Daniela Attanasio, romana, ha pubblicato cinque libri di poesia: La cura delle cose, Empiria 1993, Sotto il sole, Empiria 1999 (Premio Dario Bellezza, Unione Scrittori Italiani), Del mio e dell'altrui amore, Empiria 2005 (Premio Camaiore), Il ritorno all'isola, Nino Aragno Editore 2010 (Premio Sandro Penna), Di questo mondo, Nino Aragno Editore 2013 (Premio della Giuria Viareggio). Ha tradotto Love Poems di Anne Sexton per il volume antologico La doppia immagine, Editore Sciascia, 1989 e per il quadrimestrale Galleria, ha curato nel 1998 un numero monografico sull'opera di Amelia Rosselli
Sue poesie sono pubblicate in numerose antologie e riviste letterarie tra cui: Poesie 1970-2000, Garzanti 2001; Almanacco dello Specchio, Mondadori 2009; Nuovi poeti italiani 6, Einaudi 2012. Dal 2007 cura la rassegna annuale di letture poetiche Teramopoesia. Come critica collabora con quotidiani e riviste letterarie.
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E' un vecchio casale di pietra, l'età macchiata dall'impronta del tempo e dalle famiglie che l'hanno abitato. Ci sarà stato un contadino-poeta in questa casa, un ragazzo distratto dalle corde del vento, una donna innamorata della solitudine e del ricamo, una vecchia ammaestrata ai canti di preghiera. Poi un lungo silenzio di passaggio -lungo quanto? Abbandono, assenze, una moda nuova di abitare le stanze dove noi camminiamo con le scarpe da ginnastica ai piedi.
Ora sulle pareti germoglia la tintura ad acqua, la luce passa da larghi infissi, entrano ed escono guance cotte d'aria, giornate di sole e laghetti di pioggia. Dopo il lungo silenzio di passaggio sono tornate facce e mode nuove che già declinano nell'astuzia del tempo; perché noi non cresciamo più come i bambini, noi invecchiamo.
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Non avendo niente da dire o da scrivere sono uscita, ho sceso ventiquattro scalini di pietra e preso il sentiero bianco del ritorno. Superata la legnaia mi sono infilata in un campo d'erba. C'era vento, si adattava bene all'urlo della campagna nelle mie orecchie, i suoi occhi andavano, venivano controllavano la poca luce del giorno in un collare di nuvole. Sei fortunata a riconoscere questi odori, ho pensato, a sentire il suono delle foglie che raschia da ramo a ramo -più dell'unghia il marmo, più della lima il ferro- mentre a passi lenti entro nel silenzio di mezzogiorno e stacco la spina dell'egoismo dalla mia testa lanuginosa. Qui posso fermarmi ad ascoltare quello che vedo e tralasciando il vuoto, posso guardare le cose che vivono sotto i miei occhi.
DI QUESTO MONDO
Nino Aragno Editore, 2013
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Ci sono più vivi che morti
nel registro del tuo giardino
sono forme erette, li chiami: gli agapànto del giorno
ma sei al margine dell'aiuola, non c'è quasi più terra.
Ancora un'alba rosata
ancora un giro nel motore della piazza che si sostiene a fatica
sul peso dei suoi luridi portici
e poi comincerà la conta di chi non appartiene più alla vita
dirai, senza sapere a chi -ridammeli indietro, non li trattenere
così attoniti e muti
sarà definitivo più della morte
e più lento
come sfogliarsi un po' alla volta
scuoiarsi
arrivare all'osso della pena per troppa mancanza.
DI QUESTO MONDO
Nino Aragno Editore, 2013
2
il vento spazza via le carte dai marciapiedi
negli angoli delle strade, nei cortili.
Gli alberi si spiumano come canne,
paurosamente squilibrati nella catena del traffico.
C'è una grande piazza sotto le mie finestre
il movimento rotatorio del vento
mischia profumi orientali. A ogni angolo chioschi notturni di fiori
dove attraccano migrazioni di razze-
tutti vicini a strusciarsi i gomiti negli ascensori
a impastare le lingue con gli odori delle cucine
io guardo con gli occhi abbacinati di un turista
senza punti di riferimento. Nessun luogo da ricordare
in questo esiguo esperimento di vita
ma quando il vento cambia
da qualche parte arriva il ricordo di una faccia senza sorriso
3
sotto i portici della piazza ristagna l'odore dell'orina -
un camposanto di resti, buste lattine fogli di giornale,
una torbida palude disegnata dal vento e dalla natura dei passi.
