Nata a Parma, vive a Milano. Suoi libri: Cantare semplice, Tam Tam‘84, Lettere giovani Campanotto '90, Il Cantare, Campanotto‘91, Le Moradas, Empiria‘96, Estranea(canzone)Manni 2000, introduzione di A.Zanzotto, Corpus solum, Archivi‘900, 2002, Album feriale Archinto 2005, Selected Poems, Gradiva 2008, N.Y., China, Effige 2010, I Compianti, Effigie 2013/'015: la prosa in Vitae, La Vita felice 2017. Cura dal 1985 la rassegna e relative antologie, Donne in poesia, e le rubriche: Scrivere al buio, (Casa della poesia ), Le Silenziose Book City, Muse, Autori Resurrezioni (Expo cultura). Il convegno nazionale Bambini in rima/La poesia nella scuola dell'obbligo, Atti su Allfabeta 1988. Premi: Tropea, Cittadella, Alghero Donna, Nosside,Borgomanero, Montano, Città S.Vito, Contini, Metauro, Alda Merini, Pontedilegno, Città di Como, Europa in versi. Cinquina al Viareggio. Tradotta in varie lingue ed antologie. Collabora con Laboratori di scrittura a Lettere, Università agli studi di Milano e di Parma
Come sei bella sembri
una montagna, differenza che si eleva
sopra di me il tuo ritmo
è sapore rosso sapore blu
tutto ti appartiene, nessuno
io non ti appartengo.
Un idealismo-pensiero che mi delizia
ha la mia donna ideale, sogna
su tutte le pene delle altre donne.
Non sarà la cerniera dei corpi la parola
ma lingua di rosa
come meteora venuta.
Signore dei tratteggi
delle cuciture e dei viaggi
per un giorno cambia le linee
che il bambino nato è male e vuole
ricompiere passi e giorni
storce le chele gira
la risucchiata calma che concede la ruota
e sole e nuvole possono
rompere i suoi lunghi passi,
signore delle cuciture e dei viaggi
voce clamante breve, lieve
fola dell’anima lavora.
a Nadia Campana
Con un’amica niente più bianco
e nero, né morte
di nuovo dio piccolo
dio diffuso
tante piccole teste noi
e plurali sulla terra,
sui muri della schiena
incubi e infanzia da vedere.
Cantare le righe
le miglia di un’altra, scomparsa
. non consumabile silenzio
Con una nave niente più bianco
e nero,
solo dio piccolo
piccolo e diffuso.
Esiste la deliziosa,
prossimità, non il perfetto amore.
E intanto
lunghi tragitti tratti
erosi da pianto, polvere
di sentieri assembrati angoli della mente che
stavano per sfollare e – sostano,
campi desertici
trasferimento, letto come strada
silenzio non ancora pace.
Naufragio il primo giorno – non avvicinarti
e tutto il tempo intorno, pesci
tu prega moderna
la morte di un uomo, lo stento del tuo uomo
è l’ora splendida peccata mundi.
Conca e albero, volontà e
firmamento nelle sue volute navigano
le mie navicelle
non so se accese
nella discesa libera infinita
sottomarini a noi stessi.
E la storia ripete
solitaria importanza, date e
date, stupita picchietta a morte
nel fortino sicuro della mente
lenti le svaniscono i domani
lodi ben tornite le sue mani.
C’è gloria nella storia nella
avvenuta avventura umana
con poche cose,
ora imparo
dal buio, il ri abbraccio.
Parlato a mio padre vestito da respirante, sussurrante
albero che parla (e che mi ama), cime alla luce
occhi luminosi ogni tanto esso è qui, davanti
sta dicendo precise cose. Respira. Commenta (mi
rimprovera, anche, mi contraddice).
Di pomeriggio lo vedo bene che il sole fa luce,
di passaggio di nascosto che fa luce: e
me li porto con me, per digiunare gli occhi,
per le scale per le strade, poi divento normale
sottile netta e bianca.
Tu sei di specie piccola
mansueta, che ricalca i solchi di sabbia
nel terreno e con le mani bisbiglia
parole strane come le bestemmie
e piange sangue dagli occhi,
come i santi e gli ebeti in sordina;
sii tranquilla, niente di tutta questa
morte ti avvicina.
Non è voce la tua che canti il male,
nella danza cannibale di fondo
quella pentola brucia da più secoli,
senza che al brodo corrisponda
la carne abbrustolita sembra
fuoco d’inferno, ma è impostura
specchio segreto di paura di tutti - e
di nessuno. Ha nome invidia, panico folle
abbandono di senno, non pietà e
paura, ancora e sempre stolida
paura che divide e fomenta, che tortura.
E’ là nel corso amico della storia
che vorrei tornare,
precipitare in corsa
prender quota - camminare.
C’è un paese amico che mi segue e chiama,
ha nome amicizia affetto figlia
e poi, animali.
