Francesco Ciabattoni

Nato a Livorno e cresciuto fra Spinetoli (AP) e Torino, Francesco Ciabattoni è oggi Professore Ordinario di letteratura italiana presso la Georgetown University di Washington, DC. Autore di numerosi saggi e volumi su Dante, Petrarca, Boccaccio, Primo Levi, Giuseppe Berto e altri, si dedica anche allo studio della canzone d’autore e tiene corsi di letteratura e studi di italianistica a Washington, DC.

Ha pubblicato liriche su Gradiva, In forma di parole, Poesia e Breviario poetico oltre al volume Paradosso terrestre (Il Filo, 2008) che raccoglie 37 componimenti inediti.

NON UNA LINEA SULLA SUPERFICIE (Paradosso terrestre, Roma: Il Filo, 2008)

 

Non una linea sulla superficie,

che, muta, dondola la scogliera,

non una linea, ma in profondità

si agitano nembi contrastanti.

 

Non un rumore, sullo sciabordio,

che attende ad un ufficio alto, antico.

La sera attarda, calma, e sa che a notte

si sente spesso un rombo sordo a mare.

 

E’ come un tonfo sotto alla distesa,

un canto che s’inceppa tra le onde

e chi sta a riva non si rende conto,

perpetua il ritmo ignaro dei millenni.

 

Nera, l’acqua, si stira come un gatto,

ignora la sua stessa oscurità.

Ed io seduto qui da un’ora attendo

senza ragione ormai che cambi il vento.

MEMORIA (Paradosso terrestre, Roma: Il Filo, 2008)

 

S’infrangono su scogli della mente

Con spruzzi bianchi di schiuma che schizza;

le falde più estreme si trasformano

in candidi gabbiani oltremondani;

raccolgono le briciole;

le portano lontano;

poi, subito, s’involano

nei portici che vanno a San Petronio,

ed è un caleidoscopio di ricordi

la piazza, un lago caldo di profumi

e tu; e io; nel sole.

S’infilano da questo mare giallo

Nei cinquecento passi sullo zenit

E lì, sopra le tegole del mondo,

depositano briciola di noi

congiunti eternamente nei sorrisi.

ONDE (Paradosso terrestre, Roma: Il Filo, 2008)

 

Il ricamo del vento sulla sabbia

si ripete immobile all’infinito

sopra innumeri mucchi

di grani secchi, asciutti.

Sono quelle le uniche, aride onde

che sopravvivono del nostro mare.

Difficile, ora, ritrovare i chicchi

smarriti negli spicchi delle dune.

Brune coste crescono ora aridi sterpi

tra cui le serpi fanno il loro nido.

Abbiam pagato a un prezzo molto alto

la nostra giovinezza e quando cercheranno

di rivenderla al banco dei sogni usati

non riusciremo a chiudere in pareggio.

LUCE BRILLOCCA (Paradosso terrestre, Roma: Il Filo, 2008)

 

Ti regalo la luce brillocca

di stelle, le più belle

girandole secche d’autunno

e baci, una grandine, in bocca.

 

Ti regalo una rosa,

una canzone d’amore, l’odore

del mare; di tutte la cosa

più bella, la più misteriosa.

 

Una casa immensa

una storia melensa,

un piatto di grano,

un amore lontano

 

Ti regalo il profumo

dei laghi, degli aghi

di pino pestati

ma tu non lo dire a nessuno.

 

Le onde ti dono di un coro,

il tesoro che sta sotto i mari

i fari di buie autostrade

e mattine rubate al lavoro.

 

Ti regalo i momenti più intensi,

giorni di noia e notti di gioia,

l’erbapipa e una dolce vecchiaia

di canzoni, a migliaia, per te,

 

La luna per i tuoi occhi neri,

il sole d’inverno a Milano,

Ieri, domani, le mani

che oggi ti cercano invano.

 

Forse non le profonde poesie,

che parlan di amori immortali,

di eterne malinconie

o nobili eroi letterari,

 

ma un semplice, piccolo dono

che dice ben chiaro: “Ti amo.”

TI SENTO (Paradosso terrestre, Roma: Il Filo, 2008)

 

Nel turbine di foglie

sul marciapiede ho scorto

le tue parole roche.

Erano poche e sottili,

come di uno nel deserto,

che si domanda

chi ha parlato e intanto

già se n’è andato;

è sparito

 

Nel fratto scintillio del sole sulle onde

ho visto, in un secondo,

la profondità del tuo volto,

tolto ad altri mondi,

e mi confonde come

per poco lo si veda,

e in poco, già, non più.

PARADOSSO TERRESTRE (Paradosso terrestre, Roma: Il Filo, 2008)

 

Restare chiuso in un petto

ed essere di tutti;

volerlo urlare coram populo

e tuttavia sentire che è un segreto,

uno che a dirlo anche ad uno solo,

anche soltanto al tuo migliore amico,

si sgretola in volo.

 

Pensarlo con la mente, sezionarlo

con l’occhio vitreo della ragione

sapendo che le sfuggirà:

è come sabbia,

come fumo acchiappato tra le dita,

come

un nome senza voce sulle labbra.

 

Volerlo conoscere, spiegare, imparare

quando è fatto per essere vissuto

per essere bevuto e masticato.

E accorgersi che porta un’etichetta:

“consumare prima della data di scadenza”.

 

Ma la scadenza di chi?

DIVIETO DI SOSTA (In forma di parole, 2010)

 

Né l’onde mai riposano la stanca
esuberante spuma che carezza
l’arena come un pettine i capelli;
né lecito mi è sottrarmi al ritmo
dei flutti, logoranti sulla chiglia.

Un punto nel deserto,
galleggio con le ciglia aperte al cielo,
la schiena sopra il mare,
senza occupare spazio.
Cullato, ora agitato
magari anche sbattuto dalla furia,
ma mai,
mai
fermo.

LA STAZIONE (Gradiva 39-40, 2011)

 

Seduto qui da ore

a mordere la nebbia

fredda come un binario,

adesso e nell’ora della nostra vita

che tramonta. E’ sera.

 

Il treno non è ancora passato

lo dicono i lampioni,

ferro battuto e globi illuminati

su sterili corolle stilizzate.


Siedo come un ripetente

su questa gelida panchina

e solita banchina solitaria

come in un banco dell’ultima fila

di quelli dove siedono i più grandi.

 

E il mio destino è, forse, di star qui

dietro al mio banco, mentre il divario

con il mondo si ampia, e diverge

il binario. Conosco, d’un tratto,

nella condensa che esce dalla bocca,

che oltre a questa ignota ferrovia 

che srotola silente nella notte fredda

non è nulla.

Ed io posso solo seguirla: un biglietto, in fondo,

ce l’ho.

INFEZIONE (Breviario poetico, 2016)



Nasciamo tutti con questa infezione,

un male puntiforme e latente

che subdolo s’annida dentro al petto

e non si mostra fino a quando sa

che un corpo fertile lo accoglierà.

 

Seme zizzano nell’aiuola,

briciola tra le lenzuola,

chicco di sabbia nelle

pieghe scottate della pelle.

 

Così cammino: un sasso nella scarpa,

chilometri che zoppico e che sanguino

alla ricerca di una soluzione,

forse di un antibiotico,

di un ingegnoso trucco per non perderti.