Alessandro Carrera

Alessandro Carrera è nato a Lodi nel 1954. Si è laureato in filosofia all’Università degli Studi di Milano e tra il 1975 e il 1987 ha lavorato nel campo della musica e dell’editoria. Come autore di canzoni, ha pubblicato l’album Le cartoline (L’Orchestra, 1981) e ha collaborato con musicisti dell’area milanese. Nel 1987 si è trasferito nel Nord America e ha insegnato letteratura italiana, teoria letteraria ed estetica alla University of Houston in Texas, alla McMaster University di Hamilton, in Canada, e alla New York University. Attualmente dirige il programma di laurea in Italian Studies e il Master in World Cultures and Literatures alla University of Houston. Ha pubblicato i volumi di poesia: La resurrezione delle cose (Federico Ceratti Editore, 1988), La ricerca della maturità (Campanotto, 1992), La sposa perfetta/The Perfect Bride (Book Editore, 1997), L’amore del secolo/Love of the Century (Book Editore, 2000), Lode all’isterica e altre dichiarazioni d’amore (Mobydick, 2000), La stella del mattino e della sera (Il Filo, 2006), e Poesie per paraurti (Mobydick, 2012). Ha tradotto vari poeti americani tra cui Allen Mandelbaum (Le porte di eucalipto, Medusa, 2007) e le canzoni di Bob Dylan (Lyrics 1962-2001, Feltrinelli, 2006). Nel 1993 è stato uno dei vincitori del Premio Montale, nel 1998 ha vinto il Premio Loria per il racconto e nel 2006 il Premio Bertolucci per la critica letteraria con il volume I poeti sono impossibili (Il Filo, 2005). [http://www.uh.edu/class/mcl/faculty/carrera_a/]

Beato chi scrive


Beato chi scrive, 
chi morde la sghemba gommina
e consuma la mina,
chi scambia le lingue e i cognomi, 
chi allinea pensieri
- se fosse un raccolto di pomi -
chi canta il poema africano 
del suo parrocchetto che squilla,
la nota che trilla 
dall'ultima ottava del piano, 
chi conta le anse e le dune
della polvere a cui tornerà, 
chi ignora moltissimo e sa,
adesso lo sa.


Beato chi traversa 
il display del processore,
chi spacca quel vetro di sale 
che preme i suoi fogli d'amore, 
chi trova un momento a tirare 
una riga e rifare il totale.
Beato chi si sveglia 
in qualunque città dove è voluto,
beato chi ci parte fra un minuto,
una calza bucata e un principio di tosse,
beato chi prova col dito bagnato 
il caldo del ferro da stiro sull'asse,
beato chi paga le tasse,
chi sospira sul cagnetto che possiede,
chi tenta il torrente col piede,
chi spanna gli occhiali e ci vede, 
adesso ci vede.


E vede una cosa da nulla,
un falso carattere a stampa, 
una lucciola cacchina,
appena una fiatata di spessore.
Beato chi è amico 
di quell'informatore 
che gli porta le soffiate che lui scrive,
e se poi le sta a guardare 
sa benissimo che appena
le ha lasciate a refolarsi alla ventata
cercare di tenerle 
e dire in giro sono mie 
è come respirare 
una cicchina già fumata.

Dal libro dell’angelo


Ti ho sentito
elogiare la pozzanghera.
L'universo, dicevi,
tutto vi si specchia
nel suo torbido innocente. 
Avrei preferito 
il contrario,
sentirti elogiare
l'universo,
dire che con tutti i suoi soli
e le tempeste
non è che una pozzanghera
neanche tanto fonda.


Ma se ti dicono: i versi
parlano ai versi
come la notte
parla alla notte
e il giorno parla al giorno.
Non crederci. I versi
fanno parlare la notte
fino a che il giorno
la vede inarcarsi,
arcobaleno nero,
da mattina
a mattina.

Dal libro della madre


Mio piccolo ragno che dondola
nei suoi piani geometrici di guerra,
mio piccolo cane che siede
spogliando il suo osso della sera,
mio piccolo pascolo infinito
combattuto da immemori pastori,
mia piccola catastrofe segreta
che travesto di splendida parata,
per me che ti do inizio non c'è fine,
più piccola divento e più ti abbraccio.
Togliti i capelli dalla fronte,
stai bene con slacciata la camicia.


Sarai come tuo padre,
innamorato, ignoto, in marcia
verso un ballo fino all'alba, 
sveglio in tempo 
per i vasti intervalli di campane, 
Non c'è chiave che riapra questa porta,
non c'è quercia né vapore, ma ti dico:
bada i segni che ti colgono
nell'angolo dell'occhio,
dove se ti volti 
sparisce il paradiso
percorso dai tuoi angeli 
sguantati.

Dal libro del ragazzo


Quando poi con la coda dell'occhio 
colsi il lampo di un paio di guanti 
scordati in corriera
qualcuno scrisse due righe
e mio padre disse tienile.
Erano l'indirizzo di un albero 
dietro le mie orecchie.


Perché non ero del tutto uno straniero 
in questo mondo,
una donna di tanto in tanto
stava seduta al mio fianco,
e io m’innamoravo 
come un mistico dentista
che non vuole far del male 
alla bocca di nessuno.

Dal libro degli sposi


Era ora di mettere radici
nel cuore di una donna,
di scenderle nell'anima
come in una splendida miniera,
di scorrere ai suoi piedi
come una fonte che trabocca,
di aspettarla come un pozzo
sotto la furia sovrana del cielo,
di orientarsi ai segni azzurri
delle vene dei suoi polsi.


Era ora di star sola 
insieme a un uomo
come mai si ricordava 
per suo conto,
di costringersi alla grande impertinenza
di entrare a piedi nudi 
nel gran gala, 
di spiegare al concierge col batticuore 
che non erano sposati, 
solo ostili, mentre lui 
non vedeva differenza
e indicava la cappella sottoscala.

Dal libro del viaggiatore


Da certe soste me ne vado 
come da una frequenza 
che si affioca. 
Armeggio l’autoradio, 
la voglio ritrovare,
ma si è persa come un amore, 
e c’è pieno di cartelli
di vietato convertirsi a U
per riascoltare 
quel pezzo che ti piace. 


E invece volevo fermarmi 
in mezzo all’autostrada 
e sentire sotto i piedi 
il centro dell’America
come quando da bambino 
mio padre mi portava 
sul mosaico fatto a croce in Galleria
che dicevano il centro di Milano
e portava fortuna calpestare.

Dal libro del sogno


Il creatore ha messo 
un grano di sabbia 
nella valva delle cose 
perché lo spirito 
che le teneva insieme 
vi si accanisse intorno 
e trasformato in perla 
non potesse uscire 
nell'orecchio di un casuale 
ascoltatore di conchiglie.


Da allora, passato lo stupore 
alla vista delle sagome sui viali,
la morte è un compito a casa 
che avrò da consegnare,
e il canto sempre un angelo inseguito 
che si volta con un dito sulle labbra.


Poi qui, io mi racconto di tutto, 
ma da dove mi ha raggiunto
questo rapace che non si alza mai da terra,
questa religione scribacchina,
senza cimbali né salmi?