Luca Benassi è nato a Roma nel 1976 dove vive e lavora. Ha pubblicato le raccolte poetiche Nei Margini della Storia, (Joker, 2000), I Fasti del Grigio (Lepisma, 2005), L’onore della polvere (Puntoacapo, 2009) e le plaquette Di me diranno (CFR edizioni, 2011) e il guado della neve (CFR edizioni, 2012). Ha inoltre pubblicato insieme alla poetessa Maki Strfield l’e-book Duet of Lines Sen no Nijuso (testi in italiano, inglese e giapponese, Junpa edition 2016). Ha tradotto De Weg del poeta fiammingo Germain Droogenbroodt (Il Cammino, edizione i quaderni della valle, 2002). È nella redazione di Punto Almanacco della poesia italiana. Ha pubblicato la raccolta di saggi critici Rivi strozzati poeti italiani negli anni duemila (Lepisma, 2010). Ha curato l’opera antologica Magnificat. Poesia 1969 – 2009 (Puntoacapo, 2009) che raccoglie l’intera produzione della poetessa Cristina Annino, l’antologia critica Percorsi nella poesia di Achille Serrao (Puntoacapo, 2013) e La casa dei Falconi, poesia 1974-2014 (Puntoacapo, 2014) che antologizza l’intera produzione di Dante Maffìa.
La sua e-mail è poesiabenassi@gmail.com
Non crediate che quei gesti siano crudeli
oppure immotivati
che non ci sia dietro un pensiero preciso
ragionamenti dietro una tavolo, fino a tarda ora.
Non pensiate che quelle lance che piovono
dai vostri cieli bianchi non abbiano la ragione
che esclude il dubbio da ogni traiettoria:
pensate invece al giusto che saggia la forza
delle vostre mura; all’immagine più grande
che guida la mano che tende l’arco alle vostre gole.
Questa guerra dura l’attimo che serve
a completare il tavolo da gioco.
da I fasti del grigio prefazione di Dante Maffìa,
Edizioni Lepisma, Roma 2005
Bisogna aspettarli al varco i salmoni
al collo di bottiglia della foce
spauriti, mentre accalcano l’acqua
bisogna tendere la rete dove
la superficie si increspa di pinne
le branchie annaspano quel desiderio
che riproduce il transito di nuove
generazioni. Allora è il momento
di calare la rete, di tendere
alla gola il laccio, l’arpione aguzzo.
All’uscita della metro noi siamo
salmoni ignari verso la mattanza.
Da L’onore della polvere Edizioni Puntoacapo, Novi Ligure 2009
(Terzo classificato alla IX edizione del Premio internazione “Roberto Farina”, giugno 2011;
primo classificato alla I edizione del Premio “Città di Minerva” 2011)
Non c’è rete al dubbio se non quella
tesa al pesce, a rinnovare il mestiere del lago.
Ritornai a pescare, come prima
come se nulla fosse accaduto sul mare di Galilea.
Certo, non nego la seduzione del tramonto
né le barche abbandonate all’eccomi
al ricordo dei giorni forti, promessi al pane e al vino.
Non nego la delusione che monta alla testa
il corpo d’un uomo che muore sul legno
e che non dà gloria o regno, o significato alcuno
(così mi pareva) alla sua Parola.
E non nascondo la paura del martirio, del compiersi
del verbo su questa spiaggia: le barche erano lì
lasciate da allora e le reti pronte.
Forse ebbi paura, o fui deluso, forse
ebbi solo fame o fu la vista incerta
dei compagni all’orlo della fede.
Di certo, mio Signore, dubitai
alla vista dell’acqua schiumante di miele
del tramonto, dubitai come la vertigine del tuffo
verso il nuovo arrivo. E tu eri sulla spiaggia ad attendere
con il fuoco acceso, di brace, il pesce già cotto
e il pane pronto
per essere spezzato.
Da L’onore della polvere Edizioni Puntoacapo, Novi Ligure 2009
(Terzo classificato alla IX edizione del Premio internazione “Roberto Farina”, giugno 2011;
primo classificato alla I edizione del Premio “Città di Minerva” 2011)
Non chiedete a noi
solo questo sappiamo: chi siamo e cosa vogliamo
per il resto ci sarà una ragione
un perché fondato su una norma
una legge certa da non interpretare.
Se le cose stanno così
è perché si saranno incontrati
avranno portato carte, grafici obiettivi
intorno a un tavolo, fino a sera
avranno chiuso l’accordo e firmato la tregua.
