Paolo Valesio è nato nel 1939 a Bologna. É Giuseppe Ungaretti Professor Emeritus in Italian Literature all’Università di Columbia a New York e presidente del “Centro Studi Sara Valesio” a Bologna. Oltre a libri di critica letteraria e di critica narrativa, a numerosi saggi in riviste e volume collettivi, e a vari articoli in periodici, ha pubblicato: Prose in poesia (1979), La rosa verde (1987), Dialogo del falco e dell’avvoltoio (1987), Le isole del lago (1990), La campagna dell’Ottantasette (1990), Analogia del mondo (1992, Premio di poesia “Città di San Vito al Tagliamento”), Nightchant (1995), Sonetos profanos y sacros (originale italiano e traduzione spagnola, 1996), Avventure dell’Uomo e del Figlio (1996), Anniversari (1999), Piazza delle preghiere massacrate (1999, Premio “DeltaPOesia” - rappresentato in versione teatrale a Roma e a New York), Dardi (2000), Every Afternoon Can Make the World Stand Still /Ogni meriggio può arrestare il mondo (originale italiano e traduzione inglese, 2002, seconda edizione 2005 - rappresentato in versione teatrale a Forlì e a Venezia), Volano in cento (originale italiano, traduzione spagnola e traduzione inglese, 2002), Il cuore del girasole (2006, Premio “Colli del Tronto”, 2007), Il volto quasi umano (2009) e La mezzanotte di Spoleto (2013). È autore di due romanzi: L’ospedale di Manhattan (1978) e Il regno doloroso (1983); di una raccolta di racconti, S’incontrano gli amanti (1993), di una novella, Tradimenti (1994), e di un poema drammatico in nove scene, Figlio dell’Uomo a Corcovado, rappresentato a San Miniato (1993) e a Salerno (1997). Da anni Valesio è impegnato nella scrittura simultanea di tre romanzi diarii ovvero romanzi quotidiani, i quali costituiscono una trilogia narrativa ancora per la maggior parte inedita (a eccezione di alcune anticipazioni su riviste).
Foto di Sergio Minniti
Memoria di Robert Lowell
Quello che è morto sul tassì che dall’aeroporto,
ritorno di Londra, dove s’era recato a visitare
la sua seconda moglie e la di loro figlia
(quest’ultima forse è colei che qualche mese dopo
s’è uccisa —
o forse è morta per una dose eccessiva)
lo riconduceva alla casa della sua terza ed ultima moglie, a
Nuova York.
Tutte e tre le mogli furono poi presenti al funerale
di lui a Boston sua città nativa,
ché questo poeta apparteneva a famiglia antica, che
aveva illustrato la storia della Nuova Inghilterra.
Ma da quel ceppo egli era germogliato e cresciuto
in modo difforme
(ma no, non deforme, anzi coerente a tradizioni di
nobile ingaggio nelle lotte della vita).
Cattolico
(era di ceppo cattolico la famiglia, oppure era lui
l’agnello bianco, il solo convertito?).
Cattolico, divenne obiettore di coscienza
(fronte all’istituzionale, ecclesiale conformismo marmoreo);
e obiettore nei tempi della Guerra Mondiale,
obiettore contro il trionfalismo;
e a cagion di questo, per breve tempo, imprigionato.
Cavaliere della Modernità
(e appunto per ciò, fuori dalla Contemporaneità):
alto, beveva molto, bazzicava ospedali psichiatrici.
L’unica cosa che personalmente posso attestare è la statura:
un po’ curvo nelle spalle (naturalmente) giacca
di tweed (potessi morire: non invento nulla).
Leggeva sue poesie seduto su una delle larghe poltrone
di pelle nera nella sala da fumo del Collegio Trumbull, sotto
le torricelle gotiche.
E i giovani (crema della crema) intorno, seduti
alla finta bravaccia per terra
(ma il tappeto fitto correva dall’una parete all’altra, i
golfetti erano di cashmere, italiane le scarpe).
«Per favore, potreste chiudere la porta?»
suggerì a un certo punto il poeta con aria
fastidiata;
ma la porta era chiusa,
e prima s’era socchiusa solo un istante (ad ammettere
un ritardatario), e in silenzio completo.
Fu quella
(la fronte crispata, un’improvvisa ombra di pallore sul viso)
la piccola ma parlante spìa della costante frizione
di fastidio e disgusto, in lotta e difficoltà,
che si celava sotto la sua nitida maschera impassibile.
Ma in somma.
