Daniele Bollea

Sono stato astrofisico quindi pittore, sapevo scrivere versi ma non lo facevo; ho appreso la poesia da mio fratello e per questo gli sono grato; Ernesto declamava versi la sera carico di passione poi mi menava, botte che avevano il sapore di quella guerra che lui aveva fatto e io no, forse per quelle botte solo negli  anni 90, influenzato dall'amicizia di Valentino Zeichen e Fausto Melotti, scultore e poeta, mi professai poeta, anche perchè la poesia si presta meglio della pittura  a trasmettere una nuova idea di mondo figlia di scienza e arte, e poi un quadro si appesantisce se nasconde troppe parole non dette. Pubblicai la mia prima raccolta nel 1993 (Fammi riveder le Stelle; Campanotto editore, Udine) la mia seconda nel 2000 (Prendere terra; I quaderni di battello ebbro, Bologna). La terza nel 2008 ( Lathe Biosas, vivi nascostamente edizione Galata, Genova....) La quarta 2013 (l’anima ricorda Mondo fluttuante, San Remo). La mia poesia riprende tutti i temi cosmici della mia pittura, ma avvicina anche temi della quotidianità. Un itinerario complesso che corrisponde alla difficoltà odierna di formulare una idea di mondo che abbia il nitore della scienza ma che possa accogliere in una maestosa cornice la nostra vita e la natura, un'idea di mondo che possa liberare i laici dalla grigia e irreale piattezza dello scientismo e i religiosi dal non trovare un linguaggio universale.

Luna libera

 


Per quale legale analogia
solo perché so in formule il tuo moto
dovrei pensarti schiava,
incatenata all'orbita,
e a questa, assimilare il mio cammino,
di attonito pastore rassegnato.


Per me sei  vagabonda smemorata,
che sempre in campo aperto s'avventura,
ma la terra da un fianco la richiama.
A questa luna  voglio somigliare,
a questa libertà che c'è in  natura,
che è quella di seguire principi primi,
mossi da profonde spinte.



Da fammi veder le stelle

Il gioco infinito


Non so se è o sarà

se esiste un aldilà,
o solo il vuoto in cui,
come noccioli spersi,
ci si diradi spenti
in oscuri universi.


Ma vivere è un gioco
senza fine,
un solitario che si
svolge in compagnia,
ogni arresto è mortale
e vince chi continua.


Possibile che messi fuori
prima del limite
non possiamo neanche
seguire il seguito in panchina.
Ma togli dalle regole la morte 
e addio partita.


Lasciamo il campo 
come ultima chance,
perché continui il gioco
noi moriamo, ma è lui che vive 
e ci somiglia e muore.
Il giocatore è il gioco 
e insieme ce ne andiamo


Da fammi veder le stelle

Lemuri, rettili, farfalle


L'universo vive in noi come storia,
castello d'implicita memoria.
Poche stanze in alto sono accese
dove la vita si aggira fanciulla reclusa:
l'entrata è nascosta da veli d'infanzia,
da lì anfibi sbarcammo a questa penombra;
dietro i misteri, le criptiche porte,
le sale di vita animale, le scale
giù per l'evoluzione naturale;
e fummo lemuri, rettili, farfalle,
molluschi, batteri,
e i nostri atomi, terra, polvere, stelle,
idrogeni coetanei nel Big Bang.
Composizione cosmica ha il sangue,
radici nel cielo.


Da fammi veder le stelle

Volterra


Pensa al frammento di una costa 

su un mare che non esiste più.
Restano le conchiglie sul selciato 
e un oceano d'aria che s'infrange
sulla scogliera alta delle mura.
Da lì vedi una mareggiata quieta 
di colli di creta tra cime 
di vulcani emersi ma non nati,
isole alberate, rifugio di querce sacre
da che le distrussero i romani
lasciando questo pianeta in creta viva
che si ricopre d'erba a primavera.


