Bernardo Pacini

Bernardo Pacini (1987) è un poeta fiorentino. Nel 2012 ha esordito vincendo il premio De Palchi-Raiziss per la poesia inedita. Ha pubblicato Miracolo di cemento (autoprodotto) con introduzione di Walter Rossi; Cos’è il rosso (Edizioni della Meridiana 2013 - premi “Sertoli Salis”, “Beppe Manfredi”, “Antica Badia di San Savino”, “Libero de Libero”, Selezione Ceppo “Luca Giachi”) con introduzione di Gianfranco Lauretano; il libro d’arte Perfavore rimanete nell’ombra (Origini 2015) e La drammatica evoluzione (Oèdipus 2016) con postfazione di Rosaria Lo Russo. Il libro Fly mode esce nel 2020 per Amos Edizioni nella collana "A27 poesia".

Alcune poesie dell’autore sono contenute nelle antologie Poeti italiani nati negli anni '80 e '90 (Interno Poesia 2019), Come sei bella (Aliberti 2017), Voci di oggi (Istos 2017), Abitare il deserto (Osservatorio Fotografico Fusignano 2016) e La consolazione della poesia (Ianieri 2015). 

Ha tradotto per "Le Parole e le cose" e "L'Ulisse" le prose poetiche di Russell Edson (1935-2014). Prose, poesie e materiali critici sulla sua opera e a sua firma sono reperibili su varie riviste, tra cui “Nazione indiana”, “Poesia”, “Atelier”, “Nuovi argomenti”, “La balena bianca”, “Blanc de ta nuque”, “UT”, “formavera”, “Soglie”, “Samgha”, “Il primo amore”, “Argo”, "Giocattoli", “Perigeion”, “Quid Culturae”, “Una casa sull’albero”, “Midnight”, "Succedeoggi", "Carteggi letterari".

Il dentro delle case

 

I

 

Vorrei essere custode del mio sguardo

il teschio

dove incastonare

i miei occhi di alabastro

con cui raschio i pomeriggi

 

Ho detto questo

e ancora altro

un giorno in un cortile

a una vecchia

che (si dice) muova

un passo in un anno

Mi ha risposto che deve decidere

dove andare a morire:

sulla sedia di vimini

o sotto il pergolato

all’ombra dei vitigni

 

Le ho farfugliato l’accompagno

si senta libera di morire dove vuole

ho pure una macchina

va a gas è tutto un guadagno

 

Ma nel suo assurdo pallore

lei ha taciuto

e fissando

rosso il pallone

appeso al reticolato:

«Non ti illudere

di vedere le cose

senza sprofondarci»

 

 

Ho saputo solo anni dopo

da una suora:

«Era la custode

del dentro delle case»

 

II

                                                                       a Luigi F. e a suo padre

Il dentro delle case di campagna

è il seme che si spia

dal buco nella mela

fatto col cavatappi

 

Il dentro delle case di mare

è abitato solo

da crocifissi estivi

i costati di plastica

trafitti dalle zanzare

 

Il dentro delle case di montagna

è ispido buiore

sgualcito da lucciole chiuse

in un vasetto di miele

 

Il dentro delle case

è il tuorlo d’uovo

del cui esserci

per fantasmagoria

per familiarità

per fame

siamo certi all’ora di cena

 

Non esiste cosa o animale

che più del dentro delle case

meriti la sua custode

 

III

                                               Tra il faro e il mare c’è di mezzo il dire

Solo una volta

ho visto il dentro delle case

e fu nell’estate di Fiesole

quando le vibrisse della sera

sfiorarono la mano

che tenevo stretta a Clarissa

 

Tra la malerba e i nidi di geco

in uno spazio di muro

qualche donna lasciò aperta una finestra

e dietro la grata ho visto

la grattugia appesa al camino

la foto di Papagiovannipaolosecondo

un piccolo congresso di diverse luci e un’ombra

di vaso

 

Nel tempo di un passo si stabilì in me

la fibra pulsante di quella casa

scosse le fondamenta del torace

provocò una faglia

lo pervase di possibilità

 

Mi voltai e il viso di Clarissa

fu chiave del mondo:

potei guardarlo per un attimo

come in apnea

come se arpionato con le dita allo scoglio

avessi visto in una fessura

la rosa di mare

metronomo della corrente

 

Allora seppi tutto

del dentro delle case

è assassinio delle cose provare a dirle

senza sprofondarci

 

(da Cos’è il rosso, Edizioni della Meridiana, Firenze 2013)

In fondo alla mina

                                        

                                                 a Ronda con Clarissa

 

«Si tratta di un’anatomia basata

sui carbonati azzurri» dicono i rondegni

piangendo un flamenco

sul nostro piatto di gazpacho

 

Ciò riguarda l’abisso di sole

che piomba sulla groppa del cavallo mascherato

nella plaza de toros

e il dedalo di case bianche

come vene vuote

invase di dissipato clarinetto

 

Ciò riguarda l’arancia

disfatta sull’asfalto e colata nelle entraglie

di una città ficcata nel passato

come una ciste

dentro un chiostro di sibili

e fantasmi aridi, senz’acqua

 

Ciondola stanca come i vecchi poeti

Ronda vana e strepitosa

su di un fiume che le bacia i piedi

 

Ronda peccatrice

carceriera di cigni

schiudimi i tuoi penetrali

dimmi per che sei

 

E naso in alto o bocca sulla guancia di lei

arrivo in fondo alla mina

                                    del Rey Moro

al bacio dell’acqua azzurra

a imburrare le mie dita

delle umide pareti carsiche

che cingono la tua anima, Ronda

 

e la mia

 

(da Cos'è il rosso, Edizioni della Meridiana, Firenze 2013)