Ci saranno state tazze di the
certezze da dare, un aereo da prendere.
Se le cose sono andate così
ci sarà un motivo
vedrete: salterà fuori un libro
carta intestata che galleggia su un fiume giallo
una sentenza di tribunale, bibliografie.
E qualcuno avrà preso una decisione.
Da L’onore della polvere Edizioni Puntoacapo, Novi Ligure 2009
(Terzo classificato alla IX edizione del Premio internazione “Roberto Farina”, giugno 2011;
primo classificato alla I edizione del Premio “Città di Minerva” 2011)
Ti ha preso così, sulla strada
vendemmiato prima del tempo
sotto l’occhio preciso dell’astore.
Ci hanno stretto le mani a turno
legate al grano dei rosari
hanno portato confetti e pardule
come a un matrimonio senza sposa.
Si accontenta di un nastro d’asfalto
il nostro dolore
una famiglia che scava la terra
senza parlare
una campana che suona
una processione, un paese spaccato a metà
e ad ogni curva chiediamo
a un vento leggero, ai capelli neri
che segnano a lutto un destino di sangue
una figlia che cambia, un gioco
di odio e sfortuna.
Da Il guado della neve prefazione di Erminia Passannanti, CFR edizioni, Piateda 2012
traduzione in sardo di Tiziana Orrù, foto di copertina di Massimiliano Maddanu
(opera vincitrice del premio Don Lorenzo Milani 2012)
Mi chiedi dove sia stato la sera,
quale tramonto violetto, quale giorno
abbia trattenuto i denti sul cuore.
Mi chiedi del mare
del filo di bisso, dell’abbraccio cavo
del sole all’ultima pietra.
Ero solo, ti dico, su una sedia
ad ubriacarmi al cospetto di Dio.
Da Il guado della neve prefazione di Erminia Passannanti, CFR edizioni, Piateda 2012
traduzione in sardo di Tiziana Orrù, foto di copertina di Massimiliano Maddanu
(opera vincitrice del premio Don Lorenzo Milani 2012)
Non alzare il mento al cielo addomesticato
alle ombre selvagge dei palazzi,
non schivare l’impatto dei ciottoli
del cercarsi nello smarrimento degli occhi
di chi torna la sera e sorride al nulla
al vuoto che separa dal giorno.
Non chinare il capo alla febbre
alla notte che sbarra il sonno,
al sapore dello sguardo.
Non avere paura,
abbi certezze, invece
nell’azzurro del sogno, nel viola del cuore.
(inedito)
Di me non si possono amare
gli incroci delle vene
le nervature verticali dei vasi
dove il sangue dolce si mangia la carne
nel precipitare degli asterischi.
C’è chi mi legge così:
nell’equilibrio dei numeri, delle unità,
nella plastica affilata dei cateteri
nella guerra degli organi,
nel sogno cristallizzato dei divieti.
Più di tutti mi amano gli aghi
il loro scattare sommesso
nel tondo concesso della pelle.
Sanno entrare senza giudizio
con la fede tiepida del perdono
precisi quanto basta
a dirmi che neanche tu hai il coraggio
di guardare dove sono peggio
a capire fino in fondo il dolore
che si annida al bordo
nella lucentezza sintetica della fiala.
(inedito)
Questo treno è una freccia piantata
nel petto della pianura - Milano
davanti, Torino a sinistra, Ancona
sulla linea del tempo dell’attesa
indietro Roma, Firenze - il centro
è questo convoglio che porta al cuore
una torre di nubi, il verde acceso
nella fossa tagliata dai binari.
Per ogni mia partenza c’è un ritorno
un luogo privato fra le banchine
dove il tuo abbraccio è un bruciare di rosso
la linea gialla da non traversare
o da spaccare in piedi sul momento
che incendia nel calore ogni divieto.
(inedito)
Mi chiedo dov’eri all’alba più vera,
quando i sogni si fanno latte
e le parole entrano nelle palpebre
come aghi di luce.
Mi chiedo cosa potevi dire
quando mi contavano il sangue
nel reticolo azzurro delle vene
e il corpo si faceva molle e dolce
come una carta stellata, piena di numeri.
Al dunque non c’eri, eri assente
nel bianco dei confetti, nelle veglie,
nella carne tagliata dai referti,
nella gioia dei vagiti, nella corrosione
dei rimorsi.
Ora quasi dai fastidio
come una luce accesa all’improvviso
sugli occhi schiacciati
contro il buio.
(inedito)