Angelo Tonelli

Angelo Tonelli, poeta, performer, regista teatrale, è tra i massimi grecisti viventi. ? Opere di poesia: Canti del Tempo (vincitore premio Eugenio Montale), Crocetti 1988; Frammenti del perpetuo poema, Campanotto 1998; Alphaomega, variazioni per violino e voce, Abraxas/Keraunós 2000; Poemi dal Golfo degli Dei/Poems from the Gulf of the Gods, Agorà 2003; Canti di apocalisse e d’estasi, con introduzione di Roberto Bertoni e appendice di traduzioni in inglese, tedesco, ungherese, latino a cura di Antonio Staude. Opere di saggistica e edizioni di classici: Sulle tracce della Sapienza (Moretti e Vitali 2009) Sperare l'insperabile: per una democrazia sapienziale (Armando 2010); Le parole dei Sapienti: Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso (Feltrinelli 2010); Eschilo, Sofocle, Euripide: tutte le tragedie (Bompiani 2011, 3100 pagine, testo a fronte); Lamine d'oro orfiche (Tallone 2012);); in corso di stampa: Le parole dei Sapienti, vol. II: Eleusi, Orfismo, Laminette d'oro orfiche, Papiro di Derveni (Feltrinelli); Introduzione alla tragedia greca (Bompiani). 

(la sabbia dove corpo e mente posano)


la sabbia dove corpo e mente posano
e l’onda la lambisce è cosa viva
che affonda dentro sé, io sono niente
e sono l’orizzonte, il mare, immobile
gabbiano sullo scoglio, sono l’isola
che l’onda già sommerse e adesso vigila 
sul giorno e sulla notte, inamovibile 
madre di ogni guizzo, di ogni esile
 risorgere di vita. È canto, musica 
il fremito attutito, non visibile
che agita la pietra, la congiunge
al cuore di cristallo delle acque
che scorrono profonde, senza limite

Da Canti di Apocalisse e d’estasi

(gli dèi sono qui)


                    Gli dèi 
sono qui. Divampano nel giorno, che ne brulica
l’isolotto di fronte, che ne palpita
il mare nell’ora dello zenith. Vengono
da est-sud-est, che dormivano
un sonno di morte dietro l’isola. Sono 
qui, nel vento tiepido, primavere 
dell’aria. Gli amati, che morivo 
in loro assenza, i sorridenti, che svanivo 
in loro assenza. Adesso 
brillano tutte le isole e questa 
che dalla palma prende nome e il cuore 
è libero animale nelle mani 
dei divini viventi. Non è più 
tempo di memoria, ma di canto

Da Canti di Apocalisse e d’estasi

(o angelo del mare)


o angelo del mare, trasparente
signore degli abissi, tu che vegli
l’equilibrio delle acque, tu che intendi
quale forza segreta muova onde
e maree, tu che conosci
l’invisibile corrente circolante
tra anemoni e coralli e sfiori il dorso
lucente dei delfini e delle mormore
o angelo di vita, quando il vento
si placa e tace il mare e la mia mente
comincia a dileguare
nell’infinito, se conoscere
è lecito e sentire e nominare
un Angelo in presenza, reggi il ritmo
dei miei umani giorni, fammi entrare
nel cuore della vita a onde lunghe
e lente quali lambiscono la riva
oggi di sabbia e pietre un ondeggiare
calmo e potente, dal centro del mio essere
al centro dell’Amore, che gli dèi 
conoscono e distillano irradiando
 luce su luce d’ombra
dai golfi non visibili che scindono 
onda da onda e in questo separare 
congiungono me con me, mare con mare


Da Canti di Apocalisse e d’estasi

(Che cos’è sapienza? Che cos’è poesia?)


Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è contemplare
la luce e l’ombra,
nel vuoto-luce.
 
Poesia è il mare 
che scintilla allo zenith
la luna che sprofonda nell’alba.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è sentire la pena
come catena d’oro che unisce i viventi.
 
Poesia è il gesto sospeso
tra inquietudine e amore
la farfalla che sfiora il giglio, in controsole.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è non fare mai guerre
e se la guerra ha avuto inizio per cecità
sospenderla, con resa totale.
 
