ancora qui?»«Come no, la Donatella,
la velocista, la sta semper de per lé.»3

Mi guardava fisso, con l’antica dolcezza milanese
che trema lievemente, ma sorride. «Eccola, guardi,
nella rete del martello…la prego…parli piano…
con una mano disfa ciò che ha fatto l’altra mano.»
“chi è costui? Un custode, un’ombra, un indovino…
quali enigmi mi sussurra?” Si avvicinò
a Donata, raccolse una scarpetta a quattro chiodi.
«La tenga lei, signore, si graffia le gambe…
…povera Donata…è così bella…lei l’ha vista…»

«Forse il punto luminoso della pista
si è avvitato a un invisibile spavento, forse
quest’inverno è entrato nella gola insieme al cielo:
era sola, era il ventuno o il ventidue gennaio
e  ha deciso di ospitare tutto il gelo»

«O forse, si dice, è successo quando ha perso
il posto all’Oviesse, pare che piangesse
giorno e notte…per non parlare di suo padre…
i dottori che ha chiamato…mezza Milano»

«Io, signore, sbaglierò, le potrà sembrare strano
ma dico a tutti di baciarla, anche se in questo
quartiere è difficile, ci sono le carcasse dell’amore
c’è di tutto dietro le portiere. Sì, di baciarla
come un’orazione nel suo corpo, di baciare
le ginocchia, la miracolosa forza delle ginocchia
quando sfolgora agli ottanta metri, quasi al filo
e così all’improvviso si avvera, come un frutto»

«lo dica già stasera, in cielo, in terra, dappertutto,
lo dica alle persone di avvicinarsi: ne sentiranno
desiderio – è così bella – e capiranno che la luce
non viene dai fari o da una stella, ma dalla corsa
puntata al filo, viene da lei, la Donatella».

da Biografia sommaria  (1999)

(tutto era già in cammino)

Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre
di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,
assorta, diventò il primo battito. Il nero
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.

da Tema dell'addio  (2005)

Per Viviana Nicodemo

Ho saputo, amica mia,
che sei stata in un limite. Anch’io
negli intervalli di una sola e grande morte
dormivo tra i casolari
dove si raccolgono d’inverno
con la parola disunita e il fitto
delle idee: entrava
un profumo di uva passa e la neve
dell’incontro ha percepito
la mia notte nella tua.

da Quell'andarsene nel buio dei cortili  (2010)