Giuseppe Langella è nato a Loreto, nelle Marche, l’11 settembre 1952. È professore ordinario di “Letteratura italiana moderna e contemporanea” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del S. Cuore di Milano, dove dirige anche il Centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia unita”. Studioso di Manzoni e di Svevo, ha perlustrato altresì ampie zone della poesia, della prosa e della cultura militante dall’età del Risorgimento agli anni Duemila. Principali pubblicazioni scientifiche: Il secolo delle riviste. Dal “Baretti” a “Primato” (1982); Da Firenze all’Europa. Studi sul Novecento letterario (1989); Italo Svevo (1992); Il tempo cristallizzato. Introduzione al testamento letterario di Svevo (1995); Poesia come ontologia. Dai vociani agli ermetici (1997); Le ‘favole’ della “Ronda” (1998); L’utopia nella storia. Uomini e riviste del Novecento (2003); Cronache letterarie italiane. Dal “Convito” all’“Esame” (2004); Amor di patria. Manzoni e altra letteratura del Risorgimento (2005); Manzoni poeta teologo (2009). È coordinatore nazionale della “Mod per la Scuola”. Svolge da parecchi anni attività di formazione e aggiornamento degli insegnanti, ed è autore di un apprezzato manuale letterario ad uso dei licei.
Poeta di parca vena, ha esordito con otto Escursioni (nell’opera collettanea Ascensioni umane, Grafo, Brescia 2002), pubblicando a seguire Giorno e notte. Piccolo cantico d’amore (San Marco dei Giustiniani, Genova 2003) e Quasi una trenodia («Poesia», marzo 2007). Con la raccolta Il moto perpetuo (Aragno, Torino 2008), finalista al Dessì e al PontedilegnoPoesia, ha vinto il Premio Metauro. Nel 2013 ha dato alle stampe, nella “Lyra” di Interlinea, La bottega dei cammei. 39 profili di donna dalla A alla Z, Premio Casentino 2015. Di recente è uscito un suo Reliquiario della grande tribolazione. Via Crucis in tempo di guerra (Interlinea, collana "Passio"), ispirato al calvario della cosiddetta ‘guerra bianca’, combattuta sul fronte alpino in alta quota. A Ponte di Legno, “paese della poesia”, gli è stato dedicato un totem con incisa una sua lirica. Con Guido Oldani è tra i fondatori del “Realismo terminale” e ha curato l’antologia del movimento Luci di posizione (Mursia 2017), in cui compare anche come autore.
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«La seconda… è Caravaggio».
«Ferma pure a Casaletto?»
«Si capisce, naturale!»
«Ma Olmeneta non la salta?»
«No di certo, gliel’ho detto:
le fa tutte, è un regionale!»
«Dura troppo, questo viaggio».
«Non s’inganni, appena un’ora!
Potrà leggere, se crede,
le notizie del giornale».
«Per che cosa? Dio ne scampi!
Vanità, mercati, danni,
elezioni, guerre, abusi…
Quante sono le stazioni?»
«Solo dieci».
«In questo caso
meglio spingere lo sguardo
oltre il vetro, alla ventura».
«In effetti, qua il paesaggio
non è male: campi, fossi,
cascinali in lontananza,
serre, pioppi… Ma mi scusi,
a Cremona che va a fare?»
«Eh, sapesse, per acquisti.
Mi hanno offerto un bilocale,
tanto al metro, per cent’anni».
«In che zona, se permette?»
«Fuori mano, assai tranquilla».
«Buona idea… e quanto grande?»
«Di misura è un poco angusto,
ma per me e la mia consorte
(siamo vecchi) basta e avanza.
Poi, del resto, in molto meno
ci diraderà la morte».
«Non c’è fretta, per quel giorno».
«Son d’accordo; ad ogni modo
meglio andarci preparati.
Della vita, Le confesso,
non conosco arte più saggia».
«In vettura, il treno parte».
(2001) Da Il moto perpetuo, Aragno, Torino 2008
(sez. Quasi una trenodia)
Fu questione
di pochissimi istanti:
una nube vanesia, salendo dal fondo,
cancellò lo scenario del mondo;
sulle case d’ardesia,
sulle folte abetaie,
sul profilo scabroso dei monti,
si diffuse un nebbioso sipario.
Il vapore, sospinto dal vento sull’umido asfalto,
dileguò anche i rami tremanti
di un’ingenua betulla;
i camini fumanti dei tetti vicini…
inghiottiti nel nulla.
Mare opaco, indiviso!
Non so quanto ci avvolse
la cortina, finché non si sciolse.
Ubriaco,
ho goduto il miraggio di luce:
il paesaggio una culla divina,
un anticipo di paradiso.