Poesia è il campo di papaveri e girasoli
appena prima che sorga la luna,
lucente, nell’ombra.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è sentire tutti 
come fratelli e sorelle
su una stessa via
e convocare al risveglio.
 
Poesia è il melograno 
che si apre di netto sotto il fendente
per ostendere il suo ventre luccicante
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è il colibrì dell’anima
sospeso sul velluto
trasparente dello spirito.
 
Poesia è il tumulto del cuore
che si fa petalo di saggezza.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è la luce che dimora dentro
e attende di essere scoperta
quando il buio è più fitto.
 
Poesia è l’astro
che si specchia sul dorso del mare
nella notte segreta.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è la giusta distanza
dall’Ignoranza planetaria 
dall’avidità, dalla violenza. 
 
Poesia è la notte,
madre delle lucciole e dei gelsomini.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è il tempo oltre il tempo
frammento del divino in noi
abolito orgoglio.
 
Poesia è la nuvola
che si frantuma in perle
d’acqua.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è l’umano 
che si trascende, trova dimora
nella luce, nel silenzio.
 
Poesia è il germoglio-frutto
offerto dalle dita della dea.
 
Che cos’è sapienza?
Che cos’è poesia?
 
Sapienza è un addio, un ritorno,
un essere così semplicemente
nella quiete lucente.
 
Poesia è l’anima 
che si coglie nello specchio,
vita che va oltre di sé.


Da Canti di Apocalisse e d’estasi

(scintillano dal mare sempre calmo)


scintillano dal mare sempre calmo
riverberi di mille e mille vite
lanciate contro il cielo nell’agosto
del fuoco culminante, fino al cuore
dell’inverno che pietrifica il sentire
e scava longitudini di tempi
ascosi, rinascenti,
quando saetta la folgore citrina
dell’attimo. Rifulge
per un istante il palpito più intenso
di tutta la catena di esistenze
accese, arse, infine spente
allo schiocco di dita degli dei
di quarzo e di corallo, i rimiranti
le trame variopinte della physis,
la morsa di metallo dell’anánke

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(il fiume è generoso)


il fiume è generoso, il dio del fiume, che distilla
una quiete da aurora primordiale
quando il sole trionfa, nell’estate
serena delle ali dispiegate
in piena libertà tra acqua e cielo,
azzurri, conciliati in perfezione
di anima e di spirito, musica
vivente di minuscole e maiuscole
creature delle altezze e degli abissi.
Il fiume è generoso, il dio del fiume,
con il poeta che soggiorna ore e giorni
a contemplarne il flusso senza fine
che trabocca, all’orizzonte, in  altre acque.
Guizzano uccelli blu cobalto in controsole.
Già si placano
le grida dei gabbiani, si avvicina
dalle gole dei monti la notturna
madre dei viventi, golfo sacro
per il palpito lontano delle stelle

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(mare che ti inabissi e ti inargenti)


I
mare che ti inabissi e ti inargenti
signore di riverberi e di anemoni
nascosti nel profondo, cuori mobili
di luce-sangue-luce… amare, immobili
a tuo cospetto sorgono parole
dal calamaio denso della mente
che miete moltitudini di astri
nella volta di cinabro e di ametista
del cielo a mezza notte, in fitta schiera
ridenti mondi nuovi, e altri salmastri
misteri, o vellutati, come la risacca
nell’istante che incontra l’onda nuova
sospende e spazio e tempo nell’arreso
vortice dello slancio e del ritorno…
il tuo rimbombo rivela la sostanza di poesia:
avere occhi di dio, di dea, vivere sempre
malie miracoli alchimie
di luce e ombra, sempre conservando
un fiore di passione e meraviglia per la vasta
dispiegata vita; sempre trascendere
amandolo
il tragitto delle ore e delle carni, sempre donare
ben più del ricevuto; è poesia
il cadavere disfatto, vomitevole
all’olfatto, e l’erba tenera
nelle rovine baciate dalla charis 
dell’anfiteatro di Luni, stracolmo di gigli.
Ma mi graffiano gli artigli
esiziali della dea, squarciano il petto
e ostendono interiora da immolare
un giorno al Dio del Cosmo che ci nutre
e si nutre di noi. Intanto taglia
la mezza luna compatta nubi nere
sul mare tempestato di riflessi
paesi-lanterna nella notte. Intanto  è musica
il tonfo reiterato delle onde
contro gli scogli lucidi di brina
degli abissi, dormono
sotto le stelle Delfi, Stonehegge, Tenoctitlan:
il tempo scivola
sui marmi e sui coralli, un doppio sole
riscalda l’invisibile e il visibile
mondo. Si dissolvono
in luce anche gli dei

