Danilo Mandolini

È nato ad Osimo (AN), dove vive, nel 1965.
Ha pubblicato, in versi: Diario di bagagli e di parole (1993), Una misura incolmabile (1995), l’anima del ghiaccio (1997), Sul viso umano (2001), La distanza da compiere (2004), Radici e rami (2007) e A ritroso (2013) che raccoglie un nucleo di inediti e - per ampi tratti rivisitata - anche una vasta selezione di testi da tutta la precedente produzione .
Sue poesie e suoi racconti brevi sono apparsi in antologie, riviste e blog letterari.
La sua opera in versi ha ottenuto riconoscimenti in numerosi Premi letterari italiani.
Nel 2010 ha ideato ed iniziato a curare “Arcipelago itaca”: un progetto di diffusione della poesia contemporanea e non solo che nel frattempo è divenuto anche casa editrice (www.arcipelagoitaca.it).
Per Arcipelago itaca Edizioni, oltre che esserne il titolare, è responsabile della collana di poesia Mari interni.

(La strada, andando, taglia uno spazio,)


La strada, andando, taglia uno spazio,
lo spazio, tornando, è comunque lo stesso;
la via si spinge fin dentro la pioggia,
una folla persiste oltre lo sguardo.
Vertigine pura e qui disumana
è fare del volto un altro orizzonte,
costruire lontano dentro il frastuono
l'occhio segreto del mondo di tutti.
 


Da Seconda scansione del "qui" -
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(1A. Mio figlio lo sa, sa già che si muore,)


1A.
Mio figlio lo sa, sa già che si muore, / che un giorno, di colpo,
tutto si spegne, / che soli si cade dentro una crepa / priva di
fondo e senza una pelle. // In sé ha la paura e non ne parla. //
Lui lo sa, sa già tutto e tanto basta.
 


da Via privata Gradisca, Milano
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(l'istante che si vuota)


Inumano è lo spirito che tesse
la veste rifinita di cemento,
le scale che lente fanno un filo
sospeso sul correre degli uomini.
La città è fragile e selvaggia,
costruita sul sangue e sulle vene,
sopra il sogno che porta dalla spiaggia
la vita e la morte della sabbia.
 


da Due
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(i vivi di qui)


Scendendo le scale si lascia una traccia
che è come la striscia che il capo delinea
nel volgersi svelto contro un bagliore.
 
[è una pena lunga l'affanno degli anni
quella che solo si sente e nulla ci spiega,
quella che altrove compone deliri e certezze;
che fa gridare ai morti di non essere tali
e ai vivi di qui, di non voler mai morire]
 


da Due
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(l'oscurità precipita imponendo alla penombra)


[l'oscurità precipita imponendo alla penombra
un passo indietro che è l'acuto di un lamento,
altro dolore che si consuma stancamente
ai margini di una campagna di sterpaglie
dove ricordare è dissipare l'esistenza.
Le orme che si affidano al suolo camminando
attendono impazienti il giungere dei luoghi,
raccontano del disegno di un percorso
che muovendo da un inizio incontro va
alla trepidazione che negli uomini s'avverte
quando il sole si spegne oltre i palazzi]
 


da Due
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(una vasta foce di suoni e colori si forma)


[una vasta foce di suoni e colori si forma
appena oltrepassata la soglia del risveglio.
Le parole sussurrate nel mezzo della folla
che avanza col primo accenno del mattino
raccontano di spaesamenti e sogni andati,
gettano luce e cielo sui tetti delle case
e frammenti di paure dentro il tempo.
Il giorno poi viene a ricoprire la città,
a sottrarre pezzi di distanze tutt'intorno
e a lasciare avanzi sciolti di memorie
per non rivelare adesso cos'è il mondo]


da Due
dal volume A Ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(È, quel grido di immobile nebbia,)


È, quel grido di immobile nebbia,
l'odore acre di un caldo mattino
che torna risoluto ad ascoltare,
nella sfocata e persa memoria,
l'incessante lamento delle onde
in faccia a tutte le alte pareti
degli sconfinati moli del porto.
Le chiare scie delle navi in partenza
tracciano la rotta al crepuscolo
che avvampa spossato e improvviso
e dove un bagliore muta in ombra,
là, dimora la sferzante carezza
di un altro, dissipato maestrale.
 


da Quattro
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(la stessa misura incolmabile, noi...)


Si muove, si piega e s'alza, la luce,
tra le tante linee della terrazza
che a contarle come fossero dita
sottraggono l'ombra agli oggetti
rimodellando, poi, riproponendo
gli estremi trascorsi dell'essere.
...le labbra screpolate dalle frasi;
una fessura che s'apre di schianto
nel mezzo brillante di un tramonto...
«L'estate è alle porte e mi sembra
d'incontrarla sempre, ogni anno,
nello stesso luogo, lo stesso giorno,
allo stesso, inspiegabile modo».
 


da Otto
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(Sapere cosa accadrà agli anni)


Sapere cosa accadrà agli anni
è un po' come cercare di sapere
cosa succederà a chi sopravvive
inumanamente e suo malgrado.
E come dire che una medaglia
con due facce uguali è trasparente.
Così, per gradi, il bicchiere di vino
si vuota in noi, ritorna a sé
oltrepassando il sottile confine
tra la mano che stringe e non stringe.


Da Otto
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(E si sta aggrappati ad un'attesa)


E si sta aggrappati ad un'attesa
quasi come a cercare una forma,
un modo per asciugare i ricordi
sotto il sole acceso d'agosto.
Transita una nuvola sul viso
e non è grande abbastanza, il viso,
per raccogliere, oltre alla nostra,
anche la bocca socchiusa degli altri.
E gli altri ci guardano in bocca
aspettando un cenno d'affanno
e una prossima, vivida età.


da Otto
dal volume A ritroso (Brescia, Edizioni l'Obliquo 2013)

(Cigolano gli anni avanzando,)


Cigolano gli anni avanzando,
quasi sussurrano passando
sotto l'ampia volta in ombra
che ogni singola presenza ?
 ogni singola vita ?
inconsapevole delinea.
 
E un segno lasciano,
questi spazi colmi di tempo;
lasciano
come una traccia lieve per dire,
per rammentare che a lungo
anche nel moto dell'aria persiste
lo stesso arrancare degli anni,
lo stesso esiguo clamore
che torna
dopo aver compiuto
(incolume cometa)
un'orbita completa.
 


Inedito

(Ordinaria metafisica)


Ordinaria metafisica
del supporsi altrove
è il solo desiderare
l'esistenza di quel soffio afono
che genera le nubi;
è immaginarlo là,
distante, proprio laggiù ?
 come disperso ?,
nell'identico luogo
(stesse coordinate),
nel medesimo sguardo
in movimento
in cui le luci gialle
d'una nave passeggeri al largo
senza spegnersi si spengono
semplicemente allontanandosi.
 


Inedito