(2001) Da Il moto perpetuo, Aragno, Torino 2008
(sez. Alta via)
Un innato pudore ti fa avara,
quasi gelosa, di ogni più cara
ragione del cuore. Splende nei gesti
la tua virtù senza parole: come
quando facesti dono dell’ombrello
buono a una madre che teneva in braccio,
avvolta in uno straccio,
una piccola cosa, un bambinello,
cercando un improbabile riparo,
sotto un tetto spiovente,
dalla pioggia battente.
(2003) Da Il moto perpetuo, Aragno, Torino 2008
(sez. Giorno e notte)
Dev’essere stato un fiotto di bora
improvviso. Miracolo che il vetro
non si è rotto. Ma l’ambiente era tetro,
vi stagnava un’aria di sonno senza
vita, un odore di salme e di tiglio.
E pazienza se ha portato scompiglio;
meglio così: molti son morti, a certe
calme. Tira pure, vento marino:
oggi si respira! Sale dagli orti
folti un fresco di terra e rosmarino.
Che importa se sbattono le ante?
L’anima mesta è di nuovo frizzante
e una festa di campane a distesa
mette in corpo una voglia di volare…
Esco, ho deciso: andrò a fare la spesa.
(2006) Da Il moto perpetuo, Aragno, Torino 2008
(sez. Altre odissee)
Nasci tra scrosci e schiume,
dovendo far di due torrenti un fiume.
Ti rovesci a rapina e non conosci
angustie di tormenti.
Campione dei gradassi,
ti avventi addosso ai sassi con orgoglio:
così, così ti voglio!
Incurante dei graffi,
prendi la vita a schiaffi,
come fanno i ragazzi con la fionda.
Risuona ogni sponda d’urti e schiamazzi,
e risate da pazzi
a cavallo dell’onda.
Ma che resta di te una volta a valle?
Abbassi, ahimè, la cresta,
ai gorghi dai le spalle,
arreso ti rilassi,
ti rassegni a ogni sorta di salassi
e infine opaco, turpe, t’impaludi.
Oh, quanto mi deludi!
Eri tutto un rigoglio d’energia:
ti sei fatto, per via,
untuoso più dell’Oglio.
(2010) Incisa nel I totem della poesia,
a Ponte di Legno (Brescia)
Arretri, non combatti,
cedi inerme ai ricatti,
obbedisci, ti arrendi,
pieghi il capo, ti bendi,
apri prona le porte
alla cattiva sorte.
Ma nel buio del cuore
covi il cupo rancore
di una vita negata,
anima violentata.
E sconta il tuo destino
chi più ti sta vicino.
(2011) Da La bottega dei cammei, Interlinea, Novara 2013
Dici e non dici: accenni,
ti esprimi per figure,
scrivi brevi nell’aria
le tue sentenze oscure,
lievi eppure perenni.
Disarma il tuo riserbo.
E se apri spiragli
per gioco di eleganza,
tieni per te i dettagli,
avara del tuo verbo.
(2012) Da La bottega dei cammei, Interlinea, Novara 2013
Assiti, pioli, stanghe, tavolacci,
cui il tempo, l’aria, i ghiacci,
hanno impresso il colore delle ceneri;
fradici, a volte, teneri
e talmente lavorati dai tarli,
che basta un niente a farli
sfarinare. Fra questi muri a secco
contesi allo stambecco
vissero e morirono a centinaia,
finché durò la naia.
Il vento ne rimescola le voci.
I nomi sono incisi sulle croci.
Casematte, cunicoli, tettoie
divelte, feritoie,
schegge, cassette, lamiere ritorte,
ostaggi della sorte;
carrucole, funi, reticolati,
sbarre, ferri incrostati
di ruggine, scheletri di baracche,
ghirbe, taniche, sacche:
di tanti alpini, delle loro gesta,
è tutto quel che resta.
Custodi di memorie mai narrate,
scrigni preziosi, apritevi, parlate!
(2014) Da Reliquiario della grande tribolazione, Interlinea, Novara 2015
Le spalle larghe aveva
e la forza mansueta dei pazienti
il volontario che, stringendo i denti,
ti ha portato fin qui dal fondovalle,
salendo con la croce al suo calvario.
Di docili cristi tutta una leva.
O legno centenario,
arso dal sole, scavato dai venti,
tutto costole e solchi, schegge e fori;
midollo che si spacca dai dolori,
fosti fasciame che scalda e ripara,
buono per la baracca e per la bara.
(2014) Da Reliquiario della grande tribolazione, Interlinea, Novara 2015
Brace, brace, che Dio ci aiuti!
Una bomba, la brexit: call of duty.
L’Europa coi motori in avaria
consuma la sua ennesima agonia
su un’altalena infida d’exit poll.
Le borse in picchiata, l’economia
in panne, in fumo i risparmi, perduti
anche i sogni… Game over,
baby, game over: l’urna
è il flipper delle plebi.
Brace, brace, et lux perpetua luceat eis.
(2016) Da Konzentrationslager, nell’antologia del Realismo terminale
Luci di posizione, Mursia, Milano 2017