Nella vetrina la luce si addensa di cristalli -
un uomo sbattuto a terra con un cappotto lercio sulle
spalle, un cartone di vino ai piedi. Il sole entra sobrio in un'orbita
di architetture piemontesi, l'aria metallica raschia le celle dei
polmoni come un'unghia. Non è la luce dell'India a snodare
la passione del giorno, è un disperante bisogno di vita.
L'acqua della poesia scorre su cose sporche e zone d'amore
come sui rauchi rumori di questa piazza, sulle sue solitudini di razza
IL RITORNO ALL'ISOLA
Nino Aragno Editore, 2010
Da tempo volevo tornare a scrivere dell'amore. L'ultima volta fu agli inizi della primavera quando le mie parole erano in perfetta sintonia con il clima, con la stagione e il mio punto debole si era di nuovo, inaspettatamente infiammato. Ora riprendo nel silenzio dell'autunno e sono più sensibile a un lento ragionare dentro di me, fatto di voci che si sovrappongono fino a dissolversi in un'unica voce che guida la mia mano.
......
Il nuovo amore non si presentò con un urlo improvviso nelle orecchie,
non si accese al primo sguardo. No, non l'ho sentito
passare veloce sopra le mie spalle. Questa volta l'amore
già da tempo c'era,
aveva occhi, voce e corpo ma non esisteva.
Affiorò lento da un luogo della mente,
era già scritto nella mia memoria
aveva occhi, voce e corpo ma non rispondeva ...
DEL MIO E DELL'ALTRUI AMORE
Empirìa, 2005
Una mattina di luglio
il sole era alto dietro una nuvolosa tristezza.
Gli occhi arrossati da una notte di veglia
schiarivano al contatto del giorno.
Su per i vetri di una vecchia mille e cento fiat
si arrampicavano le braccia nere dei dispersi
gli occhi spugnosi dei vinti. E' straordinario
come a lungo questa trafila di corpi gettati
si ripetesse nel tempo-
un unico lamento, un unico profumo
la sottigliezza dell'osso, il candore dei denti.
SOTTO IL SOLE
Empirìa, 1998
Nell'ora in cui il sole velato va svanendo,
come una stanca cantilena scendiamo verso il mare
e nella fosforescenza dell'acqua cogliamo la posizione delle vele
la curvatura nera delle barche.
Sulla spiaggia -raggruppati come pecore-
i pescatori slacciano le reti in ceste cave, deserte
e i pesci grassi guizzano le loro lame argentate.
Strani legni e strane mercanzie allietano la spiaggia,
così il colore dei panni appesi a un filo
che sembrano stormire come un volo di rondini.
(Ma dove sono le mangrovie? dove vive
questo fiore dal nome invadente così a lungo evocato
come fosse qualcosa di utile da serbare in silenzio?)
Fra questa fascia di sabbia e il cielo umido di pioggia
possiamo solo esistere
-brevemente-
SOTTO IL SOLE
Empirìa, 1998
Si direbbe poco più che mestizia questa
guancia scolastica appoggiata alla mano
o piuttosto albagia strana corrente che si
accompagna al niente perché per rintracciarti ormai
c'è un fossato -letto secco di fiume
schiume d'acqua stagnante un prezioso liquame
di lotte sotterranee e brevi incontri, soste di
grazia e di scontenti
di cuori sonnolenti o chiusi da disperazione
delle tante incisioni fruttate nella mente
e di te resta niente poco più che mestizia
o piuttosto albagia strana corrente
*
L'ospite non somiglia all'abitante
della casa non ha la consuetudine del gesto
e non cammina sopportandone il peso
trascina un tempo di lentezza marina
con calme ondate d'attesa non conosce
l'intesa che attraversa le stanze
nel porto quotidiano. La casa è un porto
a difesa l'ospite ci cammina senza
lasciare impronte ma un'ombra delebile
sul vetro del bicchiere
LA CURA DELLE COSE
Empirìa, 1993