(nella foto di Dino Ignani, Gabriella Sica nel suo studio)
Gabriella Sica, nata a Viterbo, vive da quando ha dieci anni a Roma dove ha insegnato all’Università “Sapienza” come ricercatrice, e tale si considera anche in poesia. Alla fine degli anni Settanta, dopo un lungo apprendistato, pubblica le sue prime poesie su alcune riviste, tra cui “Prato pagano”, “Nuovi Argomenti” e “Almanacco dello Specchio” Mondadori, dove escono le Poesie per le oche, con una prefazione di Giovanni Raboni.
I suoi libri in versi: La famosa vita (Quaderni di Prato pagano, 1986, Premio Brutium-Tropea), Vicolo del Bologna (Pegaso, 1992, vincitore finalista Premio San Pellegrino), Poesie bambine (La Vita Felice, 1997, postfazione di Emanuele Trevi), Poesie familiari (Fazi, 2001, Premio Camaiore, vincitore finalista Premio Metauro e Premio Frascati), Le lacrime delle cose (Moretti & Vitali, 2009, postfazione di Paolo Lagazzi e risvolto di Giancarlo Pontiggia, Premio Alghero Poesia, Premio Garessio-Ricci, vincitore finalista Premio Giuseppe Dessì e Premio Arenzano - Lucia Rodecanachi), Tu io e Montale a cena. Poesie per Zeichen (Interno Poesia, 2019, Premio della Giuria San Vito al Tagliamento, Menzione Speciale “Luciana Notari”) e infine Poesie d’aria (Interno Libri, 2022). Ha inoltre ricevuto il Premio Internazionale del “Lerici Pea” per l’Opera poetica 2014. Le sue poesie sono state tradotte soprattutto in spagnolo e in francese, e poi in inglese, rumeno, turco, croato, catalano, farsi e greco.
I suoi libri in prosa: Scuola di ballo (Rotundo, 1988), È nato un bimbo (Oscar Mondadori, 1990), Scrivere in versi. Metrica e poesia (Il Saggiatore, 1996 con la sigla Pratiche, 2003 e 2011), Sia dato credito all’invisibile. Prose e saggi (Marsilio, 2000), Emily e le Altre. Con 56 poesie di Emily Dickinson (Cooper, 2010) e Cara Europa che ci guardi 1915-2015 (Cooper, 2015).
Ha curato, dopo il convegno omonimo del 1993 a Roma, l’antologia La parola ritrovata. Ultime tendenze della poesia italiana (Marsilio, 1995).
Un’autobiografia, Gabriella Sica. La sua biografia in immagini, è uscita su “Steve”, n. 41, 2011.
C’erano i contadini è un radio documentario andato in onda nel 2000 su Rai Radio 3, a cui si ispira per i temi ecologici legati alla natura il successivo Primula Campomaggiore. Un’artista della Tuscia felice (Ghaleb Editore, 2019).
Su “Prato pagano”, la rivista da lei ideata e realizzata tra il 1979 e il 1988, la Biblioteca Nazionale di Roma ha allestito nel 2018 la mostra, “Prato pagano e la poesia degli anni Ottanta” e il convegno “Prato pagano. Il futuro nell’antico”.
Immagine e parola, arte, fotografia e video sono gli ambiti di sperimentazione di Gabriella Sica. In particolare oppone la fotografia alla scrittura fin dai tempi di “Prato pagano” e realizza per Rai Cultura alla fine degli anni Novanta sei docufilm (Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti. Vita d’un uomo, Pier Paolo Pasolini poeta, Umberto Saba. Il Canzoniere, Giorgio Caproni. Il seme del piangere, Sandro Penna. Croce e delizia (regia di Gianni Barcelloni, i primi tre pubblicati da Einaudi nel 2000 e 2001), ora sulla piattaforma: https://www.raiplay.it/programmi/poetidel900. Per vederli dall’estero si può andare su Rai Cultura facebook sul link e a fine pagina cliccare il nome di uno dei poeti:
Infelice siedo su uno scalino
in piazza ma appari tu, improvviso
spavaldo come nessuno quest'anno
e io rifiato dopo tanto affanno.
da La famosa vita (1986)
Bruciasse almeno la mia vita
accesa da faville di passione
o da un rossore appena…
In silenzio senza brividi di fuoco
lenta mi consumo e ancora viva.
da La famosa vita (1986)
Potessi io avere un ragazzo sensibile
col sangue nuovo e caldo gli occhi belli
cominciare con lui l'estate senza bugie
bruciare infine al sole tutte le poesie.
da La famosa vita (1986)
I.