La piantina che sente si stupisce
di queste orecchie gravide del mondo,
non capisce. Coglie che
qualcuno è in movimento già nei piedi
- prato di un cammino. Lo trattiene,
non vorrebbe tutto quel chiasso
e il fiato non udire
preferisce tenere a sé le mani
strette nelle sue
più forti di quel mistico morire.
che di “sostanza” amavi fare scorta,
Tu, che la ciccia dolce e imperturbabile
portavi addosso come collana d’oro
che non osasti mai smentire tale,
il grande corpo della madre, trovasti
nella impenetrabile magrezza ultima,
una catarsi mistica di te sognata, tappa
ritmica del corpo e cuore di ragazza
che diceva no al suo cibo.
Una sua splendida trovata vita,
poiché dal lato di magrezza del pensiero,
spirito dal lato sconsolato di tuo corpo attento
febbrile sua muscolatura,
scatto dei “no” ripetuti in fondo al tempo
dove non ti eri più plasmata. così, agli ultimi
tu lo facesti integra, t u o.
Né pancia o adipe più rivedemmo
ma corpo asciutto di ragazza.
I )
E' forse questo il tremito, in occhi sconosciuti
i miei, già conosciuti,
è forse vero il verso che dice il tocco
i salti della voce. Lei è cresciuta
non parla la t u a voce -
presa per mano ti guardava tornare, e poi andare,
mi seguitava il corpo, ne assecondavo
il suo respiro, due sono una
ora è uno e uno. Ora
i suoi occhi luccicano con una margherita
appesa al lobo ma di luce propria
senza infingimenti e lei là, un gran andare
per una corsa sua segreta,
tra fili d'erba e treni, caramente
d'oro il suo sorriso.
Lei non ascolta se cammina, non ti vede più
sei tu alle spalle, la conosci
dal silenzio dei passi, lei non corre
più accanto alla tua vita ma davanti,
la sospinge e spinge via.
Lei non sa nulla
ma se la guardi appena, dietro al viso c'è
ancora quel sorriso e gesto pieno
della mano ha il volo
di un gabbiano nato intorno al seno,
ne aumenta le parole.
II)
Nel giorno che precede la vedrai
varcare sola, e sola sarai tu
che là pazienti sulle orme delle mani,
cerchi il tuo sangue quando
volata via con te, ma dolcemente
piano, in una sua salita
ne disegna l'arco di una vita
piccola più della tua, sognata.
Era figlia già quando nessuno conosceva,
era lombrico molle piccolo
nella tua mano, e silenziosa.
Ora che scappa e ride con le amiche
piano poi copia parole da poeta,
da una canzone, come un'orsa agile leggera;
dicono non ti somigli, e invece
piano, lei scrive in versi la sua notte,
si trucca gli occhi, ride. Si seduce.
L'immagine che guarda fissa è la sua vita
non lo sai se è aperta
o chiusa al tuo orizzonte ma
decisa, scende dalla sua strada
in una s u a radura...
Ogni mattina
chiude piano le porte.
Essa è più felice di te che, di fortuna
la vedesti nascere alla vita
lei tace ride, si compiace, aspetta
i tempi delle sue radure. ( L'amore
la seduce), il corpo dondola ma esplode
nell'ansia di una primavera forte,
piena di odori . E lei profuma,
dice alle amiche, tagga sul video
una sua luce. Poi si gira e ti scopre
alle sua spalle, ne urla, ride;
non sa come tenere esorcizzato quel dèmone
che è un'Altra donna, una che in piedi
crede specchiarsi
nelle sue gambe nude. Non capirà.
III)
Lei è più libera più umana, non conosce
guerre, né latitudini del nero,
il novecento appena lo ha leccato ma dopo,
quando venne valicato nel suo tam tam,
sinuosa, nel digitale totem - si è raccolta.
Dorme o ticchetta i suoi messaggi. pensa
nella luce e intanto,
in semicerchio si accavalla ai corpi delle amiche
in cerchi di fumo e di parole
vola via leggera, si traduce
Tu ti distacchi e sposti, la guardi scivoli via
piano per non ferirla
ti mostri neutra amica, taci, ma lo diresti
quanto sangue e voce ci è voluta per tagliare
quel cuore intero in una luce sua,
che ti divora. scompare
se c'è un emblema vostro, lei lo saprà
capire, lei non ha paura.
Tu, una chiave di notte
nel suono delle sue parole ti ha acceso
il video della mente e poi,
non turba più -
per quella mano speculum sul cuore
ti senti piccola e sperduta,
la sua nascita va verso la tua morte.
Ma lei serena guarda e stacca,
non capisce.
IV )
Uscendo piano dalle porte,
credevi non udire quel pianto secco
che ti prese nel salutare quando
tua madre nell'abbandonarti ancora,
una seconda volta se ne usciva zitta e
solenne, verso il suo bell'ade, fasciata
in oro andare nella vita.
Ma Lei sarà - nata dal riso domina
nella silhouette radiosa, circonfusa.