Chi vive questo colle è ancora etrusco
e porta per le vie gli stessi volti
che trovi nel museo scolpiti in pietra,
con l'espressione di un orgoglio triste
di chi, dall'alto di tremila anni,
pensa che sia giunta la sua ora,
l'onda che finalmente supera le mura.
Chiuso tra le sue pareti a faccia a vista
non ricorda le querce sacre, le sacre fonti
e lascia la sua città sempre più vuota e bella, 
sarcofago di un popolo che venerò la terra.
Ma è allora che si risveglia la tua voce etrusca 
che dalle vuote strade il vento emana
e noi disperse greggi a te richiama Volterra.


Da prendere terra

Fa' il punto


Alle pareti di questa taverna: alberi. 

Sul soffitto nuvole in viaggio e poi le stelle.
Raccolti intorno ad una tavola 
scambiamo cibi e pensieri.


Non ti mostrare stufo,
non deludere 
le stelle che ci guardano 
come l'ultima delle novità.


L'universo, fino all'ultima forchetta,
è apparecchiato per questa cena all'aperto 
e noi non sappiamo chi veramente
si nutre e pensa a questa mensa.


Così di faccia, la vita
è da mozzare il fiato.
Restringi la visuale
e ti assale la noia. 


Da prendere terra

Coinquilini


Linee di onda in teoria di orizzonti,
le musiche compresse in un respiro.
Gerarchie di Matriosche,
le voci nascoste dentro un suono;
insiemi di gesti si risolvono in uno.


Chi veramente avanza?
non io, non io soltanto.
Il nome, la persona sono solo
etichette apposte sul mistero
dei tanti racchiusi nell'uno,
nell'io che vive tra tanti,
per cui altruismo è solo simmetria,
pace, equilibrio, ecologia
e amando gli altri 
sei a te stesso caro.


Coinquilini del tempo,
che dentro me vivete, 
deponiamo paure e rancori
e raccolte le flebili voci,
come uccelli in stormo,
leviamo un canto all'uno 
che in alto ci accoglie 
e in cui affondiamo radici:  


Amor che muove il sole
e le altre stelle
e ai naviganti
intenerisce il cuor.


Da Lathe Biosas

Vita concisa di Andrea Alviti


Va a scrutare i disegni di Dio benedetto

oggi che se gli viene un cuore con un difetto,
Lui che lo ha creato non si rassegna
e tesse in te il sapere e lo rammenda.


Mamma sta tranquilla: se non torno…
starò con gli angioletti in girotondo.
Otto volte sei tornato cuore aperto,
subito in piedi cipressetto svelto.


Aiutavi tua madre a far la casa bella, 
vento che pulisce andando a spasso.
In sala, diceva mamma, vai con "Vaporella"
e tu le rispondevi: bello che fatto.


Ogni tuo giorno poteva essere l'ultimo,
e tu, cuore vissuto, lo vivevi al meglio,
buono e pulito come la tua maglia,
pronto a partire quando Dio comanda.


Si avvicinava un'altra operazione
eppure hai continuato a vivere perfetto
e sei caduto, in divisa, servendo colazione
a un passo da diploma e da scudetto.


Ricordino i parenti e gli amici in veste nera,
che ti hanno seppellito in questa terra,
di vivere come te leggeri e santi
che mai li vorresti cuori affranti.


Da Lathe Biosas

Stupore


Debbo essere venuto al mondo 
affetto da inguaribile stupore
e naufrago rimasto sulla riva
ancora sono bagnato dall'ignoto,
da quel nero fondo prima d'esser nato
mare color d'ardesia incatramato.
E mi rallegra  il sole 
col verde, il rosso, il giallo,
l’azzurro ed il marrone, e la notte
col nero di bianco puntinato.
Nessun  programma per domani,
tanto deploro uno spettacolo sciupato,
e più rivedo il film, più mi consolo,
sono ripetente di un giorno solo.