Erano di una freschezza antica
i fili dei bucati bianchi
un miracolo il sole così caldo
e perfino il ronzio di un’ape.
Stava al balcone tra rossi gerani
e l’odore di salvia e prezzemolo
senza avere profondi pensieri.
Ricordava della passata notte
la sua bocca le labbra piene
e i capelli sulla fronte.
da Vicolo del Bologna (1992)
III.
Girò la curva e laggiù apparve
in fondo al vicolo umido e scuro
vigoroso e con la grazia del sole.
Lei respirò profondamente e lenta
tra i gerani piegata sul balcone
pensando a come renderlo immortale.
da Vicolo del Bologna (1992)
I.
Mi incanta guardare le bianche oche
sparse come le nuvole in cielo
azzuffarsi nei giochi dell’amore,
dormire nel calore delle piume.
Mi placo mentre dolcemente vanno
placide nell’acqua trasparente,
ingenue sul dolore della vita.
E mi strazia la grazia di un’oca
che lenta e fiera s’allontana sola.
da Vicolo del Bologna (1992)
Non basta aver amato, anima
mia stanca che più non ti conosci,
se non ritrovi l'amore e la stima
spoglia io non so dove finisci.
da Poesie bambine (1997)
Come foglia leggera cade a terra
senza corpo o radice inerte
in grave stato sei anima mia
che non ricevi lodi o cortesia.
da Poesie bambine (1997)
Non hai un amore da abbracciare
anima mia né cose da imparare,
stanca ora sei d'andare senza vita
in giro portando aperta la ferita.
da Poesie bambine (1997)
“Questo povero tempo uccide i poeti!”.
Così mi dicesti la sera ch’era
morta Amelia, calmo e sereno,
così ti sento dire mentre tutti
noi e un secolo di morte saluti.
Diceva un poeta inglese a Roma morto,
nell’acqua va il nostro nome scritto,
nel vento e sulla sabbia, caro Dario,
gentile amico ribelle negli anni.
Quando noi tutti qui morti saremo
e il nostro io deposto con pietà avremo
ancora torneranno le rondini,
il cielo azzurro, i fiori e le stagioni.
Noi qui siamo soltanto le staffette
d’una catena viva in tanto dolore,
nel tempo nostro amato e sacro,
con la torcia in mano della poesia.
ottobre 1996
da Poesie familiari (2001)
Sorridi ora e mi guardi da una foto
con gli occhi nuovi d’un mattino antico,
in un giorno africano del trentacinque,
mi parli camminando altero e bello.
Splendi in un’abbagliante luce
tra dolci donne arabe e bei cavalli,
c’è una povera capanna in paglia
e intorno vesti bianche come vele.
Venticinque anni avevi quel giorno,
se per caso incontrato ti avessi,
avrei potuto anche innamorarmi
e poi abbracciarti, esserti devota
come la bambina che sono stata.
Così non ci sarebbe più lontananza.
da Poesie familiari (2001)
Sì, stavo come alta e ferma torre
e tu accanto eri un’altra diritta torre.
Cime di alberi che al soffiar del vento
si alzavano al cielo senza spavento.
Forza di lima nell’essere in due
rime serene infrante da più lingue.
Torri tagliate a Roma la vita in corsa.
da Le lacrime delle cose (2009)
A noi non ci hanno sparato alle spalle
in una bella mattina di sole
noi siamo mamme fortunate
più morte che vive al sentire la bestia là
è il primo giorno di scuola anche a Roma
io e Rita parliamo al Caffè delle Arti
di figli e di scuola e di mariti scomparsi
che non ci possono ascoltare.
Il suo l’ha portato via un brutto male
il mio no è vivo ma non per me.
Sono tre anni da quel settembre
i morti non sono morti e sono tra noi vivi.
4 settembre 2004
da Le lacrime delle cose (2009)
Mai come chi è morto e non c’è più è presente
vicino ai suoi cari come un vivo tra i vivi vivo
come te che incontro discendendo di corsa
nella foschia cupa di un soffocato sottoscala.
È lunga la separazione tra i morti e i vivi
ma l’incontro avviene. Un saluto breve e cortese
come tra stranieri un cieco e penoso procedere
su gelidi scalini dove non crescono fili d’erba.
Se non ci fosse l’eterno l’insurrezione della gioia
come potrei riporre l’amore non voltare lo sguardo
smettere il dolce passato essere quasi in salvo?
Ma un istante colma la sete di settimane e di mesi
vuoti e sposta lieve la fine prima della fine.