Le sue poesie mi piacciono solo per intermittenze,
e una così fatta esistenza
(bevute, e crisi da neurodeliri, e divorzi)
sembra l’immagine del poeta quale essa emerge dal ciarpame
venduto sul mercato delle pelli e della celluloide di tante pellicole
cinematografiche uscite dal Bosco dell’Agrifoglio,
e un letterato così non esiste,
e i miei studenti sorridono di compatimento quando
chiedo se lo leggono ancora;
è fuori moda,
fuori tempo,
fuori luogo,
fuori fase,
fuori fuoco,
fuori del discorso moderno,
e non si può reggere,
è impossibile,
e non dice più nulla,
e lo amo.
Yale University
New Haven, Connecticut
da Prose in Poesia (1979)
(Emir Rodriguez Monegal)
Due scoiattoli grigi:
immobili.
Uno è esattamente inarcato
su una cresta di lapide grigia.
L’altro lo fissa (stanno per balzarsi
alla gola, o è la pace di uno stemma?)
acquattato allo stremo
della stessa tomba ferrigna.
Ai nostri passi incerti
(sospetti del peccato
della curiosità)
che ricercano l’Angelo di pietra
bianca e rugosa,
quattro grandi e neri
crocidando si levano lenti
fuori dai non-cipressi.
Cimitero di Grove Street,
New Haven
da La rosa verde (1987)
Vedi, è quando io sono da solo
che siamo, noi due, insieme —
no, non nel senso
del trucco dialettico
o giuoco diabolistico dei contrari.
Quando io mi ritrovo da solo,
ma veramente solo, che vuol dire:
solo di fronte a un rischio, e sopra tutto
in faccia all’incrinatura
fessa, della follìa — della scalmana,
vittima della mattana che mi astrae
in concretezza eccessiva
di capelli sudati sulla fronte
è in quel momento
che io non sono più figlio-creatura,
non più animale debole che possa
venire in traccia d’un suo genitore
per rifugiarsi, per succhiare aiuto;
è solamente, dunque, in quel momento
quando io non sono più figlio
che io posso pensare a cominciare.
da Dialogo del falco e dell’avvoltoio (1987)
(dal Diario di Nerio)
Tortore che suonate imploranti
(ma l’arte vostra, e maga, è arte di torturanti)
che siete le medesime a Ferrara
e sul lago di Linsley e nel deserto
di Sonora – il vostro grido
dolcemente cupo e breve
è un canto più ferito
che quello degli altri volanti.
Il calore dovrebbe schiacciarvi
come le disseccate scaglie fragili
cadute dal pino di Aleppo.
Ma ciascuna di voi
è una dura compagna,
discesa roteando giù dal cielo
per marcare il cammino laborioso
da un orizzonte, da un giorno, all’altro.
Quando ristate immobili e signore
ognuna della sua ombra
siete i sottili pali indicativi
dei grandi confini crudeli
siete le pietre delle troppe miglia
siete le pietre delle miglia avare
(che accorciano il fiato col rimprovero
della non adempienza)
siete grandine grigia siete lacrime.
Deserto di Sonora (Arizona)
da Le isole del lago (1990)
Bellezza insopportabile
Quando il tronco di un faggio
polito e assolato
diviene come stretta
parete d’oro dove si riflette
il ramo d’un abete, che si svela
così fragile così preciso:
è lo spirito del ramo
Bellezza sopportabile
Quando due carpentieri
svettano tutti a un tratto nel paesaggio
(vicini all’autostrada ma lontani
nei loro sguardi), ritti a mezzogiorno
sul crinale di un tetto, bilanciati
sugli stivali alti
ed emergono i fianchi sottili
dalle spesse cinture di cuoio
pesanti di martelli, di strumenti.
Riposano
(e sentono senza badarvi
l’odore del legno sventrato).
Lontano, guardano — dove
il legno non si scorge, ma ampie macchie
di verde e grigio.
8 gennaio
Laghetto di Linsley, Connecticut
da La campagna dell’Ottantasette (1990)
Per la bambina Margherita
"Vorrei," dicesti,
"una bambola nuda."
Ma il massimo che poi osai richiedere,
nel negozio sul corso
che lambisce l'inferno,
fu una bambola cui eventualmente
si potessero togliere le vesti.
Tutte, poi, queste bambole
coperte ma spogliabili
ostentavano teste di bionda
(ma una bruna io volevo: mio capriccio,
residuo d'un ricordo, desiderio?)
Era come una questua, insistente,
tra l'una ruga e l'altra della vita.
Trovai solo una piccola
dai riccioli castani.
"Ma hanno anche
una sfumatura rossa",
osservò la commessa paziente
senza sorriso ironico — e soltanto
nella mia mente rimase il rossore
che è la tinta lasciata dall'amore.