Un ripetente, che dall’ultimo banco 
grida presente, in nome d'un mondo 
vivo che in altra vita evolve pellegrino.
Un naufrago che dalla sua riva
di colorato incanto invoca 
una breccia nella morta materia
di cui la vita nasce prigioniera 
e a cui infine si arrende.
Pietà, pietà signore,
di ogni sorpresa di ogni stupore, 
una breccia basta solo una breccia
e l'anima respira.


Da Lathe Biosas

Primo canto - La parola magica


Come nacque la parola che si staglia 

da fondi di rumore naturale
che fece del silenzio la lavagna
su cui si associarono le parole?
poesie di sillabe? 
echi d'emozioni primordiali? 
canti del se riflesso in ogni cosa ?
Un nome e compariva l'immagine 
del figlio che non torna, del padre dipartito, 
un racconto sembrava un film a colori.
Tale magico potere aveva la parola 
che non potevi fare a meno di seguirla
così come al richiamo di un anatra a migrare
si levano le compagne in volo.
Chissà che non siano state proprio le cose
vive nella mente universale
a farci pronunciare il loro nome
e il cosmo per primo a parlare
e noi con lui a pensare ad alta voce.
Grandi frasi come costellazioni di parole 
hanno descritto terra e cielo 
e intessuto mitici serti 
a dare maestà alla tragedia umana
a vincer la paura della morte.
Ed era ancora il Cosmo a rivelarsi a noi:
piovvero dai cieli magici racconti 
storie di dei pianeti nei regni zodiacali,
quasi fosse il firmamento 
il disco fisso della memoria
e l'indicibile vuoto che in noi desta
un vapore saturo di gesta
oltre che dell' io sono 
l'androne maestoso. 
Non potevamo allora dubitare 
né chiederci cosa fosse il mondo
che a noi si presentava e che eravamo
era la fede il senso del reale,
il cosmo il nostro cuore,
e le parole la voce del signore.


Da l’anima ricorda

Secondo canto


L'anima muta al mutare che fanno le parole
come la vita che emigra in terre nuove. 
Quale fu il percorso? se fu evoluzione
o il suo opposto, se fu una via senza ritorno
sbarrata da peccati originali dicci signore.......


Da l’anima ricorda

Basta per l'amicizia


                              A mio papà

In un sentiero d' alta montagna
parlavamo con dei compagni di via,
e io sottovoce; perché usiamo il tu?
Vedi Daniele: basta per l'amicizia
un pezzo di strada insieme
e vedere quel che l'altro vede
e sentire quel che l'altro sente.
Sui 3 mila poi, un ghiaione, un nevaio, 
un passo, e già si diventa amici.
Bambino che ancora non sei nato
che Dio ti mandi un padre come il mio, 
nato col sogno di far felice il mondo.
Quando mi prendeva per mano
c'eravamo solo io e lui,
liberi dalla paura che risuona
tra ciò che è stato e ciò che sarà.
Io e lui e quella consueta 
ma sempre nuova via che si estende 
tra le valli ignorate del presente,
dove l'amore avvalora il mondo.
Con voce calma rispondeva 
a tutte le mie domande,
e intanto senza accorgermene 
mi ritrovavo indosso 
un mondo cucito su misura, 
e una grande voglia di viverci dentro.


Da l’anima ricorda

Giovanni da solo al bar


La tua figura nobile e minuta
la tua vocina in chiave di formica
ha attraversato le voci del bar
come una strada al momento giusto:
" Per me un Calippo alla coca cola,
e se non c'è, al limone ".
D'incanto il traffico si e fermato,
come il Mar Rosso per lasciarti un varco:
la gente riconosce un vero capo:
uno che sa sempre quel che vuole
che prevede le varie eventuali
che traccia linee rette tra le cose
e, senza compiti in sospeso, scorre
libero ruscello nel letto del suo cuore.


Alla fine è stato trovato
l'ultimo Calippo dell'estate.


Da l’anima ricorda