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(il tempo dell’abisso è rosa mistica)


II
 
Il tempo dell’abisso è rosa mistica
e il tempo delle cose è suo riflesso.
La colonna di marmo che precipita
dall’alto sprofonda nella cenere
sottomarina del Golfo-Meraviglia.
Ascolta rombi assorti di conchiglia
ronzare in pieno etere quando le ciglia
la Grande Dea dischiude che si erge
ridente, gigantesca, ineludibile
in controcielo, la Sorgente
delle cose visibili: la spiga 
mietuta nel silenzio allora a Eleusis
e adesso roteata in pieno sole
intona il mantra cieco ma rovente
della vita sorgiva, la morente
mai. Ho visto
la Nave dei Morti scivolare
lungo il Nilo e intanto stormi
di pellicani blu accoccolarsi
nella Baia dei Delfini tutti d’oro.
Tende l’arco
un Apollo distratto e già ci sfiora
sibilando in controluce il dardo aureo.

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(il mare è sterminato)


III
 
Il mare è sterminato, sterminato
il computo delle viventi e delle morte
creature: pullulano
infinità di mondi a ogni sguardo: è questa
la prima certezza. La seconda
il lampo di sangue nella cornea
della Dea: ogni fiorire
nasconde uno sfiorire, ogni bellezza
un orrore, ogni cosa
si converte nel contrario, non riposa
mai. La terza
certezza è il sole allo zenith,
fermo, nel suo splendore.

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(se scavi nella terra trovi pietra)


Se scavi nella terra trovi pietra
e se scavi nella pietra l’infinito.
Hanno corazza dure le visibili
cose, che salva da morte. E tutte si travagliano
a difendere i confini e i contorni
dell’involucro vivente mentre trascorrono
i molteplici tragitti dell’esistere
nel pianeta tra i pianeti, a notte e luce.
L’incrocio degli sguardi apre all’enigma
più arduo: riconoscere
assoluta consistenza all’apparire
di cose tra le cose, oppure scorgere
nello sguardo dell’altro l’Uno-Oltre
che apparenta il sogguardante e il sogguardato
in una sola energia materia
che circola alla radice di ogni essente?
Se scavi nella terra trovi pietra
se scavi nella pietra l’infinito.

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(colline come onde)


V
 
Colline come onde. E deserti.
Il mare scava onde nella terra, velieri
di schiuma biancheggiano
nelle notti inargentate dalla luna.
Ho udito l’uccello di Minerva
ridendo e interrogare
gli intervalli tra erba e tenebra. Poi la pioggia
ha scavato crateri di luce.

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(deserti come maree)


VI
 
Deserti come maree. Il vento
ha sepolto nella sabbia Tebe e delfi, Gerusalemme
aspetta il suo turno. Lo stesso vento
sibilava tra i crateri di Marte
e nelle pianure della Luna. Nessuna cosa
ne è esente: sentilo il suo rimbombo
dietro le quinte del  pianeta, mentre la sera
pacifica il giorno e già barbugliano
le luci in lontananza di città
sottomarine, e un frassino fulgente
sorge tra le colline
adesso blu.

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)

(la notte riversa petali e ametiste)


VIII
 
La notte riversa petali e ametiste. Ci sono
mondi dentro mondi: come una matriochka
così è la Vita. Un falco  d’oro 
si invola oltre le fronde, tra le stelle
invisibili.

Da Canti del fiume più vasto (raccolta inedita)