Victoria Surliuga è Associate Professor di Italianistica alla Texas Tech University. Si occupa di letteratura italiana contemporanea, cinema e arte. Oltre a vari interventi sul rapporto tra pittura e poesia in Giambattista Marino, la poesia di Andrea Zanzotto nel Casanova di Fellini e l’opera poetica di Franco Loi, Giancarlo Majorino e Giampiero Neri, le sue pubblicazioni includono: Ezio Gribaudo. A Man in the Middle of Modernism (New York, Glitterati, 2016), Nell’epoca del gremito. Conversazioni con Giancarlo Majorino (Milano, Edizioni Archivi del ‘900, 2008), Natural Theater 1976-2009. Selected Poems by Giampiero Neri (introduzione e cura del volume, traduzioni di Ron Banerjee) e Uno sguardo sulla realtà. L’opera poetica di Giampiero Neri (Novi Ligure, Edizioni Joker, 2005). Nel 2015 ha ottenuto vari contributi per la ricerca (grants): uno, dalla CH Foundation per curare la mostra di Ezio Gribaudo, Ezio Gribaudo’s Theaters of Memory al Louise Hopkins Underwood Center for the Arts; The 1905 Fellowship dalla Mount Hoyoke College Alumnae Association; e lo Scholarship Catalyst Program grant dalla Texas Tech University. Ha pubblicato cinque libri di poesie. Il più recente è apnea (nella collana disegnodiverso dell’Editore Paola Gribaudo), con illustrazioni di Ezio Gribaudo, che ha presentato presso il John D. Calandra Italian American Institute di New York e al Circolo dei Lettori di Torino nel 2015. Il suo sito è www.victoriasurliuga.com
bambini in pantaloncini blu
volteggiano lame d’acciaio
nell’aria primaverile
le buttano e le riprendono
prestigiatori occulti
questi tagli sono sentieri
senza via di ritorno
dal buio bottiglia
di notti senza fine
cinque bambine con la salopette rossa
salutavano a mano aperta il corteo funebre
salpava in una fila indiana di navi
nella upper bay davanti a wall street
le navi portavano feroci statue e bassorilievi
di sirene draghi giganti nani pronti all’attacco
le limousine erano ferme sulla riva
aspettavano un segnale per galleggiare
a sei anni era già troppo tardi
per non andare da sola dai fratelli grimm
perché dalla finestra della cameretta
fissava il silenzio dei boschi
ascoltava seduta immobile
il vento sibilare nel buio
il suo lettino era intonso
sul comò sedeva un orsacchiotto
tra le mani teneva un diario chiuso
«domani inizierò a scrivere
tutto il rumore che sento
qua dentro» diceva
indicando una tempia
con un dito bianco e freddo
nevicavano fiocchi di panna
sulla montagna inondata dal terremoto
aggrappati ai paletti della seggiovia
guardavamo i professori di storia americana
naufragare sorridenti verso il paese a valle
ci salvava la parola d’ordine
segreta e recitata
come un rosario
non ancora decifrato
passavamo sulla copertina fradicia
pesanti segnalibri di cartone
trafitti da macchie d’olio
sperando di non essere visti
mio padre guidava un camion enorme
su lucide piastrelle di porcellana
canticchiando quando ingrid bergman
nasceva a torino io sciavo a zermatt
passavamo il confine del messico
per comprare gli stivali di pelliccia
con i laccetti di pizzo appena stirati
per il compleanno di mia madre
assonnata aprivo la porta
alla domestica accompagnata
dai suoi bambini paffuti
seduti a far merenda in cantina
sento il silenzio crescermi dentro
un deserto di sottili catene d’argento
appoggiate sul pavimento di marmo
si accarezzano stridenti nel silenzio
come il pianto disperato di bambini
abbracciati su una zattera in mezzo
a una macchia d’olio nell’oceano
sul muro gli involucri secchi di ragni
si appoggiano a mattonelle rosse sgretolate
seduta nel mio lettino
a cinque anni
guardavo dalla finestra
le streghe in un comizio
mia mamma mi salutava
prima di uscire
andavo in cucina
a staccare la testa
della barbie
mangiavo una fetta di crostata
bevevo una tazza di latte
più tardi le streghe venivano
a prendersi la testa
lasciata sul balcone
nella metropolitana le scale mobili
si spezzano all’improvviso
buttandoti in aria
quando sbatti contro il soffitto
torni ad afferrare il passamano
scivoloso di sporco
cadi a capofitto planando
davanti a una vetrina di televisori
sul tuo schermo compare una croce
annunciante le notizie dall’aldilà
compare il volto decomposto
del tuo caro morto da poco
accompagnato da uno sfondo nero
e da una morsa di paura
perché lo schermo ti inghiottirà
portandoti via per sempre
dalla tua vita di shopping e cene fuori
quando il cemento schiaccia
un azzurro filo tagliato
da uno sguardo assente
mani schiacciate sulle orecchie
il coro dei bambini abbandonati
nel bosco urla: “lasciateci qui”.
il divano in gommapiuma
incontrò una lama affilata
dal manico in acero
con lentezza fu inciso
da destra verso l’alto
la pesca dalla pelle tesa
con tre gocce d’acqua
una lama le attraversò
in uno spessore
di due millimetri
la ragazza dal mal di testa
gli oggetti le giravano
intorno a capogiro
non vedeva i contorni
degli spigoli era tumefatta
in una corona di alghe
due serpenti in entrata
e uscita dal suo golf
la tecnica consiste nello spingersi
avanti con le gambe dondolanti
una mano rimane attaccata
l’altra va avanti poi si alternano
in sintesi però bisogna fare in fretta
ci inseguono i cani sul pavimento
l’eco della bomba dal lato soffitto
il corridoio verde ha qualche buco laterale
caricato da quadri di donne vestite a lutto
con qualche girasole in mano
se si entra nella scuola così almeno si sente dire in giro
ci dovrebbe essere un tappeto rosso dalle movenze
di una scala mobile si direbbe un’onda gommosa
della casa degli orrori di un luna park
gli ospiti vorrebbero sapere se basta nascondersi
sotto ai liquori del bar per sfuggire ai vampiri
forse bisogna informarli che hanno i denti cariati
ma soprattutto della marca da bollo
se uno vuole uscire da una delle cinque porte