Napoli - Potenza
da Analogia del mondo (1992)
(Chiesa di Santa Maria dei Frati Domenicani, New Haven)
LA TERZA GIORNATA
Dunque esistono ancora
parole di preghiera che bruciano le labbra?
Teresa dice: “Io mi offro, e Ti imploro
di consumarmi senza mai cessare…”
La voce dell’orante
è esitante
per sensi di imbarazzo e discrezione –
ma poi con uno scatto si riprende,
della propria vergogna vergognandosi:
la preghiera rigetta ogni pudore,
e il mistero abbraccia anche il clamore.
da Avventure dell’uomo e del figlio (1996)
Forse passai la vita respirando,
giornata dopo giornata,
gli odori di un’alba non mia.
Viene sopra di me la tentazione
della disperazione:
io e la vita mia,
mai ci siamo incontrati. Ma poi penso:
queste albe, qualcuno le ha mandate;
queste albe, qualcuno
le deve accogliere.
da Piazza delle preghiere massacrate (1999)
Allora quando in una cittadina
nobilesca e volgare nella notte
nell’istantissimo
in cui volgi la faccia
a una vetrina lucente
(21,59
ma quando abbassi l’occhio sul tuo polso
son già le 22)
cade, prima della serranda
di ferraglia, quella della luce spenta
che segnala l’inizio
del commerciale silenzio –
in questa coincidenza
del tuo sguardo con quello spegnimento,
solo allora cominci a sentire
il taglio terracielo aperto
alle 8,46 di ieri
sopra le Gemelle di Manhattan.
Recanati, 12 settembre 2001
da Volano in cento (2002)
Ieri notte ho pensato una figura
(forse un’allegoria che si aggroviglia,
forse una sacra storia d’avventura):
— Se Maria avesse avuto anche una figlia?
L’allegoria è una sfera troppo oscura
per riflettere il nodo di famiglia
ma i familiari affetti fan paura
e aizzan, con invidia, meraviglia.
Vivono viso a viso tutto il giorno.
La madre insegna a leggere, e raccoglie
sulla tavola morbida del grembo
la sua bambina e il Libro: è il contorno
della vita che tremula si coglie.Io…mi vorrei candela, e loro nembo.
da Every Afternoon Can Make the World Stand Still /Ogni meriggio può arrestare il mondo (2002)
Per Anna
Conoscevo una donna
che, per quelli che a noi
ingabbiati nella normalità
potrebbero sembrar dei nulla
(ma in effetti sono dei non-nulla),
affannava e infiammava
si adirava e gridava:
portamento drammatico
e al tempo stesso triste.
Ma vi era una cosa ancor più triste
che valicava nel tragico:
quel suo urlare era tenue
come strido di uccello.
Le canne della sua gola
si erano logorate
per insulti di anni e di respiro
per torture di vita.
Rimasto era solo lo strillo
di Alice rimpicciolita
e in sfera di cristallo imprigionata
sotto la neve che le fiocca in testa.
30 novembre 2002
Laghetto di Linsley
da Il cuore del girasole (2006)
Alla memoria di Sara
Il sole tramontante che corre dietro al treno
mi orla di sangue gli occhi
ma offre anche un tocco di dolcezza
e ricorre il pensiero
che guardo tutto anche per conto tuo
eppure non so
come possa a te recarlo.
Parlare l’uno all’altra
è impossibile ormai:
mi affido all'utopia –
vile o ardente non so –
della direttamente trasmissione
di pensiero a pensiero
ovvero alla preghiera orizzontale
traiettoria che unisce
gli esseri umani senza il verticale
eleva-mente a Dio
il quale ultimo
deciderà se raccogliere o no
questa preghiera
in fondo alla sua rete.
14 maggio 2003
Treno Roma – Napoli
da Il volto quasi umano (2009)
Ogni suo apparire lo stupisce.
L’ha veduta, in questi giorni, crescere
con un’ammirazione
che preparava l’amore
ma che era nutrita di timore.
Ogni sera lasciava che l’umido biancore
invadesse la stanza un poco più.
Ma al momento del sonno
chiudeva gli scuretti.
Ieri notte: nel caldo che scendeva
dal soffitto basso di legno
ricurvo come un ventre di balena,
ha spalancato
la finestrella più vicina al letto.
Si è poi riscosso fra lo scuro e l’alba
prima che si sentissero gli uccelli,
con il petto schiacciato e gli occhi torbi.
Gli era balzata addosso
e il suo bianco malato
aveva offuscato –
gran cappuccio di cobra dispiegato –
il cielo del soffitto.
E stanotte non resta che il cielo
vuoto e rossastro.
da La mezzanotte di Spoleto (2013)