Oh quanto a volte ci sono vicini i morti!
25 luglio 2005
da Le lacrime delle cose (2009)
Per un’esile ora di festa
mi torna in mente m’è capitato
di incontrare
Vittorio Sereni signore fine poeta
di poesia che crea amicizia
un’ora di ansia e di grazia a Roma
tutt’occhi e orecchie
tutto un brusio un fermento intorno.
Calma e fredda la sera
(nell’anno ’83, anno mio di carestia)
in cielo come in terra
ci si orientava al buio con la stella
fidata fissa fiammeggiante stella
sul punto opaco?di disfarsi come sale
spoglia malferma variabile stella.
Le ombre dalle finestre chiuse
in silenzio cadevano tra noi due in luce
le tue parole ardenti?le tue febbrili speranze
i tuoi progetti di incontri futuri
il comune amore per cose e ore
la mia soglia?la tua imminente soglia
per uno scambio di passo
(e ora qui un altro scambio ancora)
indicavi quella barbagliante stella
a te stesso nell’aria fatale
la indicavi per i futuri passi
prima che si levasse l’aspro vento
che il vento gonfiasse il tuo vestito le suole
le tue orme
che tu dentro tutto quel vento.
23 gennaio 2013
Inedita in volume, pubblicata su “Nuovi Argomenti online”, 21 gennaio 2014,
http://www.nuoviargomenti.net/poesie/vittorio-sereni-trentanni-dopo/
[E appena entro a Villa Borghese]
E appena entro a Villa Borghese
come ogni domenica ti chiamo
al fisso ecco sì che rispondi davvero
la secca stentorea voce
tu laggiù io quassù più in alto
gli spazi sempre tra noi ben divisi.
Ma non sarà così per sempre lo so.
Potresti con Dio darti un po’da fare
e attivare un filo teso e diretto
tra te e me tra i morti e i vivi
inviami un segno fammi un fischio
non è mai stato il tuo dire fioco
dimmi se nell’aldilà ti piace stare
- voglio capire il paradiso
- dicevi - capire la bolletta della luce -
smetti di scherzare e dimmi ora
se il paradiso c’è abbagliante e acceso
e se stupito a starci ti sei deciso
o un po’ soffice lo trovi
se il paradiso c’è e se ci stai scrivi.
10 luglio 2016
da Tu io e Montale a cena. Poesie per Zeichen, 2019
[Provo ad abbracciarvi]
Provo ad abbracciarvi uno per uno
nella grigia sotterranea nube
tre volte mi avvicino a voi
miei amati miei cari cari amici
largo apro le braccia
nella fitta gravosa coltre di nebbia
stringo fumo e vento
fino a che mi sveglio
ricordando il sogno e il vento
con le mani vuote al petto.
Non altri che me abbraccio
non altro rimane di quanto è stato
se non la radiosa stoffa di un sogno
affollato di volti fatti d’aria.
da Tu io e Montale a cena. Poesie per Zeichen, 2019
Lacci d’amore
Ci hanno tolto gli abiti e le scarpe
e rasato pure i capelli
ah noi vedove noi catturate
i corpi sbigottiti
come alberi capitozzati a lutto
come Elettra prigioniera
o Sansone della sua forza scavato.
E pensare che i bei folti capelli
scendevano scompigliati sul collo
fino alla scollatura
come onde del mare immenso
trascinanti lacci d’amore
più di sensuale veste o occhi o pelle
legami abbacinanti come i baci.
ottobre 2008
da Poesie d’aria, 2022
Le figlie
Quante ne ho amate di care figlie
ci parlo le ascolto giochiamo
una consonante qui e là una vocale
le vesto di sillabe e le pettino piano
in noi scorre un fiume profondo e sonoro
è flusso femminile di antenate
ognuna m’è musa madre e memoria
camminano con scarpette di ninfa
le creature floride e sottili
intorno a me le raduno
le figlie di stare con me felici
mi salvano dal tempo che va via.
Sono le mie care poesie bambine
chissà come senza me cresceranno.
da Poesie d’aria, 2022
[Si sarà a questa vetrina Montale]
Si sarà a questa vetrina Montale
fermato a osservare
i dolenti coltellini del mestiere
e talvolta a pensare
a quel groviglio-nodo che scava
e non una poesia ti salva.
O ancora non abitava Montale
a Milano dove avrebbe trovato
la cesoietta giusta che recide
il passato che non passa.
Recidere la frangetta e il volto
al filo teso di un rasoio
quel groppo di immagini e pensieri
che strazia che trascina nel gorgo
da Poesie d’aria, 2022