Preavviso

 

Quando puntuta la gioia

della mia vita

buca la tasca per fuggire

senza preavviso

il respiro si sincopa

la testa collassa

nel cappuccio

come stella

nel lurido acquaio

 

e la luna orina

non vista

in Arno

e il mostro di Montauk

si alza dispiega le carni

e mi spiega il suo parto

 

quando la tv si spegne da sola

poiché gli ultimi

si sono assopiti

senza preavviso

il giradito sbrana

e le braccia spiovono

come falaschi

piegati dagli amanti

 

ecco che allora

stana il tramonto

le ultime creature

ecco che l’aria

si gonfia di pelle secca

e i muri

si leccano le cicatrici

 

ecco che se potrò vederti

chiedo a Dio

quando

 

(da Cos'è il rosso, Edizioni della Meridiana, Firenze 2013)

Non mi ero mai accorto

 

Non mi ero mai accorto (per davvero, intendo) che, prima di dormire, bevo mezzo litro d’acqua frizzante. Ed è per questo motivo che poi la notte mi alzo per andare al bagno e non mi riaddormento più. La mattina dopo me ne lamento e questa accidia beota regna sovrana per tutto il giorno, finché, a mezzanotte e un quarto, non mi riattacco alla bottiglia di acqua frizzante. Non mi ero mai accorto (per davvero, intendo) che, di solito, impugnando la bottiglia d’acqua frizzante, con le dita della mano destra premo sulla plastica come per suonare una scala discendente con la tromba. Poi la bottiglia finisce nel sacchetto della plastica, io vado a letto e alle tre sono nella solita, plateale posizione: gambe larghe, mano appoggiata al muro.

Una fanfara per la notte: per i risvegli, i richiami, i sudori, i mugolii, le macchine che scandiscono il sonno del viale. Non ho mai saputo di suonarla, ma ogni notte, finché bevo a boccia mezzo litro d’acqua frizzante, si levano alte note d’ottone, fino ai soffitti, ai tetti, a Venere. E poco dopo, la bottiglia spremuta, compressa nel sacchetto, si ricompone con un rumore secco: tenta per l’ultima volta di tornare tromba.

 

(da Cos'è il rosso, Edizioni della Meridiana, Firenze 2013)

Fai così 

 

Fai così:

            disponi i pezzi sulla scacchiera

            a caso, come ti viene.

            Muovono prima i neri.

            La regina è il pezzo più debole

            non si muove, mandala al macello.

            La torre muove in diagonale

            l’alfiere in orizzontale.

            Il re dimenticalo, il cavallo

            è morto, non si sposta se non

            intimamente alla sua putredine.

            Sacrifica ogni pedone. Lasciane uno

            inerte, che sappia difendere il suo strazio.

 

            Una mossa ti rimane:

            l'arrocco. Ma a quale pezzo,

            a quale prezzo.

 

(da La consolazione della poesia, Ianieri Edizioni, Pescara 2015)

Eevee

 

Se lo sente nella peluria, Eevee,

lo strazio dei destini alternativi.

Acqua, fuoco, non sa:

forse elettricità.

Anche una vita a caso, ma che arrivi.

 

(da La drammatica evoluzione, Oedipus, Salerno 2016)

Diglett

 

La catàbasi, l’affondo

le sue doti naturali.

Un legame assai profondo

familiare con l’abisso.

 

All’attacco del nemico

 lui oppone la sua mossa:

resistendo, combattendo

Diglett scava la sua fossa.

 

(da La drammatica evoluzione, Oedipus, Salerno 2016)

La vita inevitabile 

 

Vita inevitabile, o scomposta

esagerazione della motoria.

Scòrta tra le dune di birra esplosa

nel vano congelatore.

 

Tramutata in burla, un’ipotesi di rosa

ha scelto di bruciare per una sortita

nella più lieta impossibilità.

 

*

Vita resa inevitabile

dalla lenta mescita dalla natura

che ti vocifera. Tu che fai censimento

degli alberi malati e non copri

il grido degli uccelli

cacciati dal barbaglio

del disco appeso ai rami.

 

*

Resa all’inevitabile vita

che ricorda quanto nell’aìre

si è sradicato dal nucleo

 

quanto il battistrada

si compone delle volpi

mescolate all’asfalto

su cui siamo passati

lasciandole indenni

e sanguinando noi.

 

*

La vita evitata accuratamente

si attorciglia, dimenandosi in lanicci

alla maschera del ventilatore.

 

La vita ostile e la vita astiosa.

La vita invitata a svelarsi

 

nei freghi della cimosa.

 

(da Perfavore rimanete nell'ombra, Origini Edizioni, Livorno 2015)

C’è una voce che non smette 

 

c’è una voce che non smette

non frena l’imperversione della caccia

avanza insensatamente alta

come l’acrostolio di una nave in secca

 

si aggira tra gli hoodoos del Bryce

quasi cercandosi nelle stasi di una necropoli

 

subito celebra di me

pasqua feroce

 

(da Perfavore rimanete nell'ombra, Origini Edizioni, Livorno 2015)

IV - Questa era la registrazione 

 

Questa era la registrazione

della rinascita della rovina

di una donna

              (dei suoi figli)

dei doppi vetri di una casa

sul fiume.


Che parlava del più

o parlava del meno, sapendo bene

che non era lo stesso. Ne parlava

spesso col muro, diceva che almeno

parlava con uno, al più

con nessuno. E se parlava del tempo

ne parlava col tempo

per non rinunciare

a un parere più esperto.


Quando si accorgeva di essere ripresa

parlava alla tenda

diceva / stai chiusa.

 

(da Gabbia azzurrina, in Fly mode, Amos edizioni 2020).