Roberto Veracini è nato nel 1956 a Volterra, dove vive.
Laureato in Lettere all’Università di Pisa , allievo di Silvio Guarnieri, insegna italiano e storia negli istituti tecnici.
Ha pubblicato cinque raccolte di poesie (“La ragazza in bianco”, 1985, Cesati; “Stazioni, attese”, 1990, Cesati; “Epifanie dell’angelo”, 2001, ed. ampliata 2003, ETS, tradotta in francese da Bernard Vanel nel 2006 con il titolo “Epiphanies de l’ange”, L’Archange Minotaure; “Da un altro mondo”, 2011, ETS; “Via de’ laberinti”, 2016, ed. ampliata 2020, La vita felice) e una guida poetica di Volterra, insieme al pittore Stefano Tonelli (“Come una guida dell’anima”, 1992, Bandecchi e Vivaldi). Nel 2016 - insieme a S. Guichard, F. Parrini e B. Vanel - ha pubblicato in Francia “Figurines” (Edizioni La passe du vent).
Con Daniele Luti ha curato il libro “Partigiani per la vita. Per i 90 anni di Carlo Cassola” (ETS Pisa, 2008) e con Fabrizio Parrini “Il Cristo dei poeti”(ETS, Pisa, 2010), raccolta di vari interventi poetici sulle Deposizioni di Volterra.
Collaboratore di riviste culturali e letterarie (fra cui “Poesia e spiritualità”, “Erba d’Arno”, “L’area di Broca”, “Alleo”), nel 1993 è stato uno dei fondatori di “Pioggia obliqua”, di cui è stato redattore fino al 2000, anno in cui la rivista fiorentina ha cessato la pubblicazione.
Ha partecipato a numerose letture pubbliche di poesia e collaborato con musicisti e artisti in varie manifestazioni nazionali (fra cui “Atlantica”, “Premio Ciampi”, “Mangiarsi le parole”, “Volterra Teatro”) e internazionali (fra cui “Poésie sur parole”, Radio France, Parigi, “Una notte italiana”, Heidelberg, “A scène ouverte”, Festival di Reims, “Printemps des poetes”, Lyon).
Ha curato alcune iniziative culturali per il Comune di Volterra (fra cui “Museo di notte”, “Percorsi poetici”, nei primi anni ’90) e, insieme a Daniele Luti, nel 1999 è stato il promotore del Premio letterario “Ultima frontiera” (dedicato a Carlo Cassola), giunto alla decima edizione; è presidente dell’associazione culturale omonima.
E’ anche autore di testi teatrali, fra cui “Enea” (insieme a Stefano Tonelli, Fabrizio Parrini, Michele Bracciali, rappresentato per la prima volta a “Volterra Teatro ’99”). Per “Volterra Teatro”, inoltre, ha curato per diversi anni la sezione Poesia.
Nel 2005, insieme a Paolo Fidanzi, ha fondato la rivista “Il foglio di poesia” (edita da Felici, Pisa), di cui è stato redattore.
Nel 2010 è stato inserito nell’antologia francese “Les Poètes de la Meditérranée” (Gallimard/Culturesfrance).
Abbracciava la sua vita
come nell’attesa
lasciava che fosse
la sua vita
come presa
e già fuggita
Quello sguardo sospeso
fra l’amore e l’inverno
e quello spazio chiuso
inavvicinabile…
“Non ci salveremo” dici
mentre cade la nebbia, cala
il sipario e tutto si perde
ineluttabilmente
Ho sentito il vento, nient’altro,
solo vento nel buio
della strada, nelle crepe
invisibili delle mura, dappertutto
il vento, come un lucidissimo
segno di un altro tempo
inenarrabile
La festa finita a mitragliate,
Breda, dice Serafino,
come servisse a capire
meglio – e forse è vero –
quell’improvviso macello
davanti agli occhi e l’imbroglio
e poi i volti persi
tra la folla, le voci
disperate, i cazzotti
del vecchio per tener giù
il ragazzo che era
e salvargli la vita…Serafino
ora ha smesso di parlare, fissa
la montagna, lascia che Mario
racconti, quasi gridando,
e non gli vengono le parole…
ma quei ragazzi guardano
in silenzio e poi l’abbracciano,
non smettono di abbracciarlo,
mentre la montagna
si fa cupa fra le nuvole
così leggere e le parole invece
come pietre
Il riferimento è al massacro di Portella della Ginestra, compiuto dalla banda Giuliano il 1° Maggio 1947; i testimoni, che hanno raccontato i fatti a un gruppo di studenti e insegnanti, sono Serafino Petta e Mario Nicosia.
Le mie mani che cercano
dentro di te un rifugio
una quiete, eppure bramano
la carne, il gemito
di te l’umore
più segreto
*
Il tuo sorriso appaga
appena la mia brama,
poi torno a cercarti
con le labbra le ossa
il sangue, faccio mio
il tuo gemito, dove
mi perdo nudo
e libero
Vorrà pur dire qualcosa
questa neve alta, lenta
metafisica, abbandonata
sugli alberi, attaccata
agli uomini, riluttante
a ogni intesa, assolutamente
inutile eppure
imprescindibile
come i sogni o i ricordi…
Poetici laberinti
dove siamo sbarcati
dal mare, dai sogni
un giorno d’estate,
le spalle rapprese
le gambe sfiancate
e nelle tasche sfondate
la poesia, come fosse
l’unica cosa o l’ultima
necessaria follia,
mentre intorno si balla,
si ride, si muore, si aspetta
l’estate, coi volti segnati
dai troppi sorrisi,
le luci, gli spari
gli inganni felici
le solite frasi…
Poetici laberinti
di passioni e attesa
ogni giorno qualcosa
che non resterà,
mentre cala la sera
si perde la strada
e non serviranno
le carezze, i baci,
gli amori vissuti
e altre amenità…
Solo un’ultima fede
fra le macerie bruciata
offesa, la poesia,
come fosse oggi
l’ultima impresa
o l’unica necessaria
follia…
Poetici laberinti
utopici affanni
di vita e di morte,
un’unica sorte,
anch’essa smarrita
(I letti del manicomio di Volterra)
Tutto è vano
vano è il sogno:
tutto è vano
tutto è sogno
(D. Campana)
La disperazione è una forma superiore di critica,
noi per ora la chiameremo felicità
(L. Ferrè)
Mi chiedevo quale fosse il sogno,
dentro una rete arrugginita
di metallo, i padiglioni
arroccati dietro le inferriate
e quell’odore di chiuso…
Mi chiedevo dove fosse
il sogno, in che parte
di terra, in quale abisso
si nascondesse
leggero il sogno,
come un sorriso
strappato al buio, una felicità
segreta
e intangibile, un gesto folle
di speranza…
Sono miei questi passi
affondati nella sabbia, abbandonati
sulle onde, li sento
scricchiolare dietro i sogni
che si allontanano