Francesco Tomada

Francesco Tomada è nato nel 1966 e vive a Gorizia, dove insegna Biologia e Chimica nelle scuole superiori. Dalla metà degli anni novanta ha partecipato a letture ed incontri nazionali ed internazionali, così come a trasmissioni radiofoniche e televisive in Italia e all’estero. I suoi testi sono apparsi su numerose riviste, antologie, plaquettes  e siti web in Italia, Slovenia, Canada, Francia, Slovacchia, Lituania, Austria, Messico, Spagna, Svizzera, Belgio.  La sua prima raccolta, “L’infanzia vista da qui” (Sottomondo), è stata edita nel dicembre 2005 e ristampata nel marzo 2006. Nel 2007 ha vinto Premio Nazionale “Beppe Manfredi” per la migliore opera prima. La seconda raccolta, “A ogni cosa il suo nome” (Le Voci della Luna), è stata pubblicata nel dicembre 2008 ed ha ricevuto riconoscimenti in diversi concorsi  (Premio Città di Salò, Premio Litorale, Premio Baghetta, Premio Osti, Premio Gozzano, Premio Percoto). Recentemente ha curato un’antologia sulla produzione letteraria della Provincia di Gorizia dal 1861 ad oggi.

http://rebstein.wordpress.com/2011/11/05/francesco-tomada-nell%E2%80%99ordine-dei-nomi/

Il terremoto del ‘76


Quando venne il terremoto del ‘76
era sera ed io avevo otto anni
uscimmo tutti di corsa nei cortili
così come eravamo, noi bambini già in pigiama

ricordo la casa che tremava nel buio
e non ho mai pensato che potesse cadere
ma avevo paura, paura per il rumore
e perché si muoveva la terra
e restava ferma l’aria

una cosa sconosciuta

il contrario del vento

La misura


Dieci centimetri tra la mia macchina
e quella più vicina nel parcheggio

dieci centimetri anche tra il tuo corpo e il mio
ieri sera che non abbiamo fatto l’amore
avremmo voluto
ma cosa c’era tra di noi: stanchezza
o silenzio di parole trascurate
o paura di non ritrovare 
la stessa confidenza di altre volte 

poi dicono che la lunghezza
sia qualcosa di assoluto e misurabile

dieci centimetri
tra due auto sono spazio
tra di noi una distanza

(sono queste le righe che cercavo per Rose)


Cosa c’è nel museo di Auschwitz

ci sono scarpe abbastanza da calzarne i piedi
di una intera generazione

occhiali per vedere tutti i panorami d’Europa

valigie per milioni
di possibili ritorni a casa

tutti questi oggetti sono rimasti uguali a prima
il nome sulle etichette il fango secco sulle suole
solo una cosa è andata avanti
- non posso proprio chiamarlo vivere – 

c’è una stanza intera piena di capelli 
sono ingrigiti sul pavimento aspettando i giovani di allora
che nella vecchiaia 
non li hanno mai raggiunti

Preval


A volte capita che le farfalle
scorrano sul parabrezza prese nel flusso del vento
senza neppure toccare il vetro
e dietro alla macchina ritornino a volare come prima

non possono neanche gridare per lo spavento

sono così delicate che 
si dovrebbe sollevarle con la mano
anzi, anzi
di mestiere voglio fare il lanciatore di farfalle
e alla fine di un giorno di lavoro
non dover contare le banconote in cassa
o controllare i voti scritti sul registro

ma guardare in alto un cielo 
tutto pieno d’ali

Compiti x casa


Otto anni e ancora non sai fare le addizioni
per questo ti correggo troppo duramente
allora chiedi “ma tu non sbagliavi mai?”

e come posso dirti che facevo sempre tutto bene
ero troppo bravo troppo grande per la mia età
spiegavano i medici 
come adesso lo sono per la tua

così racconto una bugia “certo che sbagliavo anch’io”

vedi, inventiamo un’infanzia che ci assomigli
per riempirla delle cose che avremmo meritato
tu un padre più paziente
io la matematica contata su cinque dita

Tre diviso due


Ricordo che un giorno scherzavamo
se ci lasciassimo cosa sarebbe dei nostri tre figli
uno e mezzo a testa?
li taglieremmo a metà?

era un gioco stupido, ancora più stupido
adesso che sembra avverarsi
c’è una realtà dove tutti si perde
               e tre diviso due fa zero